di Gabriele Santoro
NAPOLI (21 marzo) - Il lungomare Caracciolo, tra Mergellina e Piazza del Plebiscito, è un fiume in piena di gioventù, di speranza e di rabbia trasformata in impegno civile. La gioventù di migliaia di studenti di ogni ordine e grado, giunti nel capoluogo campano con decine di pullman e treni speciali, mobilitati dal lavoro nelle scuole di tutto il Paese dell'associazione Libera.
La speranza di una nuova generazione di italiani che vuole vivere in un paese libero dal giogo mafioso. La rabbia di centinaia di parenti di vittime innocenti della mafia, che hanno fatto del loro dolore uno strumento grandioso di testimonianza civile.
La generazione di Gomorra. La maggior parte dei giovani presenti ha letto il libro di Roberto Saviano o almeno ne ha sentito parlare. Portano sui loro zainetti fettucce bianche con scritte «siamo tutti Saviano». Ballano al ritmo della pizzica salentina, reggono striscioni carichi di significato «Papà mi racconti cos'era la mafia», «Una generazione che non abbassa la testa», «Le mafie uccidono, anche il tuo silenzio». Hanno fatto proprio l'insegnamento di Peppino Impastato: «Bisogna ricordarsi cos'è la bellezza, imparare a riconoscerla e difenderla». Gli studenti dell'Istituto tecnico Montagna di Vicenza non conoscono la mafia nella sua asfissiante quotidianità, ma sanno che non bisogna: «Aver paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti». I bambini di Forcella la camorra, invece, la vivono tutti i giorni nel loro quartiere e mostrano con fierezza i cartelloni con la foto della loro compagna di strada Annalisa Durante, uccisa “per sbaglio” in un agguato camorristico.
Il coraggio dei parenti. I loro occhi sono coperti da occhiali scuri per celare il velo di dolore che neanche il tempo lenisce, ma hanno una parola e un sorriso per tutti: non vogliono più sentirsi soli. Le madri e i padri tengono in mano le immagini dei cari strappati alla vita dalla violenza mafiosa. Vincenzo Agostino ha la barba sempre più lunga e più bianca, in attesa di quella giustizia che lo Stato dopo 17 anni ancora non gli ha garantito per l'omicidio di suo figlio e della moglie Ida Castellucci al quinto mese di gravidanza. La giovane Alessandra Clemente dal palco di Piazza Plebiscito si emoziona, ricordando la mamma, Silvia Ruotolo, freddata dall'errore di un killer, mentre stava tornando nella sua casa di salita Arenella, al Vomero, dopo aver preso a scuola il figlio Francesco, di cinque anni. «Dobbiamo arrabbiarci - dice Alessandra - il dolore è incancellabile. La strada da seguire è quella dell'impegno di tutti e della memoria».
http://www.sosimpresa.it/news.php?id=10234
http://maurobiani.splinder.com/post/20138490/Leader+carismatico
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