sabato 26 febbraio 2011

Matvejevic, gli scenari delle rivolte popolari nel Mediterraneo

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di Gabriele Santoro

ROMA – Il prezioso Breviario mediterraneo di Predrag Matvejevic è destinato ad arricchirsi di nuove pagine. Lo scrittore croato che ha narrato gli odori, i colori e la storia del “Mare Nostrum” oggi segue con passione le rivoluzioni che ridisegneranno gli equilibri della “culla dell’Europa”. L’anelito di libertà di popolazioni che vogliono dare sostanza ai propri sogni è materia per intellettuali impegnati come Matvejevic. Formatosi nella Sarajevo crocevia di religioni e di culture con la sua penna ha sfidato satrapi come Slobodan Milosevic e Franjo Tudjman che nel vuoto politico europeo hanno portato all’autodistruzione la penisola balcanica, alla polverizzazione dell’universale per un presunto dominio del particolare. Negli scritti di un uomo dalla voce lieve e dalla cultura infinita si rintracciano le radici profonde che l’attuale Europa ostinatamente trascura.

Le rivolte popolari che stanno infiammando la sponda sud del Mediterraneo vengono accostate alla caduta del Muro di Berlino nell’89. Lei trova delle analogie?
«Come per il disfacimento dell’Unione Sovietica siamo di fronte a un sisma globale che si iscrive nella storia contemporanea e moderna. Ma alcune differenze rimangono tuttora presenti ed evidenti. Non abbiamo visto in Maghreb un Gorbacev salire sulla scena politica, né una "Primavera di Praga" con un "dissidente" come Václav Havel, né un Lech Wálesa tra i cantieri navali di Danzica o un Karol Wojtyla per i fedeli».

C’è una grande incognita che accompagna movimenti nati spontaneamente dal basso senza una “testa pensante”: riusciranno a tradursi in un’alternativa politica?
«Seguo con grande simpatia le aspirazioni della gioventù del Maghreb. Alcune esperienze viste e vissute nel “mondo ex” con le loro speranze e delusioni potrebbero però ripetersi nel periodo che seguirà le insurrezioni attuali. Dopo il crollo della ex - Jugoslavia abbiamo creduto di conquistare il presente e non potevamo controllare il passato. Abbiamo visto nascere delle libertà e non sapevamo che farne o rischiavamo di abusarne. Abbiamo difeso un retaggio nazionale e poi dovevamo difenderci da esso. Abbiamo voluto salvaguardare la memoria e dopo tutti quei nuovi eventi la memoria sembrava punirci. Viene presto il momento in cui le utopie e i messianismi trovano il loro unico posto tra gli accessori di un percorso incompiuto, irrecuperabile o almeno in parte inutile».

Lei ha coniato il termine “democrature”: regimi autoritari con vesti democratiche che hanno colmato il vuoto di rivoluzioni incompiute. Intravede il rischio di una deriva islamista nel mondo arabo?
«Nell’Est europeo le transizioni sono state lunghe, piene di fallimenti e spesso hanno partorito appunto “democrature”. Temiamo tutti che l’islamismo si affermi in Paesi che non hanno vissuto una laicità storica. Spero che possa prevalere un progetto positivo e comune intorno al quale si coagulino le forze portatrici di sviluppo e democrazia. Esistono comunque numerosi giovani studiosi e intellettuali che hanno avuto incontri stretti e positivi con le acquisizioni della cultura occidentale non solo scientifica o tecnologica. La Turchia dovrebbe essere presa a esempio e finalmente coinvolta nel processo d’integrazione europeo».

L’Europa è, come spesso le accade, divisa e insegue il cambiamento.
«L’Unione Europea non ha avuto nessuna politica mediterranea ed è stata presa alla sprovvista dalla rapidità degli avvenimenti. È stata costruita un’Europa separata dalla “culla dell’Europa”. Le decisioni relative alla sorte del Mediterraneo sono state prese senza coinvolgere tutti gli attori dell’area e ciò ha generato frustrazioni e fantasmi. La conferenza di Barcellona ’95 è stata un fallimento, così come l’Unione Mediterranea lanciata da Sarkozy si è rivelata solo un cartello elettorale. Non esiste una cultura comune che possa rendere omogeneo lo spazio mediterraneo in cui spesso si confonde la realtà con la sua rappresentazione. I despoti rinnegati oggi sono gli stessi personaggi con cui i leader del Continente andavano a braccetto fino a pochi mesi fa».

Una delle preoccupazioni maggiori dei governi europei sono le possibili migrazioni di dimensioni bibliche dal Maghreb. Un approccio quantitativo è sufficiente a governare un fenomeno così complesso?
«Le cifre nascondono destini. Serve un approccio più qualitativo governando l’eventuale emergenza. Ricordo la gioia quando il presidente emerito della Repubblica Scalfaro firmò l’atto per la mia cittadinanza italiana. Finì per me un periodo duro tra “asilo e esilio”. Imparando l’italiano rimasi sorpreso dalla quantità di termini legati all’emigrazione e all’immigrazione: migranti, emigrati, immigrati, profughi, rifugiati, esuli e oggi clandestini o respinti. E ciò è legato alla storia che il mio paese non deve dimenticare. Come scriveva Borges: “L’Argentina? Che Belpaese italiano di lingua spagnola”».

lunedì 21 febbraio 2011

Kobe Bryant trionfa all'All Star Game, LeBron James come Jordan

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di Gabriele Santoro

ROMA - Allo Staples Center di Los Angeles detta legge sempre Kobe Bryant. Il campione dei Lakers è il protagonista assoluto della vittoria, 148-143, nell’All Star Game Nba della selezione della Western Conference. È stato un weekend trionfale per il “Black Mamba” celebrato dalla Città degli Angeli. Ora sulla leggendaria Walk of Fame hollywoodiana brilla anche la stella di Bryant: il primo atleta della storia a lasciare la propria impronta al Grauman’s Chinese Theatre di Hollywood.

Davanti agli oltre diciassettemila tifosi dello Staples
e a una platea televisiva sconfinata il numero 24 ha mandato un messaggio chiaro: malgrado le difficoltà dei Lakers per conquistare lo scettro Nba dovete ancora passare da qui. Trentasette punti con il solito campionario di magie sospeso in aria, quattordici rimbalzi e lo sguardo cattivo dei giorni migliori. Che Bryant facesse sul serio lo si è capito fin dal primo quarto in cui piazza una splendida schiacciata in reverse e assecondato dalla coppia Gasol-Griffin prende l’inerzia della partita, 37-27 al 12’. «Sentivo la responsabilità di chi ci ha votato per giocare una partita vera e competere per la vittoria. Essere in mezzo a tante giovani stelle mi ha restituito energia e voglia di misurarmi», ha detto Bryant commentando il quarto titolo di Mvp in un All Star Game.

Arriva anche la consacrazione dell’aspirante erede, LeBron James (29 punti, 10 assist, 12 rimbalzi), che eguaglia Michael Jordan come unico giocatore capace di realizzare una tripla doppia in un All Star Game. «È stato incredibile stanotte. Avete ammirato il miglior Bryant», ha detto.

La selezione dell’Eastern Conference raccoglie il meglio della concorrenza con la folta pattuglia dei Boston Celtics e il tris d’assi degli Heat James-Wade-Bosh. Un lampo di Melo Anthony, distratto dalle voci di mercato, dà il massimo vantaggio alla fine del terzo quarto, 108-91. Nell’ultimo periodo James e Stoudemire (29 punti) animano la rimonta dell’Est, 142-140 con un minuto abbondante da giocare. Ma prima Gasol e poi un grande Kevin Durant (34 punti) dalla lunetta non rovinano la festa di Bryant. Il finale punto a punto ha acceso una partita storicamente lenta con difese allegre.

Sono stati collegati duecentoquindici paesi e territori per la tre giorni di uno sport che si fa spettacolo con quarantasei giocatori di ventisei squadre Nba coinvolti. Nella notte dello Staples l’esibizione del rocker Lenny Kravitz accoglie le squadre davanti a un parterre straripante di star: Dustin Hoffman, Stevie Wonder, Jack Nicholson, Jay-Z e Beyonce, Spike Lee solo per citarne qualcuno. Nell’intervallo la sexy Rihanna ha intrattenuto con alcuni pezzi forti del proprio repertorio musicale e improvvisato un duetto con il rapper Kanye West.

Il sessantesimo All-Star Game va in archivio sullo sfondo di una crisi che potrebbe bloccare l’Nba. «È tempo di iniziare un negoziato per il nuovo contratto collettivo abbandonando la retorica - ha spiegato David Stern, gran capo della Lega - Un eventuale stop del campionato (c’è il precedente del ’98-’99, ndr) sarebbe una sconfitta per tutti, ma non credo che i proprietari formulino un’altra proposta». Il 30 giugno scadrà infatti il contratto collettivo dei giocatori e i club in passivo di oltre 350 milioni di dollari hanno proposto un taglio del 30% del tetto salariale. Una proposta dichiarata irricevibile dal sindacato dei giocatori.

Un altro protagonista dell’All Star Game losangelino è stato Carmelo Anthony. La stella dei Denver Nuggets a breve scioglierà la riserva sul proprio futuro ed è una corsa a due tra New York Knicks e New Yersey Nets per assicurarsi le sue prestazioni. L’eventuale approdo ai Knicks si configura con un maxi scambio che coinvolgerebbe Gallinari, Felton e Chandler destinati a Denver. Il magnate russo Prokhorov, neo proprietario dei Nets, sogna però il grande colpo che rilanci le ambizioni di una franchigia caduta in disgrazia. C’è stato un incontro tra i Nets e Anthony a cui è stato proposto un contratto triennale da 65 milioni di dollari e ai Nuggets uno scambio che porterebbe a New Yersey anche Billups.

La giornata di sabato, che ha registrato il record di audience televisiva, è stata senz’altro la più spettacolare con la gara delle schiacciate e del tiro da tre punti. Per la quarta volta un cestista dei Miami Heat si aggiudica questa gara. James Jones batte in volata la temibile concorrenza della coppia Celtics Pierce-Allen (miglior “triplista” della storia Nba). Blake Griffin (unico a partecipare a tre gare dell’All Star Game), astro nascente dell’Nba, trionfa nella kermesse delle schiacciate con un numero spettacolare. Mentre un coro gospel intona “I believe I can fly” lui vola sopra una macchina e inchioda la schiacciata vincente. Benvenuti nell’Nba dove tutto è possibile.