domenica 14 dicembre 2014

Paolo Maurensig: «Riscopriamo il rapporto con la natura e gli animali»

Il Messaggero, sezione Cultura pag. 28,
14 dicembre 2014

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

L’INTERVISTA
Lo scrittore goriziano, di respiro mitteleuropeo, Paolo Maurensig torna in libreria con un'autobiografia sui generis e una notizia da lui a lungo attesa. Il suo romanzo di maggior successo prenderà vita sul grande schermo con una produzione hollywoodiana. Colin Firth dovrebbe essere il protagonista della pellicola ispirata al libro La variante di Lüneburg.

Amori miei e altri animali (Giunti, 160 pagine, 14 euro) è un racconto lungo, che pesca dalla memoria dell’autore aneddoti e curiosità, nelle quali non è difficile immedesimarsi, sul rapporto tra l'uomo e l'animale domestico. Maurensig conserva il proprio stile leggero e raffinato. Il testo propone soprattutto una suggestione di fondo: stiamo rovinando l’equilibrio con l’ambiente. Nella sua visione la riconsiderazione della relazione con i compagni di viaggio a quattro zampe, oltre all’aspetto emotivo, ci aiuterebbe a ritrovare una giusta cognizione della natura, del tempo e del gioco.

Come si è sentito nei panni, per lei inediti, del narratore in prima persona?

«In questo diario ho raccontato me stesso, dall’infanzia in poi, rievocando gli animali che ho avuto accanto e che hanno influito nella mia vita. Nell'epoca della comunicazione totale, che spesso è indistinto rumore, i loro silenzi attivano uno scambio riflessivo. Fra gli esseri umani la comunicazione è frammentaria e condizionata da troppi fattori. Agli animali ci lega un filo non lacerabile di empatia e compassione».

La musica e gli scacchi sono stati il corpus preponderante della sua letteratura. Stavolta perché la natura?
«Appare sempre più evidente il nostro progressivo distacco dalla natura, alla quale ci riporta il legame con l'animale, da cui possiamo imparare molto. Ogni specie, estinta o in via di estinzione, è come l'ideogramma di una stele che, invece di essere riportata delicatamente alla luce con un pennello di setola, viene frantumata. E quando distruggiamo una specie vivente, o anche un suo solo esemplare, ci mettiamo nelle condizioni di rendere sempre più oscuro il significato di quel testo primordiale in cui è racchiuso l'enigma stesso dell’esistenza dell’uomo».

Nelle sue opere il gioco e il tempo sono dimensioni narrative fondamentali, che indaga con costanza.
«Il gioco ci distrae, permettendoci di entrare in un’altra dimensione della vita. È l'antidoto alla morte stessa. Quanto tempo sprechiamo rimuginando sul passato e a costruire castelli di sabbia sul futuro? Finiamo col dimenticarci che l'unico ad appartenerci è il presente, mentre il resto è immerso in uno stato onirico. Gli animali domestici portano il metro della nostra vita. Non sappiamo nulla della loro percezione temporale. Vivono nell’immanenza, la trascendenza non li riguarda: hanno il privilegio di restare in una sorta di eterno presente».

Il bellissimo incipit de
La variante di Lüneburg condensa tutto il fascino umano degli scacchi. L'avvento dell’informatica sta togliendo qualcosa?

«Ai livelli massimi il ricorso al computer, per analizzare soprattutto le aperture, è ormai necessario. Ma dopo le prime dieci, quindici, mosse i giocatori entrano in una terra di nessuno, dove bisogna lavorare con la propria testa. Rimane un gioco appassionante, in cui l'elemento psicologico è determinante. Gli scacchi hanno un grande futuro».

Nella trasposizione cinematografica teme di veder svanire la ricchezza psicologica dei personaggi del romanzo?

«Aspettavo da vent’anni questo momento. Finalmente siamo arrivati alla meta. Mi rende felice il poter contribuire alla stesura della sceneggiatura, consigliando e influenzando quelle che saranno le scelte. Ci sono tutte le condizioni, affinché sia un bel film: una produzione da Oscar. Certamente si perderà molto del libro, ma conto si realizzi un’opera di valore dai dialoghi alla colonna sonora».


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giovedì 11 dicembre 2014

Spike Lee: «Negli Usa cresce la rabbia, battiamoci contro il razzismo. Un film sulla rivolta»

Il Messaggero, sezione Cultura&Spettacoli pag. 1-27,
11 dicembre 2014

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

L’INTERVISTA
A chi gli domanda per quale squadra di calcio faccia il tifo, Spike Lee risponde a propria volta con un'interrogazione: «Chi ha dipinto e a quale epoca risalgano gli affreschi di Palazzo Barberini?». Ieri, ospite della nona edizione della rassegna Il gioco serio dell'arte curata da Massimiliano Finazzer Flory, ha incontrato il pubblico romano, prima di godersi un rapido tour italiano all'insegna dello sport. Prima allo stadio Olimpico per la Champions League: «D'abitudine parteggio per il Manchester United, dunque una ragione in più per sostenere la Roma». Il suo nuovo film Sweet Blood Of Jesus parlerà di persone dipendenti dal sangue pur non essendo vampiri, «un'allegoria». Ma l'occasione è propizia per cercare di capire con il regista di Malcolm X che cosa stia avvenendo Oltreoceano, dove cresce il subbuglio per il susseguirsi di casi di uccisione di giovani afroamericani da parte della polizia.

Nei mesi scorsi, all'indomani della morte di Eric Garner, lei ha montato un breve video, che sovrappone le immagini di questo omicidio con quelle girate per Fa' la cosa giusta (1989), in cui l'afroamericano Radio Raheem viene strangolato con il manganello da un poliziotto. Trent'anni sono trascorsi invano?
«Qualcosa è cambiato, qualcos'altro evidentemente no. Nella relazione tra le forze di polizia e gli afroamericani, o le comunità ispaniche e asiatiche, permane un antico, odioso, retaggio violento. È deprimente che dopo venticinque anni su questo fronte non siano stati compiuti progressi significativi».

Lunedì Obama, nel corso di un'intervista al canale Black Entertainment Television, ha ammesso che il razzismo sia una malapianta ancora profondamente radicata nella società statunitense. Ha invitato i giovani a perseverare nella lotta contro la discriminazione, rinunciando alla violenza. Si ripropone il bivio che divise il reverendo King da Malcom X?
«In America molte persone sono arrabbiate. E mi piace affermare, senza paura di essere smentito, che non si tratta solo dei neri. Quand'è che prevarrà la giustizia? Se gli Stati Uniti suppongono di essere il faro mondiale dei sistemi democratici ciò non è ammissibile. Già le scelte politiche e militari post 11 settembre hanno messo molte presunte certezze in discussione. Non è il momento di riproporre quello schema. Il presidente Obama ha detto che si può e deve manifestare pacificamente. Non è di nessuna utilità alla causa appiccare il fuoco nel tuo quartiere o al vicinato. E non posso che essere d'accordo con lui. Posso aggiungere una cosa?»

Prego.
«L'interpretazione di Denzel Washington nel biopic Malcom X è stata una delle migliori nella storia del cinema. Avrebbe dovuto vincere l'Oscar. Lo ricordi».

Le manifestazioni possono contribuire al cambiamento?
«I gruppi di protesta, che hanno fatto il giro delle televisioni nel mondo, sono assai trasversali e compositi. Sono nutriti e uniti dal sentimento di incomprensione e rabbia verso l'amministrazione della giustizia, nello specifico nella figura del Grand jury. Non mi arrogo il ruolo di portavoce di nessuno, ma ho preso parte alle proteste a Staten Island. Sono sceso in strada con la mia bicicletta, e mi ha colpito l'energia vitale di quel movimento. Insomma i giovani credono ancora nel futuro».

Le decisioni dei Grand jury di Missouri e New York di non incriminare i responsabili delle morti di Michael Brown ed Eric Garner ci dicono che lo Stato, come altrove, rinuncia a giudicare se stesso?
«La mancata incriminazione dei poliziotti è un atto grave. Il legame del Grand jury con la polizia è promiscuo, tale che non lavorino duro, andando fino in fondo per la ricerca della verità. A comandare è la polizia, che non viene messa in stato d'accusa. In questi casi la giurisdizione dovrebbe passare a procuratori speciali, che garantiscano di essere sopra le parti».

Lei immagina di raccontare questa rivolta nella veste di documentarista?
«Molti mi chiedono di farlo. E ci sto seriamente pensando».

Lo sport nel cinema è spesso il pretesto per narrare altro. Nel suo He got game il basket divenne metafora di libertà, emancipazione e perfino redenzione. L'invasività nello sport della diretta televisiva e del suo linguaggio sta sottraendo le possibilità del cinema?
«No. Non intravedo questo rischio. Da sempre ho utilizzato diversi mezzi per rappresentare la mia disciplina preferita e non solo. Il cinema e lo sport moderno nacquero insieme. Nella declinazione dei diversi generi cinematografici offre ancora opportunità narrative».

È uscito recentemente un suo documentario dedicato al coach leggendario Phil Jackson, da qualche mese manager plenipotenziario dei suoi amati New York Knicks. Riuscirà a risollevarne le sorti?
«Domanda terribile. Prego affinché riesca in una missione quasi impossibile. Mi manca il vostro giocatore più forte, Gallinari, passato a Denver».


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domenica 7 dicembre 2014

Orologi atomici mai così precisa la misurazione del tempo

Il Messaggero, sezione Macro pag. 1-20,
7 dicembre 2014

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro

LA SCOPERTA

«Entro tre o quattro anni saremo in grado di ridefinire a livello globale la misurazione del secondo. In laboratorio applichiamo già, con gli orologi atomici d'ultima generazione, sviluppati anche da noi, la nuova misura del tempo universale. Ora dobbiamo riuscire a rendere questi oggetti riproducibili, in modo da uniformare lo standard», annuncia Massimo Inguscio, presidente dell'Istituto Nazionale di Metrologia. Il consesso per la ratifica della convenzione sarà la Conferenza Internazionale Pesi e Misure, che si riunisce con cadenza quadriennale.

SPETTROSCOPIA
Il professore, ordinario di fisica della materia e direttore del Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare, evita il termine rivoluzione. Preferisce usare l'espressione «progressi drammatici», per evidenziare l'impatto crescente degli studi metrologici. Nel convegno torinese, che ha appena celebrato gli ottant'anni dell'Inrim, è apparsa ormai matura la possibilità d'introdurre un più preciso calcolo del secondo. Il margine di errore è equivalente a un secondo sul tempo di tutta la vita dell'universo.

L'unità non sarà più registrata con l'orologio all'atomo di cesio, che assicurava la precisione di un milionesimo di miliardesimo di secondo, ma dall'atomo itterbio, arrivando al miliardesimo di miliardesimo. La misura della luce, elemento chiave per i metrologi, che pilota questi orologi atomici ottici, accresce dunque di cento volte la puntualità.

IL RUOLO DELLA GRAVITÀ

Non si potranno prevedere ancora i terremoti, però rileveremo con maggiore accuratezza le deformazioni della crosta terrestre, gli stress e le tensioni che l'agitano. Il tempo diventa così determinato dalla nostra capacità di seguire l'evolvere della gravità terrestre, e studiare il turbamento provocato dagli effetti gravitazionali, che ritardano o accelerano l'orologio. In altre parole sono strumenti tanto sensibili agli effetti previsti dalla legge della relatività generale da percepire un tempo diverso anche fra dislivelli minimi di altezza. Sarà più esatta la localizzazione Gps, grazie all'evoluzione degli orologi atomici a bordo dei satelliti. Miglioreranno i sistemi di comunicazione wireless. Potremo verificare leggi fondamentali della natura e disporre di maggiore precisione nella fisica fondamentale.

LUCE INFRAROSSA
Questi battiti di tempo tremendamente precisi viaggiano, e sempre più viaggeranno, a cavallo della luce infrarossa su una fibra ottica dai laboratori dell'Inrim. «Il nostro sogno è di unificare l'Italia, mettendola in sintonia col tempo in fibra - racconta Inguscio -. Per ora siamo collegati con i laboratori a Milano, Bologna e Firenze, ma sarà molto importante raggiungere Matera e la Sicilia. Il passaggio in fibra in un tunnel sotto le Alpi ci aprirà all'Europa. Sarà bellissimo unirsi agli altri istituti di metrologia europei. Immaginiamo la ricaduta di un tempo assoluto, uguale poi in tutto il mondo, sugli scambi commerciali e finanziari».

LA BORSA

Un esempio pratico? «Il segnale di tempo con le fibre lo mandiamo anche nei distretti finanziari. Gli inglesi lo fanno già con la City, dove le compravendite di azioni e titoli si giocano su una risoluzione temporale di millisecondi. Nel pianeta globalizzato e iperconnesso è risolutiva la sincronizzazione del flusso delle informazioni, grazie a orologi che «ticchettano» al miliardesimo di secondo».

CONTARE GLI ATOMI

Nella due giorni torinese, alla quale hanno partecipato i premi Nobel per la fisica David Wineland (2012) e William Phillips (1997), è stata affrontata anche la questione della riconsiderazione prossima del chilogrammo. Questa unità di misura di massa di platino-iridio, conservata a Sèvres presso l'Ufficio Internazionale dei pesi e delle misure, potrà essere riprodotta da ogni laboratorio nazionale, che realizzerà il proprio campione di chilo basandosi su parametri unici. La ridefinizione deriverà dal contare gli atomi contenuti in una sfera di silicio, utilizzando il numero di Avogrado. Ma c’è dell’altro.

Le frontiere della ricerca metrologica evolvono anche di pari passo con lo sviluppo delle nanotecnologie, i cui riflessi sono decisivi sulla produzione farmacologica. La metrologia della chimica, e della nanochimica, mira ai processi produttivi delle nanoparticelle. E per l'efficacia del farmaco, e soprattutto per evitare danni sull'essere umano, la dimensione delle nanoparticelle deve essere quanto più standardizzata.

L’ITALIA

L'avanguardia italiana nel settore emerge nell'elaborazione di sistemi per la sicurezza alimentare. Sono state sviluppate tecniche molte raffinate per la tracciabilità e la valutazione della qualità degli alimenti. L'Ue ha di recente approvato un programma Inrim per la misurazione dell'umidità nei cibi. La quantità di quest'ultima incide fortemente sul grado nutritivo e la digeribilità del prodotto.
«La metrologia è una scienza lenta. La nostra rivoluzione consiste nello spingerci fino all'esattezza massima dei campioni noti del tempo, della lunghezza e delle altre unità fondamentali. Misurare significa conoscere. E gli standard assoluti innovativi, che validiamo, saranno riferimento indispensabile per l'organizzazione del mondo e la produttività», conclude Inguscio.


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