mercoledì 28 marzo 2018

Linda, Ella e le altre afroamericane sempre in lotta per l'uguaglianza

Il Messaggero, sezione Cultura, pag. 28

di Gabriele Santoro



Il Mattino, sezione Macro, pag. 19


di Gabriele Santoro

Linda Brown, morta domenica all'età di settantacinque anni nella natia Topeka, in Kansas, è una delle icone afroamericane capaci di unire molte generazioni decise a sconfiggere il razzismo e la diseguaglianza, credendo nella politica, nella protesta non violenta e nella giustizia quali strumenti di trasformazione della società.

Nel 1951 Brown aveva nove anni, quando il padre cercò di iscriverla alla Sumner school vicino casa, frequentata solo da bambini bianchi. Quando l'istituto negò l'accesso alla figlia, Oliver Brown citò in giudizio il consiglio d'amministrazione scolastico di Topeka, consegnando una semplice piccola studentessa, qual era Linda, alla storia collettiva del Movimento per i diritti civili e in generale a quella di un'intera nazione.

L'azione legale, nota come «Brown v. Board of Education», alla quale si sommarono altri casi simili, abbatté la segregazione razziale nelle scuole pubbliche, l'ultimo baluardo simbolico del suprematismo bianco negli Stati Uniti. Il 17 maggio del 1954 la Corte Suprema americana sancì unanimemente l'incostituzionalità della separazione fra bambini bianchi e neri, poiché violava il quattordicesimo emendamento che garantisce a tutti i cittadini eguale protezione sotto la legge. La sentenza ribaltò una precedente, che nel 1896 aveva introdotto il concetto dell'uguaglianza malgrado la separazione a scuola. Il giudice Earl Warren dichiarò l'inconsistenza di tale dottrina: le strutture della pubblica istruzione divise erano per loro stessa natura diseguali.

Questo pronunciamento riaccese la lotta per i diritti civili. «Lo sforzo maggiore consisteva nel far comprendere alle persone che dentro loro stessi avevano un potere. E l'avrebbero potuto utilizzare solo prendendo coscienza di quel che avveniva e del fatto che la collettività era in grado di controbattere alla violenza», sosteneva Ella Baker. La nonna da schiava non aveva accettato di sposare l'uomo scelto dal padrone. Baker divenne fondamentale per le conquiste del Movimento guidato poi da Martin Luther King Jr. Protagonista nelle leghe più importanti, a lungo dimenticata, col suo esempio e il suo lavoro riuscì viaggiando di città in città a mobilitare, coagulare, organizzare forze straordinarie e soprattutto a far arrivare il messaggio. Baker non pretese mai cariche, credeva nella dedizione politica sulla strada. Gli Stati Uniti con molto ritardo le hanno riconosciuto il ruolo di madre del Movimento per i diritti civili.

Oltre un anno dopo la sentenza Brown, il primo dicembre del 1955, Rosa Parks, dopo essersi rifiutata di cambiare posto sull'autobus quando il conducente le disse di spostarsi in fondo alla vettura, viene arrestata. Cominciò così con questa donna minuta e coraggiosa il movimento di Montgomery, il boicottaggio degli autobus pubblici che, usando le parole di King, «risvegliò dal letargo la comunità nera».

Parks ebbe un rapporto molto stretto con Shirley Chisholm, la prima donna nera eletta al Congresso nel 1968 e quattro anni dopo nel 1972 la prima a competere per l'investitura tra i democratici verso la presidenza degli Stati Uniti. Era una figlia della classe operaia dotata di un'intelligenza finissima e senso pratico. Anche l'affermazione di Chisholm nacque a scuola. Al Brooklyn college un professore bianco, Louis Warsoff, le consigliò di fare politica. «Prof, lei dimentica due cose: sono nera e sono una donna», gli rispose. Poi Chisholm aderì a un collettivo politico, l'Harriet Tubman Society. L'anima della combattente Harriet Tubman, che nel 1849 si sottrasse alla schiavitù indicando agli altri la via per la libertà lungo la ferrovia sotterranea, entrò con Chisholm al Congresso.

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