venerdì 21 agosto 2009

Ramadan, lavoro e integrazione

http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/ramadan-deroganei-lavori-pesanti/2107533

di Gabriele Santoro


MANTOVA - Corano, versetto numero 184. "(...)Coloro che non possono digiunare completeranno il periodo con giorni supplementari(...)". Versetto 185: "Mese di Ramadan!(...)Dio auspica per voi felicità e non tristezza".Il Centro islamico di Mantova sgombra il campo da interpretazioni radicali del testo sacro e annuncia: i lavoratori fedeli che ne sentono il bisogno possono bere. La comunità islamica mantovana ha chiesto e ottenuto dallo sheikh (sapiente) Abdel-Bari Zamzmi, presidente dell'associazione dei giureconsulti islamici marocchini e autorità di spicco nel mondo arabo, l'interpretazione più aderente ai versetti coranici e la soluzione alla vicenda "bevi o ti licenzio" che ha ormai fatto il giro del mondo: "Se il lavoro è particolarmente pesante, provoca problemi di salute o comunque si prova il bisogno di idratarsi il lavoratore deve fermare il suo digiuno - ha comunicato Zamzmi - e può completare i giorni previsti successivamente, come è già previsto per i malati e i viaggiatori".

El Atassi Abdelkader, presidente del centro islamico di via Londra (Porto Mantovano), come il resto della comunità locale è frastornato per essersi trovato al centro di una bufera senza ben capirne le ragioni. "Non ci può essere una religione o una semplice osservanza che metta in pericolo la salute di un fedele - spiega Abdelkader - In questi giorni abbiamo parlato con molti ragazzi, spiegando che nell'interpretazione del Ramadan sul posto di lavoro non c'è un divieto assoluto a bere. Il fine ultimo dell'osservanza religiosa deve essere la felicità. Poi la fede è anche una questione personale, quindi è anche sbagliato generalizzare comportamenti individuali".Il Centro islamico in questi giorni ha dialogato anche con le aziende in cui lavorano musulmani, trovando una mediazione che comprende le liberatorie.

Nel Sermidese, dove si concentra il maggior numero di braccianti musulmani, diverse imprese ortofrutticole, di propria iniziativa senza un coordinamento associativo, hanno infatti già pronte nei cassetti le liberatorie concordate con i propri dipendenti. Per l'inizio del Ramadan, per esempio, l'azienda agricola sermidese Zerbinati (come la Lorenzini Naturamica) emetterà una circolare interna, condivisa dagli islamici, i cui punti chiave sono tre: "L'azienda rispetta appieno il credo religioso dei propri dipendenti, senza alcuna particolare condizione. L'azienda si impegna a fornire una riserva idrica disponibile in qualsiasi postazione aziendale, anche se non esiste alcun obbligo al consumo di acqua. L'azienda declina ogni responsabilità nei confronti dei propri lavoratori per eventuali danni di salute occorsi agli stessi che siano imputabili al mancato consumo idrico o di cibo durante il lavoro".

Quest'ultimo punto resta il più controverso e artificioso dell'intera vicenda, infatti costituirebbe un precedente assoluto nei rapporti di lavoro e nelle leggi che li regolano. Daniele Sfulcini, direttore generale di Confagricoltura, non crede nella validità di questa soluzione. "Non siamo a conoscenza di queste liberatorie, - spiega Sfulcini - ma non credo abbiano valenza giuridica. Invece giudico positivamente l'intesa sugli altri punti".Una via auspicata anche dai sindacati di categoria, Fai-Flai-Uila, che richiedevano una diversa articolazione degli orari di lavoro, la prevenzione da parte dei lavoratori e la predisposizione di tutte le misure utili di intervento in caso di malessere dovuto ai colpi di calore.

mercoledì 12 agosto 2009

La vittoria degli operai e della sana imprenditoria

"Non ci prenderanno per stanchezza". L'avevano promesso, l'hanno fatto. I metalmeccanici dell'Innse di Lambrate sono scesi da quella Gru solo dopo la firma dell'accordo in Prefettura, che sigla il passaggio dello stabilimento all'imprenditore bresciano Camozzi. Davanti ai cancelli lo striscione "Hic sunt leones" e il camper con amici, familiari e sindacalisti gli hanno fatto coraggio per molti giorni. La parola crisi, chiusura, tutti a casa non l'hanno voluta intendere. Hanno difeso fino in fondo quel posto di lavoro a cui hanno dedicato le migliori energie, la sopravvivenza economica della propria famiglia e la dignità di un'occupazione onesta.

"Dopo tre giorni ci hanno tolto la corrente - raccontano gli operai - e abbiamo avuto seri problemi a ricaricare i nostri cellulari. Ora abbiamo la schiena a strisce per il fatto di aver dormito sui carri per tutte queste notti, ma siamo contenti perchè abbiamo vinto grazie al sostegno di tutti gli operai e delle nostre mogli. In tutti questi giorni non abbiamo mai perso la speranza. Ora niente ci fa più paura". La partita per il futuro dell'Innse è ancora tutta da giocare, ma quello che resta è l'esempio di chi non abbassa la testa di fronte alla deindustrializzazione incessante del tessuto produttivo nazionale. D'altra parte quale futuro può avere un Paese che molla chiusura dopo chiusura i principali avamposti industriali?

La storia dell'Innse è sintomo di questa china. Due anni fa Silvano Genta acquistò nel 2006 le officine metalmeccaniche, in amministrazione controllata, al prezzo stracciato di 700.000 euro, promettendo uno sviluppo duraturo alla fabbrica. Il 31 maggio del 2008 l'azienda invia le raccomandate che aprono la procedura di mobilità, il giorno successivo chiude lo stabilimento e parte la protesta degli operai. Il 25 agosto genta chiude la procedura licenziando tutti i lavoratori, senza pagare il preavviso. Genta si rifiuta di vendere al gruppo bresciano gli stabili e la Innse viene messa sotto sequestro giudiziario. Lo scorso febbraio il proprietario cerca di portare via i macchinari, provocando fortissimi scontri tra operai e poliziotti fuori dai cancelli dell'azienda. Il 4 agosto gli operai e un sindacalista sono riusciti a eludere il presidio delle forze dell'ordine e salire su un carroponte dentro lo stabilimento, per sette lunghi giorni e notti. Come ha sottolineato il prefetto milanese Lombardi "la protesta è stata utile, ma se non c'è un compratore serio come Camozzi la sola protesta non serve". Genta intascherà dal gruppo bresciano per la vendita la cifra tonda di 4 milioni di euro, dopo averne sborsato solo 700mila per l'acquisto e non essere stato in grado di fare il proprio presunto mestiere, l'imprenditore.

Le prime parole del Cavaliere Camozzi segnano un'importante inversione di tendenza. "Ho molto rispetto per gli operai della Innse perchè hanno sofferto, cercheremo di ricompensarli e sono ansioso di incontrarli. Hanno avuto le loro buone ragioni, perchè permettere che un'azienda così venisse distrutta sarebbe stato veramente un delitto. Non sarà difficile riportarla in auge. Abbiamo garantito i 49 posti di lavoro, perchè questi operai sono una grossa risorsa e hanno un grande know-how. Per i primi di ottobre contiamo di ripartire. Vogliamo essere e non apparire: la Innse milanese farà parte di un polo industriale che comprende la nostra Innse Berardi di Brescia e la Ingersoll americana (acquista nel 2003 sotto commissariamento e che ora conta 400 operai). Mio padre mi ha insegnato che la faccia si perde una volta sola, mentre i soldi si possono perdere più volte".

giovedì 6 agosto 2009

Album di famiglia

di Gabriele Santoro

Da quel tragico tre settembre 1982 Nando dalla Chiesa non si è mai tolto dall'anulare sinistro l'anello di famiglia. Il simbolo di riconoscimento familiare fieramente portato dal padre, il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa gliel'hanno restituito quella stessa notte di colore rossobruno, impregnato della sua ultima traccia di sangue e di vita. In "Album di famiglia" (Einaudi, pag.194, euro 17) Dalla Chiesa, partendo dall'Io so di pasoliniana memoria, con trentacinque brevi tuffi nel passato e nel futuro delle proprie radici restituisce giustizia a un'istituzione sociale tradita dalle troppe false morali pubbliche e dai più retrivi vizi privati di uomini dello Stato, che svuotano di senso legami altrimenti indissolubili.
"Questo singolare personaggio scaltro e ingenuo, maestro di diplomazie italiane ma con squarci di candori risorgimentali", come lo definiva nell'ultima intervista Giorgio Bocca, che amava Sciascia e identificarsi con il giovane ufficiale nordista de "Il Giorno della civetta", ha sempre indossato la stessa casacca di uomo inflessibile al richiamo del dovere e dell'etica, dentro e fuori le mura di casa. Nel libro si ritrovano molti gustosi aneddoti dell'uomo di Stato casalingo, che cordialmente rispediva al mittente la Fulvia regalata dall'avvocato Agnelli o le borsette inviate a Natale da solerti industriali alla signora Dora. I tanti "no" detti e il sacrificio condiviso con i figli, la pretesa dei capelli corti e della barba sempre impeccabile, ma l'assoluta libertà di scelta a cui non è mai venuto meno. Nando dalla Chiesa esalta il ruolo di mamma e di moglie della signora Dora, ricordando i quadernini in cui appuntava tutte le spese di famiglia e la sua trepidazione nell'attendere il primo telegiornale della sera per avere la certezza del ritorno a casa del marito. Le partite al mitico subbuteo con il piccolo Carlo Alberto, figlio di Nando e nipote del Generale, che riportano all'infanzia dell'autore e ai suoi giochi nelle varie caserme d'Italia con i soldatini di pace. La grande camerata e i tanti scherzi con le sorelle Rita e Simona, fondamentali a cementare un rapporto che non ha mai conosciuto avvocati e notai.
Dalla Chiesa, impegnato come presidente onorario dell'associazione Libera, continua a girare il Paese per raccontare la favola di una famiglia italiana particolare, capace di sopravvivere al dolore e agli sconvolgimenti politici, sociali di cui è stata protagonista suo malgrado.

Il coraggio e l'amore di mamma Felicia per l'indomabile figlio Peppino Impastato. L'infinita storia di amore tra la giovane borghese Giuseppina Zacco e un ribelle della terra come Pio La Torre. Le attenzioni e l'affetto quotidiano del generale Dalla Chiesa per tutta la famiglia. Cosa rende veramente unici questi rapporti umani sottoposti alla costante minaccia mafiosa e li fa sopravvivere anche al lutto, alla tragedia?
Vivere sotto rischio senz'altro fortifica i rapporti. Ma è la condivisione di un destino comune, l'ammirazione per un'etica della responsabilità che non contempla deroghe tra le mura di casa e nel proprio impegno pubblico, a creare un legame indissolubile. Si viene allenati dalla vita e alla lunga l'unico grado di libertà che ti è concesso è quello di decidere come starci dentro al tuo destino. Non permettere alla mafia di controllare il primo e il secondo tempo della tua esistenza. "Album di famiglia" è la favola di una storia che non ha per forza un lieto fine, ma è densa di amore e bellezza. Nel 1982 prima di imbarcarsi per quello che sarebbe stato l'ultimo viaggio a Palermo, mio padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ci lasciò questo testamento spirituale, che in famiglia non abbiamo mai tradito: "Vi scrivo da 7-8 mila metri di altezza in cielo, mentre l'aereo mi porta veloce verso palermo, verso il mio nuovo incarico. In questo momento mi sento più vicino alla vostra mamma, mi ritorna com'era, bellissima. in questo momento vi chiedo di essermi vicino. Voletevi bene sempre, proprio come oggi. Vi abbraccio forte, forte. Il vostro papà".

Del suo album di famiglia fa parte l'associazione Libera, che custodisce e coltiva la memoria delle parole e del sacrificio di Don Diana in terra di camorra. Come spiega le esternazioni dell'onorevole Pecorella?
Ero ospite nella stessa trasmissione di Telelombardia, quando l'avvocato-deputato Pecorella ha reagito d'istinto all'incalzante domanda di quei due ragazzi. La sua risposta è sintomo di quanto uomini dello Stato, che ricoprono anche ruoli importanti, siano estranei e ignorino il radicamento di simboli come Don Peppino Diana in terre dove la pressione dei clan è soffocante. Il 19 marzo scorso una manifestazione di popolo ha riempito le strade di Casal di Principe, ricordando il messaggio di questo uomo di chiesa ucciso dalla camorra: "Per amore del mio popolo non tacerò". Sui terreni confiscati ai Casalesi sta nascendo una cooperativa agricola che porta il suo nome. Non penso che boss come De Falco (condannato in primo grado in quanto mandante dell'assassinio di Don Diana, ndr) non possano permettersi avvocati difensori. Chi si è assunto responsabilità pubbliche come quella di presidente della commissione giustizia o d'inchiesta deve scegliere da che parte stare.

La montagna di denaro pubblico pronta a riversarsi sulla Sicilia è la cura per il rilancio o la medicina paliativa per il sistema clientelare?
Ci voleva la Lega Nord al governo per riesumare la Cassa del Mezzogiorno, il carrozzone della spesa pubblica gettata in pasto delle clientele. Credo si aprirà una nuova voragine, pronta a divorarsi anche queste risorse.

Le procure di Caltanisetta e Palermo con le indagini sulla strage di Via d'Amelio hanno riaperto uno squarcio su quella zona di grigio del rapporto mafia-Stato. Pensa che questa volta si riesca ad andare fino in fondo?
Per molti anni anche riguardo all'omicidio di mio padre ho denunciato il clima di collusione e quel terzo livello impenetrabile. Spesso i processi si arenano in dibattimento per la mancanza di prove. I magistrati spero che riescano ad andare avanti con i nuovi elementi acquisiti, non solo annusando quell'aria da grande famiglia che c'è dietro i delitti di mafia.

http://www.mamma.am/mamma/articoli/art_3108.html

domenica 2 agosto 2009

Kennedy Winston a Roma

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=68053&sez=HOME_SPORT

di Gabriele Santoro


ROMA (2 agosto) - La Lottomatica Roma con l'arrivo della guardia-ala Kennedy Winston (198 cm per 104 kg) e la conferma di Rodrigo De La Fuente chiude, forse, un roster equivoco con giocatori che fanno della versatilità e adattabilità la principale caratteristica.

Winston, dichiaratosi al draft Nba (senza essere scelto) con un anno di anticipo uscendo dal college di Alabama a fine 2005, è un tiratore che può mettere a referto 15-20 punti a serata, con un solido tiro da tre e un grande atletismo che lo rende molto pericoloso in campo aperto e ha molti modi per fare canestro. Possiede una buona meccanica di tiro, veloce nel rilascio e non ha bisogno di molto spazio per tirare, con un grande controllo di palla fondamentale nell'uno contro uno. Winston ha anche alcuni movimenti in post-basso e una certa etica del lavoro. I punti deboli della guardia classe '84 sono soprattutto in difesa: pochi recuperi e non mette la stessa aggressività che ha in attacco.

Nelle precedenti esperienze europee con grandi squadre come Panathinaikos e nell'ultima stagione pochi mesi al Real Madrid ha evidenziato una certa "morbidezza" e una scarsa intensità, tende ad assentarsi dal gioco quando non è coinvolto offensivamente. Winston non ha di sicuro la stimmate del leader. Come point guard non può offrire alcun contributo, visto le scarse doti da passatore. Queste le sue statistiche europee: nel 2006/07 al Panionios 14.9 punti 3.2 rimbalzi, 2 assists, di media in olttre trenta minuti di impiego. La stagione successiva passa al Panathinaikos e fattura 8 punti e 3 rimbalzi di media in 19 minuti nel campionato ellenico (miglior prestazione dell'anno con i rivali storici dell'Olympiakos: 26 punti e 7/8 da tre).

Il mercato di Roma. Con la firma di Winston la Virtus ha scelto di non prendere un vero playmaker "sacrificando" Ibrahim Jaaber nel ruolo in cui lo vede Nando Gentile, con il back-up di Jacopo Giachetti. Il reparto esterni conterà su molte, troppe, ali: Ricky Minard (utilizzato probabilmente come guardia), lo stesso Winston, De La Fuente e Datome. La conferma dello spagnolo è una buona notizia per il suo apporto in termini di esperienza, ma forse alla squadra serviva più un play di ruolo. Un reparto esterni che ha molti punti nelle mani, ma resta il dubbio soprattutto sulla loro adattabilità difensiva a tenere guardie rapide.

Anche sotto canestro la dirigenza romana per il ruolo di centro ha confermato l'adattato Andrè Hutson, che pivot puro non è e che per l'Eurolega è certamente sottodimensionato. Una delle scommesse più importanti nel ruolo sarà il rendimento di Andrea Crosariol, che può diventare un fattore in attacco se innescato con il pick 'n roll e che in difesa deve fare la voce grossa visti i centimetri, 210, e i chili, 110. Rispetto alla passata stagione Hervè Tourè ha preso il posto di Roberto Gabini ed è atteso al salto di qualità dopo una carriera in provincia, mentre capitan Tonolli è pronto a staccare il biglietto della quindicesima stagione in maglia Virtus.

Il nuovo corso romano si apre con un ringiovanimento generale della squadra, tutti i nuovi arrivati sono abbondantemente sotto i trenta anni, una chiara impronta italiana con i nazionali (Gigli, Crosariol, Datome e Giachetti tutt'ora impegnati con la maglia azzurra) e giocatori che dopo una buona esperienza europea vogliono compiere il salto di qualità (Minard, Tourè e Winston). Il tutto miscelato con le colonne portanti della scorsa annata Jaaber, Hutson e De La Fuente. Fondamentale sarà il lavoro dello staff tecnico, ancora da completare, e di quel Nando Gentile che dovrà conquistare la fiducia dei giocatori e dell'ambiente, dopo la brutta conclusione della prima esperienza sulla panchina romana.