mercoledì 12 agosto 2009

La vittoria degli operai e della sana imprenditoria

"Non ci prenderanno per stanchezza". L'avevano promesso, l'hanno fatto. I metalmeccanici dell'Innse di Lambrate sono scesi da quella Gru solo dopo la firma dell'accordo in Prefettura, che sigla il passaggio dello stabilimento all'imprenditore bresciano Camozzi. Davanti ai cancelli lo striscione "Hic sunt leones" e il camper con amici, familiari e sindacalisti gli hanno fatto coraggio per molti giorni. La parola crisi, chiusura, tutti a casa non l'hanno voluta intendere. Hanno difeso fino in fondo quel posto di lavoro a cui hanno dedicato le migliori energie, la sopravvivenza economica della propria famiglia e la dignità di un'occupazione onesta.

"Dopo tre giorni ci hanno tolto la corrente - raccontano gli operai - e abbiamo avuto seri problemi a ricaricare i nostri cellulari. Ora abbiamo la schiena a strisce per il fatto di aver dormito sui carri per tutte queste notti, ma siamo contenti perchè abbiamo vinto grazie al sostegno di tutti gli operai e delle nostre mogli. In tutti questi giorni non abbiamo mai perso la speranza. Ora niente ci fa più paura". La partita per il futuro dell'Innse è ancora tutta da giocare, ma quello che resta è l'esempio di chi non abbassa la testa di fronte alla deindustrializzazione incessante del tessuto produttivo nazionale. D'altra parte quale futuro può avere un Paese che molla chiusura dopo chiusura i principali avamposti industriali?

La storia dell'Innse è sintomo di questa china. Due anni fa Silvano Genta acquistò nel 2006 le officine metalmeccaniche, in amministrazione controllata, al prezzo stracciato di 700.000 euro, promettendo uno sviluppo duraturo alla fabbrica. Il 31 maggio del 2008 l'azienda invia le raccomandate che aprono la procedura di mobilità, il giorno successivo chiude lo stabilimento e parte la protesta degli operai. Il 25 agosto genta chiude la procedura licenziando tutti i lavoratori, senza pagare il preavviso. Genta si rifiuta di vendere al gruppo bresciano gli stabili e la Innse viene messa sotto sequestro giudiziario. Lo scorso febbraio il proprietario cerca di portare via i macchinari, provocando fortissimi scontri tra operai e poliziotti fuori dai cancelli dell'azienda. Il 4 agosto gli operai e un sindacalista sono riusciti a eludere il presidio delle forze dell'ordine e salire su un carroponte dentro lo stabilimento, per sette lunghi giorni e notti. Come ha sottolineato il prefetto milanese Lombardi "la protesta è stata utile, ma se non c'è un compratore serio come Camozzi la sola protesta non serve". Genta intascherà dal gruppo bresciano per la vendita la cifra tonda di 4 milioni di euro, dopo averne sborsato solo 700mila per l'acquisto e non essere stato in grado di fare il proprio presunto mestiere, l'imprenditore.

Le prime parole del Cavaliere Camozzi segnano un'importante inversione di tendenza. "Ho molto rispetto per gli operai della Innse perchè hanno sofferto, cercheremo di ricompensarli e sono ansioso di incontrarli. Hanno avuto le loro buone ragioni, perchè permettere che un'azienda così venisse distrutta sarebbe stato veramente un delitto. Non sarà difficile riportarla in auge. Abbiamo garantito i 49 posti di lavoro, perchè questi operai sono una grossa risorsa e hanno un grande know-how. Per i primi di ottobre contiamo di ripartire. Vogliamo essere e non apparire: la Innse milanese farà parte di un polo industriale che comprende la nostra Innse Berardi di Brescia e la Ingersoll americana (acquista nel 2003 sotto commissariamento e che ora conta 400 operai). Mio padre mi ha insegnato che la faccia si perde una volta sola, mentre i soldi si possono perdere più volte".

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