lunedì 16 settembre 2013

L'elogio del ripetente, la sfida dei prof

Il Messaggero, sezione Macro pag. 1-15, 
16 settembre 2013

di Gabriele Santoro
 



di Gabriele Santoro

IL CASO
Eraldo Affinati ama profondamente il mestiere d’insegnante.
Lo interpreta come una missione che rifiuta orari standardizzati, registri e sistemi di valutazione esclusivi. Vive il rapporto con gli studenti in una forma di corpo a corpo, con il quale conquistare quotidianamente la loro fiducia. E rompe la finzione pedagogica dei ruoli, stimolando la creatività. «La scuola è l’unica vera trincea etica italiana contemporanea - sostiene Affinati - In un momento di passaggio epocale, i professori si trovano soli a superare l’anacronismo di adolescenti cresciuti sugli schermi e una scuola ottocentesca che non si fa carico degli ultimi della classe».

Nella sede distaccata dell’Istituto professionale Carlo Cattaneo,
situata all’interno dell’isola felice della Città dei ragazzi, lo scrittore romano incontra le storie difficili e le ferite dei ripetenti, dei quali celebra la ricchezza interiore e ne esalta la sfida educativa nel libro “Elogio del ripetente” (Mondadori, 128 pagine, 10 euro). «Sono ragazzi speciali, che hanno rifiutato il meccanismo valutativo che li ha bocciati. Spesso sono stati delusi, ingannati e traditi dagli adulti. Ti provocano, ti mettono alla prova, ma poi ti lasciano il segno. Il percorso insieme a loro, pieno di sconfitte, ti ferisce e arricchisce».

Nelle pagine dell’Elogio del ripetente
si avverte forte il richiamo alla Scuola di Barbiana: «Don Lorenzo Milani voleva una scuola efficace. Era selettivo, puntando però sull’eguaglianza delle condizioni di partenza. È un riferimento culturale per me fondamentale».

L’INVESTIMENTO
Un impegno che s’inserisce nel solco dell’esperienza italiana dei maestri di strada.
Ogni ragazzo salvato, sottratto alla strada, è un investimento per il Paese. Da Napoli, sull’esempio del maestro Cesare Moreno, alla Calabria, molti giovani, adeguatamente preparati, si spendono sul fronte della lotta alla dispersione scolastica. «In due anni abbiamo creato otto postazioni didattiche Penny Wirton - racconta Marco Gatto, trentenne assegnista di ricerca presso l’Università della Calabria - dislocate nella regione. Decine di studenti universitari e docenti fanno attività di doposcuola uno-a-uno per tutte le fasce di età e i migranti. Siamo sentinelle sul territorio, fronteggiando il crescente disagio sociale».

RABBIA E APATIA
Affinati, assumendo questo punto di vista, disegna un modo alternativo di stare in cattedra.
Nell’aula crea un ambiente che attrae e si fa carico delle differenze socioculturali individuali. Nell’atteggiamento di rifiuto, nella rabbia o apatia del ripetente trasandato legge una richiesta d’aiuto ineludibile. «Dobbiamo cambiare, altrimenti rischiamo di perdere due o tre generazioni. Lo snodo vero è la relazione umana da instaurare: servono competenza, affettività e regole. Girando l’Italia noto il ritardo della politica, e l’intraprendenza di professori coraggio, presidi che il tablet a scuola lo portano loro. C’è una vivacità di base, di sperimentazioni, per esempio sul fronte digitale, che prova a rimediare a ritardi istituzionali gravi e non va dispersa».

Giuseppe Ciancaglini, maestro di religione cinquantatreenne, è uno di questi pionieri artigianali.
In pochi anni ha trasformato la scuola primaria Fratelli Cervi, nel cuore della periferia romana a Corviale, in una scuola digitale. Gli alunni oltre a penne e quaderni, sui banchi imparano a maneggiare e studiare con i tablet. L’innovazione nasce da un’attività di raccolta fondi efficace e dalla formazione. Il maestro con la passione per l’informatica ha trascinato i colleghi nel cambiamento. «La mia proposta didattica così si è ampliata - spiega Ciancaglini - Rendo più attrattivi gli argomenti trattati. I piccoli sono molto recettivi, imparano a gestire strumenti complessi e colmiamo il divario digitale. Ci siamo incamminati verso la nuova frontiera».


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Tullio De Mauro: «I migliori sistemi scolastici si preoccupano di coinvolgere gli ultimi della classe»

Il Messaggero, sezione Macro pag. 15, 
16 settembre 2013

di Gabriele Santoro
 

di Gabriele Santoro

Professore Tullio De Mauro, il recupero degli ultimi della classe è un modo per valutare la qualità del nostro sistema scolastico?
«Dopo trent’anni di indagini comparative internazionali sul funzionamento e i risultati dei sistemi scolastici del mondo abbiamo guadagnato qualche certezza. I sistemi scolastici da cui escono gli allievi meglio preparati sono quelli di paesi come la Finlandia, la Corea del Sud, il Giappone, anche lontani tra loro per tanti aspetti, che hanno scelto e seguito la via del “non uno di meno”, del “nessuno resti indietro”. Sono sistemi scolastici che concentrano i  loro sforzi nel portare al termine dei cicli di studio tutte e tutti i ragazzi e le ragazze. Tutta la classe funziona bene se anche quello dell’ultimo banco è guadagnato al lavoro comune. Lo spiegavano Mario Lodi e don Lorenzo Milani, questo con un vigore che, a quanto qua e là leggo, continua a fare scandalo. Ora ce lo dicono statistiche e confronti accurati come produce ormai annualmente l’Ocse. Ma vorrei ricordare quel che tanti anni fa ho sentito dire da un anziano insegnante: “Quando boccio un alunno, so di bocciare me stesso: so di non avere fatto una parte del mio lavoro”».

Questa strategia produce anche un valore economico?
«Era una tesi diffusa, ma anche discussa, che un aumento della scolarità di una popolazione portasse a un aumento di produttività e redditi. Ora ne siamo certi. Due economisti, Robert Barro, americano, e Jong Wha-Lee, coreano, hanno studiato l’andamento di scolarità e redditi in 140 paesi del mondo dal 1950 al 2010. La correlazione ora è sicura: al crescere dell’indice di scolarità di una popolazione (il numero di anni di scuola superati in media dagli  individui) crescono i redditi, cresce il Pil di un paese. Non è l’unico motivo per far funzionare bene un sistema scolastico, ma governi così spasmodicamente attenti a spread, spending review, farebbero bene a guardare questi dati e a scoprire che spendere per la scuola significa investire con un buon ritorno perfino a medio termine».

Qual è la situazione in Italia?
«Non stiamo messi bene. Dai primi anni novanta in poi una preoccupazione costante dei governi è stata cercare di contrarre e ridurre le spese per l’istruzione, che già erano modeste. Questo sta avendo effetti disastrosi e purtroppo tangibili sulle parti più delicate del sistema, ricerca e università, che sono letteralmente moribonde. Scuole di base e superiori sono invece un grosso corpaccione: soffrono, ma ci vogliono parecchi ministri inetti per azzerarle e potrebbero ancora riprendersi. Con la scuola di massa siamo usciti dal sottosviluppo scolastico. Ma, diversamente dagli altri paesi, la scuola ha lavorato da sola: con insegnanti mal reclutati e non sempre adeguatamente formati alla didattica e in ambienti sociali poveri di offerte culturali. Gli stessi insegnanti a volte non se ne rendono conto: ma quel che la scuola ha fatto e fa per questo paese è un vero miracolo, anche se ancora troppi restano indietro».

A che punto siamo, invece, con l’integrazione tra la didattica tradizionale e la tecnologia informatica?

«Noi siamo vicini allo zero. Abbiamo abbastanza esperienze per dire che, se gli insegnanti non hanno una preparazione specifica e se non c'è il collegamento a banda larga con la rete, i sussidi informatici servono a poco e anzi, si è visto in qualche caso in America Latina, sono dispersivi e dannosi. Con la guida di  insegnanti preparati la rete apre potenzialità enormi all'apprendimento».


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L'elogio del ripetente, con Eraldo Affinati la scuola non è ancora finita

di Gabriele Santoro


ROMA – Eraldo Affinati ama profondamente il mestiere d’insegnante. Lo interpreta come una missione che rifiuta orari standardizzati, registri e sistemi di valutazione esclusivi. Vive il rapporto con gli studenti in una forma di corpo a corpo, con il quale conquistare quotidianamente la loro fiducia. E rompe la finzione pedagogica dei ruoli, stimolando la creatività. «La scuola è l’unica vera trincea etica italiana contemporanea - sostiene Affinati -. In un momento di passaggio epocale, i professori si trovano soli a superare l’anacronismo di adolescenti cresciuti sugli schermi e una scuola ottocentesca che non si fa carico degli ultimi della classe».


Nella sede distaccata dell’Istituto professionale Carlo Cattaneo, situata all’interno dell’isola felice della Città dei ragazzi, lo scrittore romano incontra le storie difficili e le ferite dei ripetenti, dei quali celebra la ricchezza interiore e ne esalta la sfida educativa nel libro Elogio del ripetente (Mondadori, 128 pagine, 10 euro). «Sono ragazzi speciali, che hanno rifiutato il meccanismo valutativo che li ha bocciati. Spesso sono stati delusi, ingannati e traditi dagli adulti. Ti provocano, ti mettono alla prova, ma poi ti lasciano il segno. Con loro ogni piccolo traguardo rappresenta una conquista. Il percorso insieme a loro, pieno di sconfitte, ti ferisce e arricchisce». 

Nelle pagine dell’Elogio del ripetente
si avverte forte il richiamo alla Scuola di Barbiana: «Don Lorenzo Milani voleva una scuola che creasse condizioni di partenza eguali. È un riferimento culturale per me fondamentale.
Quel tavolo di Barbiana, dove lui si metteva gomito a gomito con i ragazzi, è una chiamata in causa per tutti noi professori».

Un impegno che s’inserisce nel solco dell’esperienza italiana dei maestri di strada.
Ogni ragazzo salvato, sottratto alla strada, è un investimento per il Paese. Da Napoli, sull’esempio del maestro Cesare Moreno, alla Calabria molti giovani, adeguatamente preparati, si spendono sul fronte della lotta alla dispersione scolastica. «In due anni abbiamo creato otto postazioni didattiche Penny Wirton - racconta Marco Gatto, trentenne assegnista di ricerca presso l’Università della Calabria - dislocate in tutta la regione. Decine di studenti universitari e docenti fanno attività di doposcuola uno-a-uno per tutte le fasce di età e i migranti. Siamo presidi sul territorio, fronteggiando il crescente disagio sociale».

Affinati, assumendo questo punto di vista, disegna un modo alternativo di stare in cattedra.
Nell’aula crea un ambiente che attrae e si fa carico delle differenze socioculturali individuali. Nell’atteggiamento di rifiuto, nella rabbia o apatia del ripetente trasandato legge una richiesta d’aiuto ineludibile. «Dobbiamo cambiare, altrimenti rischiamo di perdere due o tre generazioni. Lo snodo vero è la relazione umana da instaurare: servono competenza e affettività. Girando l’Italia noto il ritardo della politica, e l’intraprendenza di professori coraggio, presidi, che il tablet a scuola lo portano loro. C’è una vivacità di base, di sperimentazioni per esempio sul fronte digitale, che prova a colmare ritardi istituzionali gravi e non va dispersa».
Eraldo Affinati

I
l programma ministeriale si trasforma in esperienza conoscitiva concreta.
La letteratura entra nella vita dei futuri elettricisti, idraulici o meccanici, che non hanno mai letto un libro. Si esce dai banchi per andare in libreria ad acquistare, per poi leggere insieme, Se questo è un uomo. «È stato stupendo vederli accanto agli scaffali, guardinghi come felini in soggiorno, e poi tutti in fila alla cassa col volumetto in una mano e i dieci euro nell’altra. Il fatto stesso di staccarli dalle borgate in cui abitano si è rivelato rivoluzionario».
Poi si realizzano anche piccoli miracoli. Giulio, prossimo ad abbandonare anche il professionale, accetta la sfida del prof: cambia prospettiva, e come volontario insegna i fondamentali della lingua italiana ai migranti nella scuola Penny Wirton a San Saba. E non lascia più la sua scuola.


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A Corviale, scuola Fratelli Cervi, si studia con il tablet

di Gabriele Santoro

ROMA – Una scuola digitale nel cuore della periferia romana: a via Casetta Mattei esiste un luogo prezioso, che guarda con lungimiranza al futuro. Gli alunni della scuola primaria Fratelli Cervi sui banchi, oltre a libri, penne e quaderni, imparano a maneggiare e a studiare con i tablet. Una piccola rivoluzione culturale, ispirata dal maestro di religione Giuseppe Ciancaglini, appassionato di informatica.

Romano, cinquantatreenne, dal 1990 insegna nello stesso istituto comprensivo e ha trascinato i colleghi nel cambiamento. Prima si è formato, poi ha formato. «La mia proposta didattica si è arricchita - racconta -. Rendo più attrattivi gli argomenti trattati con la possibilità di mostrare mappe interattive, filmati, immagini. Con il fai-da-te abbiamo compiuto molta strada. All’inizio ho incontrato delle resistenze e scetticismo tra gli altri maestri. Poi sono rimasti coinvolti ed entusiasti, comprendendo la forza dell’innovazione».

Alla base della quale c’è un’attività di raccolta fondi efficace, che ha dotato la struttura dell’attrezzatura necessaria. In classe sono approdati i pc e oggi i tablet: tre laboratori mobili dislocati in ciascuno dei tre piani dell’edificio. I primi Jump Pc, appositamente ideati per le primarie, sono arrivati con l’adesione al progetto Pc in classe promosso da Olidata con il Miur. Mentre i tablet lo scorso anno con il finanziamento della Fondazione delle Casse di Risparmio di Roma.

Ci sono netbook da utilizzare come mezzi compensativi per chi soffre di difficoltà specifiche dell'apprendimento (dislessia, disgrafia, etc). Ciancaglini ha elaborato artigianalmente con Moodle una piattaforma didattica online, nella quale navigano i bambini, che contiene le lezioni, gli esercizi e altro materiale per lavorare anche da casa. Gli studenti operano con le applicazioni gratuite installate sui tablet. Utilizzano in particolare programmi di videoscrittura, applicazioni per la realizzazione di presentazioni, di mappe mentali o concettuali, programmi per la lettura dei testi o e-book.

Si fa educazione al social network, mediante l'esperienza di dialogo su forum moderati. Ogni alunno, dalla terza alla quinta elementare, ha un proprio account sulla piattaforma, e seguendo il modello della classe capovolta, mentre impara, partecipa allo sviluppo dei contenuti proposti. In una scuola socialmente molto stratificata e multietnica, che accoglie studenti soprattutto dalla zona di Corviale, si colma anche il divario digitale con i bambini che a casa non possono usufruire della connessione Internet.

«Non si tratta di un lavoro semplice, ma i piccoli sono molto recettivi - conclude il maestro -. Sono bravissimi nell’aspetto ludico, mentre ci vuole più tempo con le applicazioni degli strumenti didattici. L’uso del tablet in classe si rivela molto più funzionale delle lavagne multimediali, che non modificano l’approccio frontale. Ora l’obiettivo è di coinvolgere anche le prime e le seconde, per abituare da subito alla scrittura e alla lettura sui dispositivi elettronici».

giovedì 5 settembre 2013

Nuovo Imaie, Artisti 7607: «Rischia di naufragare la liberalizzazione»

Il Messaggero, sezione Spettacoli pag. 27, 
5 settembre 2013

di Gabriele Santoro

 
 di Gabriele Santoro

ROMA – Una liberalizzazione che rischia di naufragare, mantenendo di fatto il monopolio nella gestione dei diritti d’immagine, connessi al diritto d’autore, spettanti agli artisti e ai musicisti. Elio Germano, Neri Marcorè, Paolo Calabresi e Claudio Santamaria, in rappresentanza della cooperativa Artisti 7607 che coinvolge oltre mille attori, denunciano il tentativo del Nuovo Imaie di vanificare gli effetti in materia della legge sulle liberalizzazioni approvata a marzo dell’anno scorso.

«L’Imaie - spiega Germano - raccoglieva dai produttori e dalle emittenti i compensi in nome degli attori, doppiatori, cantanti, etc maturati in conseguenza della diffusione delle loro opere per mezzo di televisioni, radio, pubblici esercizi e nuovi media. Un monopolio durato trent’anni, poi estintosi per inadempienza. L’ente è stato chiuso con un attivo accumulato e non ridistribuito agli aventi diritto di 130 milioni di euro. Criteri di ripartizione non trasparenti: una coltre di mistero ha avvolto l’Imaie, del quale non siamo riusciti neanche a leggere i bilanci».

La costituente società a responsabilità limitata, nata con l’obiettivo di concorrere nell’attività di collezione e ripartizione di fondi privati, disegna per gli associati un modello alternativo che immagina un welfare per i più precari della categoria e destini risorse all’attività di formazione e produzione artistica. Una cooperativa di artisti per artisti. Dopo la chiusura, è stato istituito un Nuovo Imaie, che starebbe cercando di recuperare la propria posizione dominante in un mercato ancora in costruzione.

«Ci preoccupa il tentativo in atto, per via parlamentare, di stravolgere e tradire lo spirito della legge 24 marzo 2012 - conclude Germano -. Dalla richiesta di chiarimento sull’attuazione della liberalizzazione per non bloccare il sistema, il nuovo Imaie propone un emendamento dai contenuti inaccettabili. Raccoglierebbero i diritti maturati da coloro che non sono iscritti a nessuna collecting e la Copia privata per tutti gli artisti dalla SIAE. Gestirebbero la banca dati. E imporrebbero loro criteri di ripartizione rigidi, negoziando in esclusiva i compensi con i vari utilizzatori».


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martedì 3 settembre 2013

Vini e oli, l'annata promette bene

Il Messaggero, sezione Macro pag. 23, 
3 settembre 2013

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro

LA RACCOLTA
La campagna olivicola si preannuncia carica,
e promette un olio di qualità. La quantità e l’intensità delle piogge, soprattutto in Puglia in cui si concentra oltre il 40% della produzione nostrana, nei due mesi che mancano alla raccolta risulteranno determinanti. «La vendemmia sta già brindando a una buona produzione - afferma Massimo Gargano, presidente dell’Unaprol - Nel nostro settore fare previsioni è un azzardo, però dovrebbe essere un’annata positiva. Permane l’incognita pugliese, perché finora ha piovuto poco. Con la siccità, che dà origine a olii dal sapore legnoso, dovremo rivedere tutte le stime».

L’EXTRAVERGINE
L’olio extravergine resta il nostro fiore all’occhiello,
capace di penetrare mercati inediti e conquistare clientele, sedotte a passare dal burro all’olio, distanti dalla cultura alimentare mediterranea. Nel 2012 in Italia sono stati venduti più di 217 milioni di litri di olio per un valore di 850milioni di euro, con l’extravergine che ha fatturato il 72% del totale. I prezzi per i consumatori sono rimasti stabili. L’export ha registrato un +3,5%, mentre nel primo trimestre 2013 è volato con un +11%. Aumenta la domanda di olii biologici, Igp e Dop. Una categoria di nicchia in cui il Lazio primeggia con quattro Dop: Canino, Tuscia, Sabina e Colline Pontine.

Russia (+18% l’anno scorso) e Cina (8.200 tonnellate esportate)
, oltre al consolidamento (+10% nel 2012) negli Stati Uniti che assorbono il 9% del consumo globale, rappresentano le nuove frontiere. «Questa stagione potrebbe segnare una svolta fondamentale - prosegue Gargano - perché ci siamo dotati di una legge (approvata a dicembre e denominata salva-olio) che consente di tracciare e tutelare il prodotto. Ora attendiamo il definitivo via libera ministeriale al Sistema di qualità nazionale. In un mercato più corretto si riesce a garantire tutti i componenti della filiera. Sarà più semplice far imporre olii di prim’ordine come quelli della Sabina, del Salento, del Cilento, fiorentini, dei colli Martani o del Garda».

LE AGROMAFIE

Le sfide per il settore sono molteplici, a cominciare dal fenomeno delle agromafie che con la contraffazione alimentare ha assunto dimensioni preoccupanti. Un mercato parallelo, per ripulire il denaro, che secondo l’ultimo rapporto Eurispes-Coldiretti sottrae una quota pari a cento milioni di euro. «Le agromafie devono costituire una priorità per le Procure della Repubblica. Deprimono l’economia sostenibile e frenano il nostro sviluppo, immettendo prodotti alterati e di bassa resa». La partita del nostro olio si gioca in Europa, che detiene il 60% della produzione mondiale, e con la concorrenza dei paesi dell'altra sponda del Mediterraneo. Se la Spagna annuncia un anno di estrema carica, la destabilizzazione dell’area magrebina disegna scenari da scrutare con attenzione. «Il Nord-Africa può uscire direttamente dal mercato o deprimerlo - afferma Gargano - Le grandi difficoltà economiche possono spingere a quotazioni troppo basse. La Tunisia rischia di stare fuori. La Spagna ha scelto la strada della mcdonaldizzazione della produzione, mentre il nostro modo di fare non è riproducibile».

Una novità dell’olivicoltura italiana è la presenza di un’imprenditoria al femminile.
Un terzo delle imprese è guidato e composto da donne, che ricoprono vari ruoli soprattutto per la gestione economica e agronomica. Danno un'identità al prodotto, e spesso realizzano intorno all’olivo un’azienda multifunzionale, per esempio con l’agriturismo, rafforzando l’intero sistema.


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European space expo, Galileo e Copernicus: le tecnologie spaziali alla conquista della città

Il Messaggero, sezione Cronaca di Roma pag. 23, 
31 agosto 2013

di Gabriele Santoro




di Gabriele Santoro

LA RICERCA
L’impatto sulla nostra vita quotidiana della ricerca spaziale,
con le proprie innumerevoli applicazioni, è e sarà sempre più tangibile. L’Unione Europea ne ha fatto un cardine delle proprie politiche di sviluppo economico, stanziando per il periodo 2014-20 dieci miliardi di euro utili anche a incentivare la nascita di imprese nel settore. Da dodici mesi la mostra itinerante European Space Expo sta girando il continente, per spiegare ai cittadini europei il cuore di un’attività che propone prospettive di crescita consistenti. Fino a venerdì prossimo sarà possibile visitarla gratuitamente a piazza del Popolo. All’interno di una tensostruttura sferica tredici schermi tattili e interattivi illustrano due progetti fondamentali, Galileo e Copernicus, e le loro possibili applicazioni tecnologiche nel campo dei servizi sulla localizzazione, della mobilità stradale e dei trasporti, dell’agricoltura, dell’aviazione civile, della protezione ambientale e delle telecomunicazioni.

«A livello comunitario investiamo
oculatamente in un ambito promettente - sottolinea Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione UE - che migliorerà la qualità dei servizi e la vita quotidiana, creando occupazione. Galileo costerà complessivamente dieci miliardi e porterà una ricaduta economica positiva, in termini di risparmi o nuove iniziative, per novanta miliardi di euro».

Dall’anno prossimo,
con il lancio in orbita di ventiquattro satelliti Galileo testati il mese scorso a Fucino (L’Aquila), l’UE si doterà di un sistema di navigazione satellitare indipendente ad alta precisione. Già dal 2009 il 6-7% del Pil continentale si basava sui segnali di navigazione forniti dal GPS statunitense. L’Italia con Francia e Germania è sul podio nel settore con grandi aziende leader, e un fermento crescente in quelle medie e piccole. Nel nostro paese, con migliaia di addetti altamente qualificati, lavorano principalmente sulla componentistica, l'assemblaggio, la propulsione elettrica e la traduzione di complesse tecnologie in nuove applicazioni commerciali, a partire dai navigatori per auto.

L’INTERVENTO

«L’innovazione e la creatività sono le strade maestre per stare sul mercato - dice Aurelio Regina, vicepresidente di Confindustria -. Roma dovrà saperle coniugare, perché dalle metropoli viene una spinta decisiva per l’economia». Roma e la sua provincia costituiscono un distretto chiave dell’industria aerospaziale nazionale con ottomila addetti e i due istituti pubblici legati allo spazio (Asi e l’Istituto di Astrofisica). I primi quattro satelliti Galileo mandati in orbita sono stati assemblati dall’italiana Thales Alenia Space, che ha curato la costruzione del telaio dei satelliti e il funzionamento dei pannelli solari che forniscono energia al sistema, nel suo stabilimento sulla Tiburtina. «Questa è la crescita intelligente immaginata dall’Agenda comunitaria 2020 - afferma il sindaco -. Si deve puntare al rafforzamento di un polo tecnologico romano. Siamo pronti a utilizzare per l’amministrazione della città i servizi forniti dal sistema di geoposizionamento satellitare europeo».


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