Il Messaggero, sezione Macro pag. 1-23,
23 novembre 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
LA SFIDA
Il passaggio di consegne tra il maestro e l’allievo era
atteso. E il norvegese Magnus Carlsen non ha tradito le aspettative: a
ventiduenne anni è il nuovo campione del mondo degli scacchi, avvicinando il
mentore Garry Kasparov, che per poche settimane rimane il più giovane di
sempre. Inoltre è il primo occidentale a conquistare il titolo dal 1975, quando
vinse l'americano Bobby Fischer. A Chennai, in India, ha battuto il
quarantatreenne detentore del titolo Viswanathan Anand. Il successo segna una
rottura generazionale per il gioco, che ha recuperato l’attenzione mediatica
delle grandi sfide del passato.
Il talento, cresciuto nel sobborgo di Oslo, ha piegato psicologicamente l’avversario con la resistenza fisica e la capacità fondamentale di decostruire le sue mosse. C’è chi lo definisce l’ingresso nell’era post moderna degli scacchi: Magnus ha avuto la stessa forza delle analisi prodotte dai computer nel condurre Anand all’umano errore. Carlsen trova insoddisfacente confrontarsi con il mezzo meccanico, ma lo strumento è ormai un sostegno fondamentale.
LA FAMIGLIA
Gli scacchi rappresentano la passione di famiglia. Il padre,
Henrik, era un giocatore di discreto livello e ha sostenuto la crescita del
figlio, viaggiando per migliaia di tornei in tutta Europa. Già da piccolo
Magnus dimostrava doti mnemoniche e matematiche fuori dal comune. La scuola
però l’annoiava, e ha rinunciato a diplomarsi. Faccia da bambino, e carattere
introverso, ha sempre cercato di condurre un’esistenza normale. A tempo perso
si diverte a posare anche da modello. «È facile ossessionarsi con gli scacchi.
Amo il gioco e competere, ma non avverto questa ossessione. Sì, sono forte. Ma
alla gente chiedo di considerarmi come un qualsiasi mio coetaneo», raccontò a
Time.
Più che alla bellezza e alla poesia degli scacchi punta alla sostanza: «Considero la partita un combattimento». Lo stile aggressivo che l'ha sempre contraddistinto si è arricchito delle intuizioni e dell’abilità unica nel piazzare i movimenti più spiacevoli per il contendente. Un intreccio fenomenale tra creatività, memoria e studio. I numeri della carriera raffigurano il cammino di un predestinato: a tredici anni guadagna il titolo di Gran Maestro; nel 2010 scala la graduatoria mondiale fino al primo posto e l’anno successivo il parlamento norvegese lo insignisce del premio Arets Peer Gynt.
DOTI SPECIALI
Alla vigilia del mondiale Kasparov aveva predetto una sfida
equilibrata, senza nascondere la propria vicinanza al norvegese. Il russo l’ha
seguito per un periodo intenso di allenamenti, riconoscendone le doti speciali.
Dopo “Mozart degli scacchi”, l’ha soprannominato Harry Potter. Più che su
questioni tecniche l’allenamento si è concentrato sul metodo: la costruzione di
un’etica del lavoro e un prezioso scambio di esperienze.
LE SUE TECNICHE
«Io e lui - ha spiegato Kasparov - abbiamo stili differenti.
Ricalca campioni quali Karpov, Capablanca o Smyslov. Il suo punto di forza è
riuscire a valutare le posizioni: spesso rompe situazioni cristallizzate di
equilibrio, sfruttando le imprecisioni dell’avversario. Riesce a imporsi anche
dalla difesa, ribaltando situazioni sfavorevoli. Sono felicissimo per la
vittoria: il futuro appartiene alle nuove generazioni, alle quali spesso
tagliamo le ali». Anche in India Kasparov non ha rinunciato al ruolo di
oppositore del sistema, sollecitando la classe dirigente della federazione
internazionale a una svolta della propria politica.
Questa vittoria preannuncia un dominio duraturo?
Probabilmente. Ma sulla propria strada Magnus Carlsen potrebbe incrociare a
breve l’italiano Fabiano Caruana: un classe ’92, già salito al quinto posto della
classifica mondiale, che prefigura un nuovo esaltante duello al vertice degli
scacchi.
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