Lumsa News, praticantato giornalistico
di Gabriele Santoro
ROMA - In tutte le televisioni americane campeggia il countdown per le elezioni più attese nella storia recente del paese. Barack Obama e John McCain serrano le fila in vista del 4 novembre, alla ricerca del colpo vincente nelle ultime ore di campagna elettorale. Ad aprire la settimana è stato il candidato democratico con un megaspot, costato tra i 3,5 e i 6 milioni di dollari, trasmesso a reti unificate, ad eccezione della Cnn, nell'ora di massimo ascolto televisivo.
Un documentario che ha alternato le storie dell’America impoverita dalla crisi economica e minata nelle sicurezze sociali - dalla sanità all’istruzione a causa delle scelte politiche neocon dell’amministrazione Bush - alla storia personale del senatore dell’Illinois. Sovraesposizione mediatica per Obama o mossa vincente per raggiungere l’America profonda che non compare nei sondaggi? Commentatori e analisti si sono divisi sull’effetto prodotto da questo messaggio. Critico il New York Post di Rupert Murdoch, sostenitore di McCain, ha definito il documentario come pura informazione commerciale, privo di profondità politica.
Il voto anticipato. Oltre 12 milioni di cittadini hanno già votato per posta o di persona. Secondo un sondaggio condotto da Washington Post/Abc News tra gli elettori che hanno votato in modo anticipato, il 60% avrebbe scelto il senatore dell'Illinois Barack Obama. Il voto anticipato è una pratica sempre più diffusa: un terzo degli elettori l'ha scelta quest'anno contro il 22% nel 2004 e il 16% nel 2000. Attualmente è previsto in 31 Stati dell'Unione secondo modalità decise a livello locale, in genere o di persona in un seggio elettorale (come se fosse il 4 novembre), per corrispondenza o per posta elettronica.
Economia e sicurezza sociale. Il tema la centro dei comizi finali dei due candidati, come del resto in tutti questi ultimi mesi di campagna elettorale, è stata la risposta da offrire agli elettori sulla crisi economica degli Stati Uniti. Barack Obama si è rivolto con insistenza alla middle-class, evocando la necessità di un nuovo New Deal, per diminuire le disuguaglianze sociali: il peccato originale che ancora attanaglia la società americana. Il candidato democratico ha ribadito le priorità della propria agenda politica: dalla stabilizzazione del sistema finanziario a una riforma sanitaria che garantisca l’assistenza medica per tutti gli americani.
Da parte sua John McCain ha faticato a staccarsi dall’ombra dell’amministrazione Bush: come spiegare agli americani che la propria dottrina economica sarà così diversa dalla deregulation degli ultraconservatori repubblicani? Nella convivenza colorita con la vice Sarah Palin, si è puntato tutto sull’attacco all’avversario definito un “socialista”, agitando lo spettro del presunto aumento delle tasse per l’americano medio contenuto nel programma democratico. McCain si è anche affidato ai muscoli e al prezioso sostegno del governatore Arnold Schwarzenegger, che si è preoccupato della forma fisica di Obama consigliando flessioni per mettere “un po’ di carne intorno alle proprie idee”. John McCain, al contrario, “è costruito come una roccia. Il suo carattere e le sue idee sono sane”. Un modo per parlare all’America profonda.
Gli Stati chiave. Cleveland, Columbus e Cincinnati. Tre comizi in un giorno nell’Ohio, un vero porta a porta. Barack Obama ha concentrato la propria campagna in uno Stato che ha da sempre aperto la via al nuovo presidente. John McCain ha imperversato tra la Florida, Pennsylvania e New Hampshire. L’attenzione dei due candidati si è concentrata sui cosiddetti swing state (Florida, Nevada, Colorado, Ohio, Missouri, Indiana, Virginia), gli stati dove per poche decine di voti possono cambiare gli equilibri del complesso sistema di voto Usa. Le elezioni presidenziali segneranno la partecipazione al voto più alta dal dopoguerra. Una buona notizia per la democrazia americana, aspettando che si levi un nuovo giorno.
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