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di Gabriele Santoro
ROMA – Il 30 marzo, giorno del suo quarantesimo compleanno, Carlton Myers annuncerà ufficialmente a San Patrignano, dove in autunno si è allenato con la squadra locale, l’addio alla pallacanestro professionistica. Si ammaina così l’ultima bandiera di una stagione dorata per il basket italiano. «E così hai scelto il basket, peccato suonavi bene il flauto, avevi talento». La storia di Myers è quella di un flautista mancato, come raccontava papà Carlton sr, ed è stato un bene per tutto lo sport italiano. Un campione del parquet, ma capace di catturare l’attenzione anche fuori con la sua posa da attore e il forte impegno contro il razzismo, lui nato a Londra da padre caraibico e madre romagnola.
Quello che manca al basket di oggi che ha dovuto attendere il ritorno del settantacinquenne Peterson per ritrovare le prime pagine dei giornali. Nel 2000 come portabandiera italiano all'Olimpiade di Sidney ha incarnato l’idea di un’Italia senza più pregiudizi e aperta all’integrazione. Myers si era dato il mese di gennaio come data limite per provare a rientrare in campo, ma per un professionista esigente e perfezionista come lui avrebbe dovuto trovare gli stimoli e provare tutte le sensazioni giuste. Oggi cresce i due figli Joel e Nigel e segue con interesse, probabilmente come futuro procuratore sportivo, i giovani talenti emergenti del basket continentale come ha dimostrato la sua presenza al Torneo Città di Roma.
I numeri. Nella splendida carriera di Myers in molti hanno ripetuto il ritornello «ha vinto poco, rispetto al suo talento». Forse è vero, ma un campione capace di realizzare 12.106 punti, terzo marcatore di ogni epoca in Italia, non si valuta solo dai trofei. La bacheca personale del campione è riempita da uno scudetto (2000), una Coppa Italia (1998) e una Supercoppa Italiana (1998) con l’amata Fortitudo Bologna. In nazionale brilla l’oro europeo conquistato a Parigi nel 1999 con Boscia Tanjevic in panchina. Resta indelebile poi il record di punti realizzati, 87, in una gara di A2 il 26 gennaio ’95 con la maglia di Rimini contro Udine. In Italia Myers ha vestito le maglie di Rimini, Pesaro, Roma e Siena con una parentesi spagnola a Valladolid.
Parlare del Myers giocatore è fin troppo semplice. Un atleta totale, in grado anche di piegare e bene le gambe in difesa, con un bagaglio tecnico offensivo stracolmo a partire dal marchio brevettato dell’immarcabile ed elegante arresto e tiro in sospensione. Per gli amanti della pallacanestro restano indimenticabili i derby infiniti nel massimo splendore di basket city, Bologna, contro la Virtus di Sasha Danilovic. L’amore della Fossa dei Leoni, curva storica della Fortitudo, saldato con la vittoria dello scudetto al termine della finale scudetto contro la Benetton Treviso di Tyus Edney. Nel 2001 lo sbarco a Roma con l’inizio dell’epoca Toti. Tre anni vissuti intensamente nella Capitale in cui ha offerto il meglio del proprio repertorio (miglior marcatore italiano per due stagioni) prima di un addio discusso direzione Siena. L’istantanea più bella della parentesi romana di Myers è gara 4 (92-105) dei quarti di finale del 2003 contro la Pompea Napoli, in cui in un delirio di onnipotenza cestistica piazzò 40 punti in 28’ (4/5 da2, 8/12 da3, 8/8 ai liberi, 6 recuperi). Ora che la palla ha smesso di rimbalzare e la retina di gonfiarsi non resta che affidarsi ai dvd per spiegare ai più giovani chi era quel fenomeno con la canotta numero dieci.
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