mercoledì 28 novembre 2012

Disney on ice sbarca a Roma

Il Messaggero, sezione Tutta Roma agenda pag. 39 e 56,
28 novembre 2012

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

ROMA Dopo un periodo d’assenza Roma torna a pattinare sul ghiaccio con i personaggi storici, e qualche novità, delle animazioni Disney. Un ritorno accolto con entusiasmo dalle famiglie romane, che in prevendita hanno già acquistato 32mila biglietti per le otto repliche dello spettacolo in scena da domani a domenica al PalaLottomatica. Nell’impianto dell’Eur è stata allestita una pista ghiacciata (140 metri per 60) sulla quale volteggeranno trentasei giovani pattinatori, in un turbinio di colori, costumi ed effetti speciali con 180 variazioni di luci. «Nella coreografia abbiamo creato qualcosa di unico», sottolinea la designer Vanessa Leuck.

L’ANNIVERSARIO

Lo show, che si annuncia dinamico e interattivo, dura un’ora e mezza e nel weekend avrà tre appuntamenti giornalieri (11.30, 15.30, 19). Disney on ice celebra il trentesimo compleanno, da qui il titolo Facciamo festa!, con la regista Patty Vincent che, insieme allo sceneggiatore e direttore creativo Jerry Bilik, ha mischiato le carte con cinquanta protagonisti, da Minnie e Topolino ad Alice, intrecciati in sedici storie.

Si compie un virtuale giro del mondo,
cavalcando ricorrenze che sono diventate fenomeni di costume: dalla paurosa notte di Halloween con Capitan Uncino al romantico Ballo Reale di San Valentino con le principesse Disney. Si vola dall’esotico Brasile del carnevale al Giappone del Festival della Fioritura. Minnie e Topolino scopriranno anche il Capodanno cinese. Non mancherà l’ultima arrivata nel pantheon delle eroine animate con la Principessa e il ranocchio interpretata da una giovane afroamericana. «Ogni festività è associata ad un’atmosfera particolare e viene rievocata dall’ampia varietà di tecniche di illuminazione utilizzate», spiega il responsabile luci Alex Reardon.

La curiosità. Tra i pattinatori, dal più giovane di 19 anni al più maturo di 25 anni, non ci sono italiani. «I talent scout - dice il produttore di Applauso Ermes Bonini - hanno svolto delle audizioni anche nel nostro Paese, ma nessuno è risultato idoneo. Probabilmente è solo una questione culturale nella pratica sportiva che mira solamente all’agonismo e alla gara».

I RECORD

L’edizione europea di Disney on ice, prodotto dalla Feld Entertainment, è partita da Atene, dove nonostante il pesante clima sociale ha ottenuto un ottimo riscontro, e toccato per la prima volta la penisola balcanica. A livello globale sono state superate le novecento repliche per un totale di cinque milioni di spettatori. In Italia lo spettacolo ha conquistato il Mandela Forum di Firenze, e dopo la tappa nella Capitale illuminerà il Palavela di Torino.

I produttori italiani, Applauso e The Base, sorridono con i dati della prevendita e parlano già di scommessa vinta: «Negli anni scorsi - dice Maximiliano Bucci, The Base -, considerando anche la crisi economica, avevamo optato per il collaudato spettacolo teatrale Disney Live. Ma quello sul ghiaccio ha sempre riscosso grandi consensi e con una politica flessibile dei prezzi - si va dai 50 euro ai 20 con sconti per le famiglie - stiamo raccogliendo numeri da rock star».

LA SORPRESA

All’inizio dell’evento i pattinatori sceglieranno casualmente tra il pubblico alcuni bambini, che entreranno sulla pista dentro una mega torta festeggiati dai propri beniamini. «Ovviamente il nostro target è rappresentato dai più piccoli - osserva Bonini -. Ma Disney on ice conquista coloro hanno voglia di sognare indipendentemente dall’anagrafe».

giovedì 22 novembre 2012

Da quando a ora, Faletti: «La musica è la mia rivoluzione»

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 1 e 23,
22 novembre 2012

di Gabriele Santoro



http://www.ilmessaggero.it/cultura/libri/faletti_da_quando_a_ora_intervista/notizie/233399.shtml

di Gabriele Santoro

ROMA – Giorgio Faletti ha affidato alle parole e alle note contenute nel cofanetto (un libro e due cd) Da quando a ora il compito di riannodare i fili del proprio amore per la musica, agli inizi timido poi totalmente coinvolgente. Un viaggio autobiografico che parte dalla periferia astigiana nel dopoguerra per cavalcare l’avvento del rock fino ad arrivare ai nostri giorni.

Faletti, come ha riscoperto questa sua profonda passione?
«Credo che la musica sia una forma felice di tossicodipendenza. Quando impari ad amarla e soprattutto riesci a farla, pur con risultati alterni, non l’abbandoni più. Anche se avevo smesso di propormi pubblicamente, ho continuato a scrivere canzoni e riporle con cura in diversi cassetti. Un amico, critico musicale, mi ha spinto ad aprirli. Poi è nata l’idea di raccontare in modo letterario questo mio rapporto, a partire dall’infanzia negli Anni Cinquanta, in cui respirai timidamente l’atmosfera gioiosa delle orchestre da ballo degli amici di mio padre».

Poi sono arrivati gli stravolgimenti degli Anni Settanta. Lei scrive: «Ringrazio il Creatore o chi per lui per aver avuto vent’anni in quella stagione».

«Senza inoltrarmi in analisi sociologiche, ho descritto l’impatto detonante e rivoluzionario della musica nella mia realtà di provincia e nella mia famiglia, in cui il rock veniva definito fracasso. I Beatles hanno accantonato un’epoca: il mondo è esploso e quando si è rimesso insieme non era più lo stesso. Spuntavano come funghi band. X Factor si concepiva nelle cantine, dove si ritrovavano ragazzi che poi magari diventavano la Pfm o il Banco del Muto Soccorso».
Dagli esiti disastrosi del primo playback al successo sanremese di Signor Tenente. Come ha superato la timidezza giovanile che l’affliggeva e lo scetticismo dei critici?
«Tutto arriva a chi sa aspettare: proporsi senza presunzione, ma con passione. Non saprei produrre a tavolino. Lavoro sull’emozione, scrivo di getto, come quella prima volta nel '93 nel parcheggio di un autogrill. Con Signor Tenente ho fatto capire di poter utilizzare un registro comunicativo differente da quello umoristico. Successivamente ho ricevuto il riscontro positivo di artisti come Mina, Angelo Branduardi e Milva che hanno accolto le mie parole».

Che cosa le rimane di questi sodalizi artistici?

«Conservo principalmente l’aspetto umano, perché ho goduto del privilegio di guardare cosa c’è dietro il palcoscenico. Con Mina abbiamo instaurato una corrispondenza epistolare. Ci scambiamo delle e-mail, in cui le mando i testi delle canzoni che, esegue quando le piacciono, interpreta e inserisce nei suoi album. Con Milva il rapporto è più ravvicinato e ho capito da lei che cosa significhi essere una Diva. Con Branduardi mi sono accostato alla musica anche da un punto di vista tecnico».

A vent’anni dalle stragi del 1992, l’Italia è ancora in attesa di verità e giustizia. E il poliziotto, che rischia quotidianamente, guadagna sempre lo stesso milione. Perché, ricordando la genesi di Signor Tenente, sostiene che il tempo non sia passato invano?
«Perché invecchiando ho saputo mantenere l’emozione autentica di quei giorni. All’inizio ero spaventato al pensiero di rimettere mano a un brano quasi intoccabile. Ora, presentandolo con arrangiamento e interpretazione nuovi, l’ho valorizzato».

La seconda parte del volume, Ora, si apre con il racconto del recupero dall’ictus che la colpì dieci anni fa. Spartiacque di una nuova vita?
«Di fronte alla possibilità di morire si sovvertono tutte le priorità. La malattia è un’esperienza che ti segna dentro, che non puoi dimenticare. Da allora ho imparato una cosa fondamentale: non rimando mai nulla».

mercoledì 21 novembre 2012

Generazione precaria allo specchio sul web

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 26,
21 novembre 2012

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

ROMA – In fondo alla sera sono essenzialmente due le domande che dovresti evitare di porti: Come stai? Sei felice? Meglio immaginare che domani sarà un giorno migliore, in cui forse finalmente lavorerai con un contratto vero. Un giorno in cui il tuo talento sia un bene da condividere per la costruzione di una società diversa, nella quale vorresti crescere i tuoi figli, non un vuoto a perdere.

Mentre saldi un debito che non tuo, sembra assopirsi l'energia vitale propria della tua età. Perché quando smetti di credere nel cambiamento inizi un po' a morire. La tua storia si sovrappone a quelle di un'intera generazione a cui stanno sottraendo il futuro. Una crisi che spinge a isolarsi, perché arrivi a vergognarti della tua condizione. Anche la rabbia è stata espropriata, soffocata dal silenzio di un’inesistente rappresentanza politica.

Stufi della banalizzazione del disagio operata dal linguaggio televisivo,
quattro amici fiorentini, videocamera in spalla, hanno deciso di ritrarre a modo loro l’Italia del precariato. Una produzione indipendente che ha trovato nella Rete (http://paranormalprecarity.wordpress.com/) il canale ideale. «Abbiamo intercettato il desiderio di raccontarsi - spiega Michele Coppini, autore e voce narrante - di ventenni e trentenni che vivono come equilibristi senza paracadute. Essendo immersi fino al collo in questa situazione, ci siamo permessi un tono ironico e dissacrante. I dati economici inquietano, ma si parla poco dei risvolti psicologici. Non ci spaventa la flessibilità, ma senza un sistema che consenta la formazione continua e con le paghe attuali, è una falsa ideologia».

Per Coppini la mobilità sociale è un reperto archeologico: chi ha una spinta va avanti, gli altri restano indietro. E appare in tutta la sua gravità la rottura generazionale tra figli e padri «che si sono mangiati tutto».

Un viaggio in cinque puntate (per ora) nella Paranormal Precarity del nostro Paese, partito dalle case popolari del quartiere periferico Le Piagge alle porte di Firenze. Negli spazi angusti di una cucina inabitabile la 38enne Claudia, insegnante precaria, stringe la moka e gli occhi stanchi tradiscono i cattivi pensieri. Alessandro Martini, direttore della Caritas fiorentina, fotografa la figura del lavoratore povero: «Ormai si tratta della normalità che coinvolge soprattutto i giovani».

Coppini poi punta su Roma, dove il 26enne Francesco, montatore tv, illustra la giungla di contratti improponibili. C’è poi chi sprofonda nelle sabbie mobili della depressione e chi invece non smetterà mai di lottare: «Ci hanno concesso solo una vita e non vogliamo regalargliela tutta».

Anche i legami sentimentali si polverizzano. Sara (Root) Radice è uscita dal guscio con il successo del libro autobiografico Aria precaria e indica l’unica via percorribile: «Non arrendersi, abbandonando il tunnel della solitudine emotiva. Bisogna imparare a dire dei no e investire nelle proprie risorse».

martedì 6 novembre 2012

Roma impazzisce per la storia: all'Auditorium tornano le Lezioni

Il Messaggero, sezione Tutta Roma Spettacoli & Cultura pag. 46,
6 novembre 2012

di Gabriele Santoro


http://www.ilmessaggero.it/roma/cultura/lezioni_storia_auditorium_parco_musica/notizie/229937.shtml

di Gabriele Santoro

ROMA – «Siamo tutti stranieri». L’editore Giuseppe Laterza racchiude in una frase semplice, ma densa di significati, l’idea di fondo sulla quale ha costruito con la Fondazione Musica per Roma la settima edizione di Lezioni di storia, Stranieri tra noi. I temi complessi dell’immigrazione, dell’integrazione e della formazione dell’identità composita di un Paese costituiscono una sfida costante per la nostra società. A partire per esempio dalla questione attualissima della cosiddetta Seconda Generazione rappresentata dai figli di immigrati nati o cresciuti qui, che chiedono di non essere esclusi. Per immaginare l’Italia del futuro, che nel laboratorio sociale della scuola appare già ben visibile, non si può dimenticare da dove veniamo e la pluralità di culture che caratterizzano il dna nazionale.

«I dati dell’ultimo, autorevole, rapporto Caritas-Migrantes
- sottolinea Laterza - mettono in rilievo l’importanza economica e sociale dell’immigrazione. La presenza degli stranieri non è un fatto nuovo per la storia italiana, anzi è costitutiva della nostra identità dall’antichità. E conoscere il passato può aiutarci a ragionare e risolvere le problematiche dell’oggi».

Mediante le narrazioni degli storici si compierà un lungo viaggio
, attraversando la penisola dalla Siracusa del 388 a.C. alla Roma città aperta del 1944, invasa e liberata dagli Alleati. Saranno presentate le vicende affascinanti di nove personaggi che sciolgono i nodi propri di chiunque approdi in una terra straniera: la paura del rifiuto e il desiderio di accoglienza che diventa uno strumento per la costruzione di un io più ricco e fecondo.
Il format Lezioni di storia ormai è entrato nel cuore dei romani, che dal 2006 affollano le sale dell’Auditorium Parco della Musica per seguire incontri dialogici con studiosi e ricercatori di fama. «Registriamo sempre il tutto esaurito e una fortissima fidelizzazione del pubblico - evidenzia Carlo Fuortes, amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma - L’anno scorso abbiamo avuto diecimila spettatori paganti, dei quali 850 erano abbonati». Dal 18 novembre, una volta conclusa la fase di prelazione per i vecchi abbonati, si aprirà la vendita libera dei biglietti (9 euro cadauno) e degli abbonamenti (65 euro per le nove lezioni).

Nel primo appuntamento
, in programma il 2 dicembre, il filologo classico Luciano Canfora ripercorrerà i tre tentativi falliti di Platone di esportare a Siracusa il proprio laboratorio di teorie politiche. Due settimane dopo il professore Andrea Carandini, che tenne a battesimo la manifestazione con la prima lezione, racconterà il martirio a Roma dell’apostolo Pietro. Il 2013 si aprirà con il docente di storia medievale Massimo Montanari, che conduce il pubblico nella Pavia del 774 d.C., dove a tavola si consuma la sfida tra Carlo Magno conquistatore del regno dei longobardi e Adelchi, figlio del re sconfitto.

Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri ricostruirà nella Parma del 1248
il singolare furto della corona e di un prezioso libro dell’Imperatore Federico II, tradito dalla passione per la caccia. Alessandro Barbero rievocherà la fuga dalle guerre di religione del 1500 di due sorelle marrane, che transitano per Venezia con ingenti capitali. Franco Cardini narrerà il ballo di donne turche nel Salone delle Commedie di Palazzo Pitti a Firenze e la visita dell’emiro druso Fakhr ad-Din al granduca Cosimo II de’ Medici. Luigi Mascilli Migliorini illustrerà l’arrivo a Milano nel 1796 del generale francese Napoleone Bonaparte. La chiusura del ciclo si concentrerà con Anna Foa sulla Roma del sindaco Ernesto Nathan «non solo inglese, ma anche ebreo», mentre Emilio Gentile descriverà lo stato d’animo della città liberata dall’occupazione nazifascista ma prigioniera ancora della violenza e della povertà.