Il Messaggero, sezione Tutta Roma Agenda pag. 57,
14 dicembre 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
L’INTERVISTA
«Da quella volta non l'ho rivista più, cosa sarà della mia
città. / Non so perché stasera penso a te, strada fiorita della gioventù. / È
troppo tardi per ritornare ormai, nessuno più mi riconoscerà», cantava il
profugo polese Sergio Endrigo, raffigurando la tragedia degli italiani
d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia privati, dopo la Seconda Guerra Mondiale,
della terra madre e stranieri in patria. Una storia scomoda e complessa che
Simone Cristicchi porterà in scena da martedì a domenica al Teatro Sala Umberto.
Magazzino 18: un monologo, con la regia di Antonio Calenda, in cui si
incontrano il teatro civile e la musica del cantautore romano.
Perché ha scelto di far partire il viaggio della memoria da un luogo evocativo come il Magazzino 18 al Porto Vecchio di Trieste?
«È un luogo pieno di oggetti personali che restituisce la lacerazione interiore provocata dalla diaspora, conseguenza diretta della carneficina delle Foibe e delle condizioni del Trattato di Parigi del 1947. Interpreto l’archivista ministeriale Persichetti, che incaricato di stilare l’inventario del magazzino svela un giacimento di ferite mai rimarginate. Il personaggio, con i tratti della romanità di Alberto Sordi e Aldo Fabrizi, da italiano medio scopre e coinvolge gli spettatori in un dramma rimosso dalla coscienza nazionale».
Le cause dell’oblio furono molteplici. A partire dall'interesse occidentale di non disturbare Tito, funzionale in chiave antisovietica. Lei ha scelto di mettere da parte la politica per raccontare le storie individuali?
«Lo spettacolo rappresenta un omaggio a centinaia di migliaia di persone che sono state dimenticate. Metto al centro il dolore di comunità di cui troviamo traccia in quasi ogni città italiana. A Trieste, e nelle altre città del Nordest, in cui è arrivata la tournée sono stato travolto dall’emozione che accomuna diverse generazioni. I profughi, costretti ad abbandonare le proprie case dopo la cessione dei territori alla Jugoslavia di Tito, hanno pagato il prezzo più alto nel periodo postbellico».
Crede si riesca a
liberare la storiografia dalle paradossali strumentalizzazioni ideologiche e
dalle amnesie, rendendola patrimonio condiviso del Paese?
«Sui fronti politici estremi, tanto a destra quanto a sinistra, si manifestano ancora sacche di resistenza. Ma è giunto il tempo di costruire una visione comune. Il vero j’accuse dello spettacolo è nei confronti dell’Italia: si critica la colpevole damnatio memoriae di Stato sulla vicenda. Gli esuli erano fascisti e antifascisti: più semplicemente italiani dei quali si prevedeva la rimozione senza distinzioni. Qualcosa di più della rappresaglia o vendetta per i misfatti nazifascisti in terra jugoslava. L’esodo istriano è stato uno sradicamento culturale mai più ricomposto».
«Sui fronti politici estremi, tanto a destra quanto a sinistra, si manifestano ancora sacche di resistenza. Ma è giunto il tempo di costruire una visione comune. Il vero j’accuse dello spettacolo è nei confronti dell’Italia: si critica la colpevole damnatio memoriae di Stato sulla vicenda. Gli esuli erano fascisti e antifascisti: più semplicemente italiani dei quali si prevedeva la rimozione senza distinzioni. Qualcosa di più della rappresaglia o vendetta per i misfatti nazifascisti in terra jugoslava. L’esodo istriano è stato uno sradicamento culturale mai più ricomposto».
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1 commento:
Leggenda Istriana.(di Anonimo Istriano)
Le candele per noi accese si stanno spegnendo una ad una.....
La notte giunge, ormai,
ne ci sarà più alba!
Un giorno, forse, si racconterà
di un popolo che per viver libero
andò a morire lontano,
lontano dal proprio mare
e da una terra rossa che,
vista dall`alto sembra un cuore insanguinato.....
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