sabato 23 febbraio 2013

Educazione siberiana, Salvatores nel segno dell'Europa

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 26,
23 febbraio 2013

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

AUTORI
ROMA «È il film che amo di più tra quelli che ho girato. Sono uscito da un guscio di sicurezze costruite nel tempo per creare qualcosa di nuovo. I produttori (Cattleya con Rai Cinema, ndr) hanno dimostrato un coraggio non usuale per il nostro cinema, che può aprire una breccia nel sistema produttivo». Gabriele Salvatores torna sul grande schermo con l’Educazione siberiana (da giovedì in oltre 350 sale) ispirata all’omonimo romanzo di Nicolai Lilin.

In un paese nel sud della Russia, vicina alla caduta del Muro, ai piccoli Kolima e Gagarin viene impartita un’educazione sui generis in un clan di “criminali onesti”guidato da nonno Kuzja (John Malkovich). La vicenda si svolge in un arco di dieci anni (dal 1985 al 1995) ricco di stravolgimenti, che si sovrappongono al percorso di maturazione dei bambini. «Il cambiamento di un’epoca è sempre molto affascinante - spiega il regista - Mi incuriosiva sviluppare l’idea di questi due ragazzi che dovevano inventarsi il futuro in un mondo in completa evoluzione».

Salvatores torna sulla mancata partecipazione al Festival di Berlino: «Mi sarebbe piaciuto prendervi parte, ma non è un problema». E alla vigilia dell’assegnazione degli Oscar invita a non sopravvalutare «un premio dell’industria americana: molti film belli non l’hanno ricevuto».

IL CAPOCLAN

Malkovich domina con l’autorevolezza e il carisma del capoclan. «Non ero a conoscenza di questa comunità criminale russa - dice - La complessità del mio personaggio mi ha intrigato e non c’è stato bisogno di aggiungere espedienti». Un cattivo maestro da comprendere anche attraverso il linguaggio simbolico dei tatuaggi che disegnano il suo corpo. «In questo film i tatuaggi rappresentano un abito e rivestono un’importanza fondamentale nel comunicare il personaggio». Lilin ha seguito passo dopo passo la nascita del progetto ed evidenzia, nella trasposizione filmica, il carattere di universalità di una storia «che oggi potrebbe essere ambientata anche in Medioriente».

Nel cantiere di Salvatores c’è già un altro lavoro, a marzo in Irlanda: «Un film su Il ragazzo invisibile che non riesce a controllare questo suo potere. Si tratterà di una coproduzione (Italia, Francia, Germania e Irlanda): è l’orizzonte verso cui dobbiamo orientarci per offrire con il cinema altri elementi di unione all’Europa, che non può essere tenuta insieme solo dalla moneta».





lunedì 18 febbraio 2013

Amato e Forquet, lezioni dalla crisi

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 19,
18 febbraio 2013

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

SAGGI
Giuliano Amato nel breviario Lezioni dalla crisi (Laterza, 14 euro, 124 pagine), firmato con il giornalista Fabrizio Forquet, riannoda gli elementi scatenanti della più grave depressione economica dal 1929 e presenta le sfide non più rinviabili che attendono l’Europa. Nel ragionamento del professore, ormai sempre più condiviso seppure con varie sfumature, al rigore nella tenuta dei conti e al progressivo abbattimento del debito pubblico si devono abbinare politiche per la crescita più solidali e meno restrittive, adottando strumenti su scala sovranazionale.

Per immaginare una nuova primavera del Vecchio Continente, che frammentato rischia la marginalizzazione nel contesto geopolitico mondiale, serve uno scatto d’orgoglio e la fiducia reciproca tra i membri

dell’Unione. Non esiste un futuro sostenibile per una moneta unica senza Stato. Nella difficoltà strutturale del concertare una linea d’azione coesa, si è mosso qualcosa con l’istituzione del cosiddetto fondo salva-Stati e con l’attivismo della Bce. In questo senso Amato elogia la capacità di leadership e diplomatica del governatore Mario Draghi.

L’ANALISI

L’analisi, condotta seguendo un percorso lineare con un linguaggio semplice, introduce il lettore nel mondo ingarbugliato della finanza, che in una rincorsa sfrenata al profitto speculativo ha svolto un ruolo determinante nel disequilibrio del sistema. Trasparenza, regole e autorità di controllo indipendenti rappresentano i rimedi per arginare la deriva. «Bisogna destinare i soldi alla produzione di beni e servizi e ricondurre la finanza alla sua funzione di sostegno essenziale all’economia reale».


Nella ricostruzione del contagio recessivo si parte dagli Stati Uniti con l’esplosione della bolla dei mutui subprime, che accompagnati da prodotti derivati complicatissimi hanno stravolto il principio del rischio ponderato e disseminato nelle banche titoli tossici, per giungere all’Italia, in cui si polarizzano le diseguaglianze sociali, che è scivolata dalla stagnazione alla recessione. La nostra partita si gioca insieme all’Europa: «Le risorse per ripartire devono arrivare da lì e dobbiamo puntare sui giovani e l'innovazione».


domenica 17 febbraio 2013

L'esordio di Ilaria Beltramme verso il Premio Strega: «Il mio eretico ha cuore»

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 19,
17 febbraio 2013

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

Dopo il successo della guida 101 cose da fare a Roma almeno una volta, Ilaria Beltramme esordisce con il suo primo romanzo La società segreta degli eretici (Newton Compton, 384 pagine, 9.90 euro). L’autrice ricostruisce la vicenda dell’inquisizione di Giordano Bruno, stabilendo un ponte ideale tra la Città Eterna seicentesca e quella post-unitaria. In attesa della sentenza di condanna a morte del filosofo, un gruppo di coraggiosi giordanisti si incontra a Roma con in mente un piano temerario da realizzare. A loro si unisce Prospero, il giovane venuto dal futuro, alle prese con l’enigma di un libro antico da ricercare. I protagonisti sono in parte frutto della fantasia, ma anche ispirati a personaggi veri come il segretario del monaco Hyeronimus Besler e il medico inglese Robert Fludd.

Le avventure e le pulsioni del giovane Prospero costituiscono la chiave di volta per ripercorrere la storia e l'eredità intellettuale, spirituale di Bruno. In che modo ha costruito il legame tra le diverse epoche?

«Prospero è un ragazzo tipico di fine Ottocento: appassionato, impaziente e intriso della retorica mazziniana. È giunto dalla campagna a Roma per l’inaugurazione della statua eretta a Campo de’ Fiori in memoria del Nolano. «Sono venuto ad assistere a un’opera di giustizia» dice. Da quell’intensa emozione compie un viaggio misterioso a ritroso nel tempo, propiziato da alchimie allegoriche e filosofia pagana, di scoperta delle idee bruniane fino al rogo del 17 febbraio 1600».

Qual è la potenza attuale del suo messaggio?

«Ci ha insegnato a pensare con il cuore: l’insieme delle conoscenze che uniscono il sapere e il cuore. Nel rogo di Campo de’ Fiori è stata bruciata un’intera cultura. In quel passaggio della storia dell’umanità scienza e magia potevano restare unite, dando vita a un mondo di conoscenza e saggezza che forse oggi ci avrebbe partoriti diversi. Ha sempre mantenuto coerenza e dignità nelle proprie scelte radicali».

Crede che la nostra società riuscirebbe a riconoscere e accettare la forza dirompente di un Giordano Bruno?

«Non penso saremmo in grado di accogliere e comprendere un pensatore così libero e destabilizzante per qualsiasi tipo di sistema. Nella costante ricerca della comune radice culturale europea dovremmo rifarci anche a quella generazione di intellettuali colti e sensibili che in quel periodo difesero con onestà e audacia le loro convinzioni. Nella fase morente del Rinascimento ho rintracciato delle analogie con il nostro tempo di crisi. Ma allora esisteva un ottimismo, una dedizione alla conoscenza e una fiducia nel lavoro, immaginando una nuova età dell’oro, che oggi non vedo».


Nei due piani temporali della narrazione (1600 e 1889) Prospero incontra una Roma indifferente: «Un popolo che si ribella solo a parole» e «una città immobile nella propria decadenza».
«Ho cercato di riportare ed evidenziare alcuni tratti della romanità tramandati da secoli. Siamo da sempre la città del potere, quasi vaccinata al suo fascino e necessariamente indifferente. Preferiamo lo sberleffo disincantato alla rivolta contro il potente, consapevoli che dietro ogni rivoluzione si prefigura e poi si instaura un altro potere».

Al centro del romanzo c’è anche la ricerca di un volume antico, la Steganographia di Tritemio.

«L’oggetto libro possedeva un valore inestimabile. Tale da significare la vita o la morte di chi lo scriveva, di chi lo leggeva o custodiva. Nel romanzo la figura di riferimento del sacerdote olivetano Padre Rossi si ispira all’abate seicentesco della basilica di Santa Prassede Orazio Morandi, braccio destro di Giovanni de’ Medici a Firenze, che protesse volumi dagli argomenti scottanti già inseriti nell’Indice dei Libri proibiti compilato dall’Inquisizione».

Come ha assemblato gli elementi della finzione narrativa con gli avvenimenti reali?

«Non essendo una storica, mi sono avvicinata al tema con molta cautela. La preparazione alla stesura del romanzo, che sviluppa una vicenda di fantasia dentro alla ricostruzione fedele dell’ambientazione e dei fatti dell’epoca, ha richiesto un anno di studio sui saggi, tra gli altri, di France Yates, Luigi Firpo, Michele Ciliberto e Anna Foa. Oltre alla consultazione diretta di testi quali il Corpus Hermeticum e il dizionario di simboli alchemici e gnostici Dictionnaires des symboles».

Nella Rete ha colto qualche spunto interessante?

«Il web è affezionatissimo a Giordano Bruno: ci si muove in un universo di informazioni con vari gradi di attendibilità. Per il mio lavoro mi sono limitata a esplorare con incursioni di pura curiosità».

In attesa del riscontro dei lettori la Newton Compton l’ha lanciata verso il Premio Strega…

«La scelta della casa editrice è stata una sorpresa piacevole. Sarebbe un'esperienza forte. Se la candidatura dovesse concretizzarsi, metterò nella valigia una buona dose di coraggio».