di Gabriele Santoro
ROMA – Là-bas, opera prima di Guido Lombardi, è l’occasione per
compiere un viaggio intenso nell’anima nera di Castel Volturno, da decenni
approdo per decine di migliaia di migranti provenienti dall’Africa sub
sahariana attirati dal miraggio di un lavoro stagionale. «Non potevo scegliere
un esordio più complicato: un film sull’immigrazione, recitato da immigrati
attori non professionisti (a parte Esther Elisha e Salvatore Ruocco, ndr), in
cui si parla francese, inglese e in dialetto», scherza il trentottenne regista
napoletano.
In cento minuti di pellicola Lombardi descrive con
schiettezza il sogno svanito di una vita migliore e i traffici illeciti,
spaccio di droga e prostituzione, gestiti da una criminalità d’importazione che
si salda, a volte scontra e prospera all’ombra della dominante camorra
autoctona. La narrazione assume il punto di vista degli africani, che rivivono sul set la propria esistenza precaria. Dopo il successo
ottenuto alla Mostra del Cinema di Venezia, dove ha vinto il Leone del Futuro,
il film prodotto da Eskimo, Minerva Pictures e Figli del Bronx, arriverà nelle
sale italiane il 9 marzo distribuito in quindici copie, di cui due a Roma,
dall’Istituto Luce Cinecittà.
«Gli amici Kader Alassane e Moussa Mone mi hanno fatto scoprire
un pezzo di Africa a pochi chilometri da Napoli. Quanto è facile cedere
all’illegalità quando si vive in una condizione di difficoltà estrema come
quella degli immigrati a Castel Volturno? Nel 2005 intendevo raccontare lo
scontro tra un clan locale e uno africano…». «Poi siamo stati travolti
emotivamente dalla strage del 18 settembre 2008 - prosegue Lombardi -
quando un commando di killer, guidato dal boss dei Casalesi Setola, uccise sei
immigrati ghanesi, estranei a qualsiasi legame malavitoso, in una sartoria sulla
via Domiziana. Una rappresaglia razzista entrata ineludibilmente nel film, che
è dedicato alle vittime e a Joseph Ayimbora. L’unico sopravvissuto alla
mattanza, deceduto improvvisamente per cause naturali il 28 febbraio».
Alassane interpreta l’artista ghanese Yussouf. Sul pullman che
lo porta per la prima volta a Castel Volturno disegna due parole sul proprio
taccuino: lavoro e sogno. Finirà a vendere la droga al servizio dello zio Moses
(Mone), diventato un gangster di zona, con l’incubo di essere ucciso. «Vorrei
che la gente comprendesse il dramma di un sogno infranto - dice Kader Alassane
- e l’assenza di alternative: o sei vittima o carnefice. Spero che il film
arrivi anche in Africa. Tanti giovani si porrebbero la domanda: è meglio
partire o restare a casa»? L’amore impossibile tra Yussouf e Suad (Esther
Elisha), costretta a prostituirsi, regala momenti d’evasione e speranza.
«Ho scoperto
una realtà unica, apparentemente locale, che invece interroga e chiama in causa
tutto il Paese», sottolinea l’attrice bresciana. Emoziona la dignità e l’onestà
nella povertà di Germain (Billi Serigne Faye), sfruttato dal caporalato, che
compie la scelta opposta all’amico Yussouf. La gestazione del progetto è stata lunga e travagliata «come spesso accade per questo genere di film - conclude Dario
Formisano, produttore Eskimo -. Avevamo pochi soldi a disposizione e dal
ministero abbiamo incassato solo l’apprezzamento. Abbiamo creduto nella forza
di una storia avvincente. Nella fase di post-produzione è stato fondamentale
l’impegno di Rai Cinema».