domenica 26 agosto 2012

Faye Kellerman racconta il suo Kippur

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 19,
26 agosto 2012

di Gabriele Santoro

Intervista alla giallista statunitense Faye Kellerman


di Gabriele Santoro

ROMA – Dell’autrice statunitense Faye Kellerman può impressionare la longevità di un successo editoriale che dal 1985 con Il bagno rituale non incontra pause (20 milioni di copie vendute, 19 volte best seller del New York Times). Può colpire il metodo di lavoro: quando si tratta di scrivere con il marito Jonathan Kellerman, anch’egli giallista da record, si ritirano in completo isolamento, ognuno nella propria stanza, in una multiproprietà abitativa immensa sulle colline di Santa Fe. Ma in realtà ciò che stupisce è come riesca a rinnovarsi, raccontando e restituendo la complessità delle sue radici culturali e religiose, lei ebrea osservante, contestualizzandole nei ritmi narrativi di un noir.

La casa editrice Cooper dopo Il bagno rituale, Sacro e profano e Miele, ha pubblicato per i lettori italiani un quarto episodio (sono 23 dall’85) della serie, Kippur (440 pp, 20 euro), che vede sempre protagonisti Peter Decker e Rina Lazarus. Questa volta il romanzo è ambientato nella comunità ebraica di Brooklyn, dove i due investigatori stanno trascorrendo il viaggio di nozze, prima di essere chiamati a risolvere il caso della sparizione dell’adolescente Noam, ebreo ortodosso.

Come è nata la sua passione per il thriller?
«Innanzitutto sono sempre stata una lettrice appassionata di questo genere letterario, che ci parla della vita e della morte. E che cosa c’è di più importante? Il crimine, anche indirettamente, coinvolge tutti. Non mi è mai interessato rappresentare la violenza in sé stessa, ma contestualizzarla nell’ambiente sociale che intendo descrivere. Quando ricostruisci le dinamiche di un omicidio ti rivolgi e poni domande alla società».

Quali tematiche affronta in Kippur?
«Come negli altri episodi della serie esploro il male e un peccato, intorno al quale immagino una storia capace di attirare l’attenzione del lettore. In Kippur si possono rintracciare tutti gli elementi che accomunano i miei romanzi: una fedele descrizione dei luoghi; i costumi e le tradizioni di una comunità ebraica; il ruolo della famiglia che può essere una protezione o una gabbia; il racconto dei tratti essenziali di una cultura con le sue chiusure ed aperture».

Ci presenta la famosa coppia di sposi investigatori formata da Peter e Rina?
«Peter Decker è un detective della polizia di Los Angeles. Vive un sentimento religioso secolarizzato, ma le sue origini e l’amore per la seconda moglie, l’osservante Rina Lazarus che lo assiste nelle indagini, lo spingono verso l’ebraismo e i suoi rituali. Come molti poliziotti con cui mi sono confrontata, quando rientra a casa sente il bisogno di credere in qualcosa di migliore della realtà criminale della strada».

A chi si rivolge con i suoi libri?
«La comunità ebraica statunitense conta circa sei milioni di persone: narro di loro, ma riesco a rivolgermi a tutti, sfuggendo agli stereotipi e alle generalizzazioni. I personaggi delle mie opere non sono uno strumento politico nelle mani di Israele: piangono, ridono e rincorrono le aspirazioni di benessere che accomunano ogni essere umano. A me interessa raccontare le loro vite e farle conoscere».

Nella sua letteratura è forte il richiamo alle radici. Quanto è difficile mantenerle nel nostro mondo globalizzato?
«È fondamentale coltivare le proprie radici e non arrendersi ai marchi che ci pretendono tutti uguali nel mangiare, nel vestire o nel tempo libero. Mostrare anche pubblicamente la mia religiosità non è mai stato un limite: può aiutare ad orientarsi, accettando però di contaminarsi ed essere parte della realtà che ci circonda».

Il linguaggio che utilizza è molto diretto e accessibile. È il segreto per arrivare a tutti?
«Presto la massima attenzione, affinché le mie parole appartengano alla storia. A ciascun personaggio si addice un linguaggio, a volte anche duro, e il mio compito è scegliere il registro più utile a raffigurarlo».

martedì 21 agosto 2012

Super Datome trascina l'Italia contro la Turchia di Tanjevic e l'Eurobasket '13 si avvicina

http://www.ilmessaggero.it/sport/altrisport/europei_basket_italia_turchia/notizie/215172.shtml
di Gabriele Santoro

ROMA - Una serata così Gigi Datome l’aveva sognata a lungo e preannunciata con un cinguettio su Twitter: «C’è voglia di impresa». L’Italbasket brucia, 78-69, in rimonta la temibile Turchia di BodganTanjevic e avvicina sensibilmente la qualificazione all’Europeo del 2013. Un eventuale successo in Bielorussia (a Minsk il 28 agosto) consentirebbe di prenotare, a meno di sorprese negative clamorose, il biglietto per la Slovenia.

L’ala (23 punti, 5/6 da2, 5/7 da3) di Olbia, davanti al pubblico sardo di un PalaSerradimigni stracolmo, disputa la partita perfetta ed è il trascinatore nella cavalcata vincente del quarto periodo (27-14 in 10’). Per 36’ (dal 51-61 del 32’ al 64-64 del 36’) gli azzurri rincorrono e sbattono contro i muscoli della selezione turca, guidata dal prospetto Karaman e il centro Erden, ma non smarriscono mai l’entusiasmo, la fiducia e la coesione. Un altro protagonista della sfida è Daniel Hackett: il ragazzo di Pesaro ha un’energia incontenibile e rappresenta il volto di un’Italia senza paura. Determinante anche l’apporto di Gallinari che risponde alla fisicità degli avversari. Prima della palla a due il presidente federale Meneghin omaggia Tanjevic: rivederlo urlare e infiammarsi a bordo campo è una gioia per tutti gli appassionati di pallacanestro.

La partita. Dopo un avvio timido su entrambi i lati del campo (0/5) Gallinari, schierato in quintetto base, suona la sveglia con 5 dei primi 7 punti dell’Italia, 7-4 al 4’. La Turchia impone subito la sua grande fisicità e approfitta di una difesa leggera, attaccando con continuità il ferro, 9-12 al 7’. Il giovane talento Karaman domina a rimbalzo e imperversa nell’area dei tre secondi con diversi numeri del suo repertorio, 11-18 all’8’. Pianigiani chiama Datome e Hackett dalla panchina: il primo scuote il pubblico con una tripla importante, il secondo alza l’intensità difensiva, 14-18 al 10’.

Nel secondo periodo
l'Italia continua a trovare l’area affollata (8/24 da2 al 20’) e non riesce a scardinarla con il tiro da fuori (2/7 da3 al 20’). L’esperto Arslan (5 punti) penetra con troppa facilità e Karaman (10 punti) allarga il divario, 22-34 al 17’. Preldzic crea sempre pericoli, mentre Erden stoppa qualsiasi avversario si avvicini al tabellone. Gallinari (8 punti) è l’unico a contrastare lo strapotere atletico (23-19 a rimbalzo) dei turchi e guadagna viaggi in lunetta (6/7 da1). Datome (6 punti) decolla e inchioda una schiacciata stellare. Hackett (8 punti), a fil di sirena, piazza una tripla di tabella che infonde coraggio, 32-36 al 20'.

Al rientro dall’intervallo
lungo i turchi continuano a gestire ritmi ed inerzia. La nazionale fatica tantissimo in attacco, ma con Datome ed Aradori resta sempre agganciata, 51-53 al 29’. In apertura dell’ultimo quarto la gara sembra scivolare via con un break negativo di 8-0, 51-61. Datome si prende tutte le responsabilità in attacco con il lay-up e la tripla che riaccendono la luce. Hackett ha un’energia incontenibile e con Aradori in contropiede firmano l’aggancio, 64-64. La Turchia perde lucidità, mentre l’ala della Virtus Roma esalta il PalaSerradimigni con la quarta tripla personale e la schiacciata che scava il solco definitivo, 71-64 al 38’. Preldzic dà l’ultimo brivido con un gioco potenziale da 4 punti, 71-67. Cavaliero inventa una tripla ignorante e poi c’è spazio per lo spettacolo: Datome in contropiede serve a Gallinari l’assist per la schiacciata, in reverse, della gioia.

lunedì 13 agosto 2012

La scrittrice messicana Valeria Luiselli rivela i Volti nella folla

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 19,
13 agosto 2012

di Gabriele Santoro

Intervista a Valeria Luiselli sul romanzo d'esordio
Volti nella folla


domenica 12 agosto 2012

Basket Olimpiadi, la Spagna regala spettacolo ma l'oro va ai fenomeni Nba

 http://www.ilmessaggero.it/olimpiadi/basket_usa_spagna_dream_team_olimpiadi/notizie/213717.shtml
di Gabriele Santoro
LONDRA - L’abbraccio intenso, dopo la sirena del 40’, tra i compagni di squadra ai Los Angeles Lakers, Pau Gasol e Kobe Bryant restituisce l’istantanea più bella di una finale olimpica strepitosa. Alla North Greenwich Arena gli Stati Uniti confermano, 107-100, la medaglia d’oro di Pechino 2008 (allora finì 118-107), ma il talento ben organizzato della Spagna offre alla platea londinese e mondiale uno spettacolo emozionante.

Le triple della “bomba” Navarro (21 punti, 4/9 da3)
, tornato a splendere a dispetto della fascite plantare che lo affligge, la verticalità dello stoppatore Ibaka (12 punti, 9 rimbalzi) e la premiata ditta Gasol&Gasol (24 punti, 7 assist, 8 per Pau; 17 punti in 17’ d’impiego con 6/8 da2 per il fratello Marc) tengono in equilibrio la sfida fino al 33’, 93-86, quando lo strapotere tecnico e fisico di Kevin Durant (30 punti, 9 falli subiti) incrina la convinzione degli iberici. LeBron James (19 punti) si esalta nell’ultimo quarto, mentre Bryant (17 punti) appare in tutte le fasi determinanti.

Il Dream Team di Barcellona ’92 non è avvicinabile
, ma gli eredi restano i padroni del gioco. Dopo la fase eliminatoria, dominata in scioltezza, Bryant&Co hanno dimostrato rispetto per l’Argentina di Manu Ginobili e hanno saputo soffrire nell’epilogo comunque vincente contro gli spagnoli. La Spagna, dopo un torneo difficile in cui non ha espresso il meglio della propria pallacanestro, rimane la seconda potenza cestistica su scala globale con alle spalle un bacino di giovani a cui attingere. Il dato statistico degli assist (ben 22 per la Spagna) dà la misura della qualità di un sistema in cui tutti si passano la palla per cercare, insieme alle giuste spaziature, il miglior tiro possibile.

I numeri della finale.
Gli Stati Uniti chiudono con il 58% da2 (19/33), il 41% da3 (15/37) e 77% ai liberi. La Spagna con il 54%, il 37%, l’84% e tiene botta ai rimbalzi (37-35).

La partita. La squadra allenata dall’italiano Sergio Scariolo scende sul parquet con lo spirito leggero di chi ha già ottenuto un risultato importante e ha l’intenzione di provarci. Il coach dell’Olimpia Milano vara subito la difesa a zona, sperando di limitare il divario fisico con gli avversari. Mike Krzyzewski, tecnico leggendario di Duke University che ha guidato la ricostruzione del team Usa e ora lascerà l'incarico da ct, sceglie il solito starting-five con il lungo Chandler, ma è con l’ingresso di Carmelo Anthony (8 punti in 2’) e il quintetto “piccolo” che trova la prima fuga (break di 18-2), 25-16 al 6’, dopo la partenza superlativa di Navarro (12 punti in 4’).

Durant (12 punti al 10’) è semplicemente immarcabile
, 35-27. Rudy Fernandez si accende e dalla panchina il play Rodriguez, innescato da Gasol, sorpassa, 37-39 al 12’. Gli statunitensi forzano eccessivamente dalla lunga distanza, ma la solidità di Kevin Love garantisce un’altra dimensione interna, 50-44 al 15’. Navarro è indemoniato (19 punti segnati all’intervallo lungo) e un pasticcio di Iguodala (palla persa a centrocampo e fallo antisportivo commesso) premia lo sforzo delle Furie Rosse, 59-58 al 20’.

Nel terzo periodo sale in cattedra Pau Gasol: la stella catalana spaventa i colleghi Nba abbinando alla classe cristallina il furore agonistico. I compagni lo cercano con continuità e lui non sbaglia nulla (13 punti in 10’), 70-71 al 35’. Kobe Bryant annusa il momento decisivo della gara: tripla e tiri liberi per il nuovo +5, 77-72. Ibaka risponde con coraggio e precisione dalla lunetta a due triple micidiali di Durant, 83-82 al 30’. Scariolo ritrova Marc Gasol, a lungo in panchina con quattro penalità, ma sul + 10 firmato Bryant, 97-87 al 35’, avverte che il sogno sta svanendo. Chris Paul si prende la regia e LeBron James, fino a quel momento non pervenuto, indovina le due giocate decisive compresa la tripla che chiude la contesa, 102-93 al 38’.

Bronzo alla Russia. In mattinata il talentuoso play russo Shved (25 punti) ha tolto, 81-77, all’Argentina con un finale di gara emozionante la gioia del bronzo. Manu Ginobili (21 punti), protagonista assoluto di questo torneo con l’altro fenomeno sudamericano Luis Scola, non riesce così a coronare con l’ultimo titolo un ciclo forse irripetibile per l’Albiceleste.

mercoledì 8 agosto 2012

Carlo Verdone mattatore all'Isola del cinema

Il Messaggero, sezione Tutta Roma Giorno e notte pag. 45,
8 agosto 2012

di Gabriele Santoro


http://www.ilmessaggero.it/spettacoli/cinema/verdone_isola_tormentone_roma/notizie/212906.shtml
di Gabriele Santoro
ROMA - Carlo Verdone si è presentato puntualissimo, con il fratello Luca, all'appuntamento con il pubblico romano accorso numerosissimo all'Isola Tiberina per la proiezione della sua ultima commedia, “Posti in piedi in paradiso”: il tempo di un cocktail e un breve dialogo con l'assessore capitolino alla Cultura Dino Gasperini e il direttore artistico dell'Isola del cinema Giorgio Ginori, poi di corsa in sala concedendosi all'abbraccio della gente con sorrisi ed autografi.

I posti in platea vanno subito esauriti e il ponte Fabricio,
da cui si vede bene lo schermo, si trasforma in una galleria dove si affolla chi è rimasto fuori. Il regista si è soffermato a parlare anche i lavoratori in subbuglio degli Studios di Cinecittà. «Ho girato molto lì e sono vicino alla loro ragioni. I nostri film sono esaltati dal talento con cui svolgono il loro mestiere. E' importante che non avvenga nessun licenziamento».

La serata si è aperta con il ricordo di Renato Nicolini,
creatore ed anima dell'Estate Romana. «Questo è un film a cui tengo molto - confessa Verdone al pubblico presente - che ha riscontrato il favore degli spettatori e della critica. L'idea era di rappresentare attraverso il tono leggero proprio della commedia un argomento attuale e drammatico come la precarietà economica, dal punto di vista dei padri separati». Una volta partita la pellicola, il regista si trasferisce allo stand della Minimum Fax per autografare le copie del suo libro “La casa sopra i portici”. La serata è stata condotta da Giorgio Ginori.

Dopo oltre un mese di proiezioni (duecento film in settantasette serate prolungate fino al 9 settembre) ed incontri, il bilancio dell’Isola del cinema è in attivo con un numero di presenze prossimo a quello registrato nello stesso periodo del 2011. «Ma è ad agosto - sottolinea Giorgio Ginori, direttore artistico della manifestazione -, che storicamente abbiamo la partecipazione maggiore con i tanti romani che per diverse ragioni trascorrono le vacanze in città». Per loro sono quanto mai indovinate le strofe del tormentone estivo «...Resto a Roma» contenute nel videoclip presentato dal protagonista stesso, Carlo Verdone, all’Isola del cinema: «Per l’estate che se fa’/Mare sole e relax/Vado a Cuba a rimorchia’/o a Ibiza a balla’/Lascia sta’ non se po’ fa’/ C’ho il lavoro che non va/ la benzina sta a aumenta’/ devo solo risparmia’/Resto a Roma (Mi conviene)...».

«Nella programmazione della diciottesima edizione
della manifestazione - spiega Ginori - abbiamo seguito tre idee guida: dare una vetrina, attraverso la proiezione di dieci film che hanno riscosso l’attenzione del pubblico (da “Acab” di Stefano Sollima a “Scialla!” di Francesco Bruni), ai nuovi talenti del nostro cinema con il Premio Opera Prima Banca Marche; aprirsi al mondo accogliendo per la sezione internazionale registi e opere provenienti da tredici paesi diversi ed aumentare le iniziative che rendano lo spazio dell’Isola Tiberina un punto di riferimento per tutta la città». In questa direzione va la novità del concorso titolato “Mamma Roma”, per rendere omaggio al capolavoro del 1962 di Pier Paolo Pasolini Anna Magnani, rivolto a tutti gli appassionati ed amatori della settima arte che vorranno presentare entro Ferragosto un cortometraggio della durata massima di cinque minuti che racconti per immagini il proprio quartiere. Verdone superstar all’Isola Tiberina ha concluso la serata con una cena insieme al fratello Luca, senza smettere di essere disponibile con i suoi fan ai quali ha offerto un’occasione unica di risate dal vivo, autografi e strette di mano.

domenica 5 agosto 2012