mercoledì 19 giugno 2013

Festival Trame, il linguaggio può abbattere l'omertà delle mafie

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 28, 
19 giugno 2013

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro


RASSEGNA

La lotta alle mafie è anche, se non soprattutto, una questione culturale. Una questione di linguaggi e buone pratiche che possano abbattere quel muro di collusioni e silenzi nel quale prosperano i clan. L’Italia dell’antimafia vera, fatta quotidianamente e coraggiosamente sui territori, chiede di essere raccontata.

E il Festival Trame, diretto da Gaetano Savatteri, a Lamezia Terme interpreta questa esigenza con una cinque giorni (da oggi a domenica) ricca d’incontri e dibattiti (cento ospiti e oltre quaranta libri presentati), alla quale parteciperà domenica anche il ministro Bray. Con scrittori (Carmine Abate, Giuseppe Di Piazza, Marcello Fois, Gianrico Carofiglio), giornalisti (Giovanni Tizian, Lirio Abbate, Attilio Bolzoni tra gli altri), magistrati (Federico Cafiero De Raho, Nicola Gratteri, Giancarlo Capaldo), registi e imprenditori impegnati in prima linea si affronteranno molti degli aspetti cruciali della strategia complessiva di contrasto alla criminalità organizzata: il ruolo della stampa e dell’editoria, l'istruzione, dare voce a chi porta la memoria e il sacrificio delle vittime innocenti, il sostegno all’economia sana che non paga il pizzo.

Anima dell’evento, giunto alla terza edizione, è proprio l’Associazione Antiracket Lamezia Terme finanziata con soldi e convinzione dal Comune lametino e dall’Associazione italiana editori. «Come imprenditori abbiamo deciso di non delegare ad altri la tutela della nostra dignità - spiega Armando Caputo, presidente della Fondazione Trame -. Ci siamo liberati dell’oppressione ‘ndranghetista, che molti invece ancora subiscono nella nostra città. E annotiamo con dispiacere il mancato appoggio di altri enti come la Regione Calabria. Ci siamo resi conto che serviva qualcosa di più: un’operazione culturale che coinvolgesse e responsabilizzasse i giovani. Respireremo un’atmosfera magica e aria pulita in tutte le piazze di Lamezia».

Le donne saranno protagoniste della manifestazione con gli interventi delle prime cittadine di Monasterace e Rosarno, Maria Carmela Lanzetta ed Elisabetta Tripodi: «Non vogliamo sentirci più sole e spesso delegittimate. C’è un buco nero dell’informazione sulla Calabria. Abbiamo bisogno di librerie e una stampa libera per sconfiggere la mafia. Questa è un’occasione fondamentale, che speriamo si allarghi ad altre realtà». Si ricorderà anche la figura e il sorriso del beato Don Pino Puglisi con la partecipazione di monsignor Domenico Mogavero, postulatore della causa di beatificazione del parroco di Brancaccio.

venerdì 14 giugno 2013

Basta saccheggi d'arte e rilanciare la diplomazia culturale italiana

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 29, 
14 giugno 2013

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

L’ALLARME
«I tombaroli hanno ripreso a muoversi: sono in grande fermento. Lo scavo clandestino cancella il legame dell’oggetto culturale con la società. La direttrice principale d’uscita dei nostri tesori è l’Europa dell’est. Poi c’è sempre un mercato particolarmente vivace in Svizzera e Inghilterra». Maurizio Fiorilli, vice avvocato Generale dello Stato, e relatore al Simposio sulla Diplomazia culturale, lancia così l’allarme sul mancato controllo del nostro territorio e la costante fuga delle ricchezze culturali.

«L’Italia è un museo a cielo aperto
- prosegue Fiorilli, già presidente e oggi membro del Comitato per l’azione di restituzione dei Beni Culturali -. Senza la volontà politica e gli strumenti necessari ogni sforzo di recuperare dall’estero le opere d’arte trafugate sarà vano. L’opinione pubblica internazionale aveva percepito che stavamo iniziando a fare sul serio. Ma con i ministri Bondi, Galan e Ornaghi si è mollata la presa, mostrando poco interesse. Porto un esempio: al comitato scientifico che doveva partire per Cleveland per l’analisi dell’Apollo di Prassitele è stato detto che non c’erano soldi per il viaggio».

Oggi Fiorilli interverrà al convegno organizzato da Società Dante Alighieri e Institute for a cultural Diplomacy, incentrando il proprio intervento sulle controversie internazionali relative all’appropriazione dei beni archeologici e delle opere d’arte. «La convenzione Unesco del 1970 andrebbe applicata e non considerata una mera enunciazione di principi - conclude -. Consentirebbe di risolvere i conflitti di legge in materia tra Stati. Le trattative con i musei americani sono estremamente complesse. Come, ed è più grave, con gli altri Paesi membri dell’Ue. Manca l’omogeneizzazione legislativa. Riavere qualcosa dal Louvre è praticamente impossibile…».


martedì 11 giugno 2013

Fernando Savater: Etica d'urgenza, le incertezze dell'Unione Europea e i diritti al tempo della crisi

di Gabriele Santoro

ROMA – Se l’orizzonte politico dell’Unione appare irrinunciabile, è altresì pressante la richiesta di rivedere le scelte e la visione complessiva delle istituzioni europee. A cominciare dalla necessità, 
condivisa da molti Paesi membri, di un cambio di passo per superare la dottrina economica dell’austerità, che aliena il consenso delle popolazioni e non ricuce le fratture interne all’Eurozona. In questo senso lo sguardo è rivolto alla Germania, locomotiva del continente e guardiana del rigore, e all’incidenza dell’appuntamento elettorale di settembre, che segnerà la qualità dell’impegno tedesco futuro a Bruxelles.

Fernando Savater appartiene a una delle generazioni protagoniste del processo d’integrazione dell’Europa, in cui si intravedeva la soluzione dei problemi dei singoli Stati. L’utopia di un’entità sovranazionale federata, capace di scavalcare gli egoismi nazionalistici, che oggi deve riscoprire le ragioni dell’ambizione dei padri costituenti. Il filosofo spagnolo, che è tra gli intellettuali firmatari di un manifesto per il rilancio dell’unione politica del Vecchio Continente, continua a stimolare un dibattito critico sulle prospettive culturali e politiche comunitarie.    


E nell’ultima pubblicazione, Etica d’urgenza, scende ancora una volta dalla cattedra per incontrare e raccogliere le inquietudini dei più giovani in un confronto serrato sul rapporto tra etica e politica; sulle contraddizioni del sistema capitalistico; Internet e democrazia; indignazione e partecipazione. 

Savater, in che modo si rilancia il sogno federalista di Altiero Spinelli e di altri padri fondatori dell’Unione?
«Quel sogno lungimirante ha bisogno di ritrovare l’anima, altrimenti muore. Senza coltivare illusioni, andiamo oltre il legame monetario e il regime di austerità con un progetto politico che ne includa uno sociale. Manca la coesione tra i vari modelli economici e le ricette di conseguenza non possono essere univoche. Occorre una leadership forte per guidare il cambiamento. L’Ue non può essere governata assecondando solo l’umore degli elettori tedeschi. È in crisi l’idea che dall’ultimo dopoguerra ha assicurato prosperità, e rischiamo di essere travolti dai populismi e sciovinismi».

L’Agenda Ue 2020, in chiave funzionalista, indica una convergenza programmatica per una crescita intelligente (ricerca e innovazione, istruzione, sviluppo digitale), sostenibile (clima ed energia pulita) e solidale (piattaforma per lotta alla povertà e l'occupazione). Qual è la priorità?

«La scuola merita una riflessione particolare, perché una buona scuola crea nuove forme e opportunità di convivenza; oltre a favorire l'inserimento lavorativo. Una persona più è incolta, più necessita di soldi per vivere. Per la formazione primaria si dovrebbe prevedere un curriculum di studi europeo. Un bagaglio, minimo, culturale e letterario comune da fornire ai nostri studenti. Oltre a imporre vincoli di bilancio, perché non uniformare gli investimenti in scuola e ricerca?»

Dal crack della Lehman Brothers e l'inizio del contagio recessivo s’invoca una sorta di moralizzazione della finanza, che appare un potere autoirriformabile. Come lo si chiede alla politica a fronte del dilagare della corruzione.

«L’etica è individuale. Non ci si può fondare su di essa per la buona gestione della cosa pubblica e dell’economia. La cleptocrazia si alimenta con l’impunità: si devono migliorare e soprattutto applicare le leggi. Il rimedio consiste nella solidità delle istituzioni; i problemi della politica non si risolvono con la morale».

Questa recessione epocale restringe lo spazio delle libertà individuali e dei diritti umani?

«Le difficoltà economiche schiavizzano la popolazione. In Spagna, come in Italia, milioni di persone versano in condizioni di povertà. Il cerchio delle scelte si chiude; libertà diventa una parola vuota. È in atto una pericolosa regressione dei diritti e si sgretola il patto sociale. La profondità della crisi lacera anche il tessuto connettivo primigenio della famiglia, spingendo all’isolamento». 

Quale fase stanno attraversando le reti degli attivisti Indignados e di Occupy? Il lessico della protesta può interagire e mediare con quello delle istituzioni che avversano?

«Questi movimenti hanno avuto un’importanza fondamentale nel rianimare la discussione pubblica sulle priorità dell’agenda politica globale, nell’urlare il senso di smarrimento di varie generazioni e scuotere la nomenclatura dei governanti. Hanno sollevato una questione determinante come il finanziamento della politica, condizionata nell’azione legislativa dall’influenza delle lobby. A livello locale incidono con iniziative territoriali. È necessario però un ripensamento per sfuggire alla tentazione del populismo e per dialogare con le forze sane della società; allontanando qualsiasi forma di violenza. Ciò che mi preoccupa sono l’antipolitica e l’apolitica: due tarli per la democrazia».

Internet interpreta realmente l’urgenza collettiva di partecipazione democratica?
 

«La Rete è uno strumento ormai imprescindibile per la diffusione e la condivisione delle idee, ma ospita anche tante nefandezze. Pone problemi come la protezione della proprietà intellettuale. Esalta la voglia di esporsi, a cui non sempre corrisponde una qualità umana e professionale. Dubito che la rappresentatività e i processi decisionali democratici possano concretizzarsi con minoranze d'opinione espresse in un contesto virtuale. I partiti tradizionali e le istituzioni però utilizzano ancora poco e male il mezzo, che risponde all’esigenza di una maggiore trasparenza del potere».