Il percorso tortuoso della legge Hadopi (Alta autorità per la protezione dei diritti d’autore su Internet), iniziato circa un anno fa e fortemente sostenuto dal presidente Nicolas Sarkozy, si è nuovamente bloccato davanti alla severa bocciatura della Corte Costituzionale francese. Nel 2006 era già stata approvata la legge Dadvsi, che prevedeva multe pesanti fino a 300mila euro e tre anni di reclusione per i pirati ma che non ha sortito effetti, contro il fenomeno del peer to peer di film e della musica.
Il progetto di legge “Creàtion et Internet” dopo molti passaggi parlamentari è stato adottato dalla Camera il 13 maggio scorso. L’impianto della Hadopi segue la linea dura della repressione scelta dall’esecutivo, con il pieno sostegno degli artisti e dell’industria culturale francese, per fermare il dilagare dello scambio e scaricamento illegale sulla Rete di contenuti culturali.
Una legge che ha diviso e divide tanto in Francia quanto nel resto d’Europa con approcci totalmente diversi al problema. Uno scontro inevitabile tra due principi e modelli economici opposti. Da una parte la protezione e la sopravvivenza del diritto d’autore, che consente all’artista di vivere del suo lavoro e di vedere tutelata la propria opera. Dall’altra parte si è affermata una cultura, che ha accompagnato lo sviluppo di Internet, che risponde ai principi dell’accessibilità, della gratuità e dell’universalità dei contenuti. Si stima che almeno la metà dei circa 30 milioni di navigatori francesi ricorra al peer to peer, considerandolo come una pratica del tutto naturale. Inoltre non va dimenticato come questo fenomeno abbia ingigantito il traffico della Rete e quindi il business dei fornitori dell’accesso, stranamente molto silenziosi nel vivace dibattito pubblico animato da questa legge.
La volontà legittima dell’Eliseo si è tradotta in sanzioni tanto dure, come l’interdizione all’accesso Internet per gli utenti scoperti almeno tre volte a scaricare, quanto inutili rispetto alla mobilità della Rete e alla libertà fondamentale di espressione riconosciuta dal diritto costituzionale transalpino.
Contenuti della legge Hadopi. L’obiettivo dichiarato della legge Hadopi è quello di fermare l’emorragia delle opere culturali scaricabili su Internet gratuitamente. Il testo approvato in parlamento contiene tre nuove misure: la creazione dell’Hadopi, il taglio della connessione per gli scaricatori recidivi e l’obbligo di certificare la sicurezza del proprio accesso a Internet.
L’Hadopi è un’autorità amministrativa per la diffusione e la protezione del diritto d’autore sul web. Il suo compito principale sarebbe quello di constatare le violazioni del diritto d’autore sulla Rete e sanzionarlo. Al contempo la legge le affida la missione di sostenere e sorvegliare lo sviluppo dell’offerta legale di contenuti culturali in Internet. La nuova autorità dispone di livelli sanzionatori graduali. La prima violazione prevede l’invio al trasgressore di una e-mail di avvertimento. Alla seconda infrazione è prevista la spedizione di una raccomandata. Alla terza penalità l’abbonamento a Internet è sospeso per un periodo che va dai tre ai dodici mesi, la persona sanzionata non può sottoscrivere alcun nuovo contratto e deve continuare a pagare il proprio fornitore. Una gradualità dissuasiva nei confronti dell’utente invitato così più volte a desistere dal commettere il reato.
La terza norma prevede l’assicurazione, al momento della sottoscrizione dell’abbonamento a Internet, della sicurezza della propria connessione. Il proprietario della connessione viene considerato come l’unico responsabile dello scaricamento illegale, senza la necessità di accertare se sia stato effettivamente lui stesso o meno ad effettuarlo. Una scelta che non tiene conto dei numerosi mezzi tecnici, dalla clonazione dell’Ip al criptaggio, che permettono ai veri responsabili di sfuggire abbastanza facilmente alla pena. Indirettamente l’Hadopi rischia di non punire con certezza lo scaricamento, ma la mancata sufficiente protezione della propria connessione a Internet.
Inoltre l’eventuale installazione di un sistema particolare di protezione entrerebbe in conflitto con sistemi operativi liberi, come Linux, e richiederebbe un aggiornamento continuo. Ciò comporterebbe l’obbligo dell’utente a dotarsi di un sistema operativo commerciale, ledendo ulteriormente la libertà di scelta individuale. Di qui anche la gaffe del ministro Albanel, secondo la quale “il suo ministero disporrebbe già di un sistema di sicurezza per la connessione per l’utilizzo del programma Open Office”, peccato che si tratti solamente di un elaboratore di testi senza alcun rapporto con il sistema operativo e la suddetta sicurezza…
La bocciatura della Corte Costituzionale. Non capita di sovente che la Corte censuri le disposizioni chiave di una legge emanata dal parlamento, al punto di svuotarla della sua ragion d’essere. La pronuncia della Corte ha condannato sia la sanzione che prevede il taglio della connessione a Internet, richiamando l’articolo 11 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo dl 1789, sia il mancato diritto di difesa davanti a un’autorità giudiziaria competente. “La libera espressione del pensiero e delle opinioni è un diritto inalienabile. I servizi offerti da Internet hanno assunto un’importanza centrale per la partecipazione alla vita democratica e l’espressione delle proprie idee. Inoltre considerando che i poteri sanzionatori istituiti dalle disposizioni della legge consentono alla nuova autorità, che non ha valore giurisdizionale, di impedire l’accesso a Internet dei legittimi titolari di abbonamento il legislatore non può affidare tali poteri a un’autorità amministrativa. In virtù dell’articolo 9 della Dichiarazione del 1789 tutti sono innocenti fino a prova contraria. Il legislatore nega il rispetto di questo principio difensivo e quindi le suddette disposizioni Hadopi sono dichiarate contrarie alla Costituzione”.
In sintesi la connessione alla Rete rientra nel diritto fondamentale alla libera espressione, con il riconoscimento del ruolo ormai essenziale assunto da Internet nella nostra società e nell’acquisizione di nuovi spazi di democrazia. Inoltre la Corte ha evidenziato come venga meno la presunzione d’innocenza, in quanto il testo della legge prevede la cessazione del servizio Internet senza possibilità di appello giudiziario e senza l’onere della prova a carico dell’accusa. “La legge era un po’ folle – commenta a Le Monde un costituzionalista - in quanto sosteneva: ”Voi avete scaricato illegalmente. No? Provatelo”. Per esempio è molto facile allacciarsi alla connessione wi-fi di altri e poi come è possibile distinguere il vero Ip di chi ha realmente effettuato lo scaricamento?
Il ministro della cultura francese Christine Albanel, su forte spinta di Nicolas Sarkozy, non intende comunque arretrare: ”Ora promulgheremo il testo approvato dalla Corte, mentre la parte censurata sarà modificata e ripresentata in consiglio dei ministri entro la fine di giugno, per poi tornare al vaglio del Parlamento”. Quello che appare certo è che si ripartirà “dal convergere dell’ordine costituzionale francese e la legge europea, riaffermando che la libertà di espressione include anche la libertà di esprimere opinioni e ricevere le informazioni via Internet, e che questa libertà può essere tolta solo con la decisione di un giudice”.
Per sopperire a questa mancanza il ministro confida di “completare la legge con un giudice esterno che dovrà pronunciarsi sull’ultima sanzione della risposta graduale. L’Hadopi, su indicazione delle Società che si considerano parte lesa, esamineranno i primi dossiers, poi invieranno le mail di avvertimento e lettere di diffida ai navigatori (secondo il ministro si partirà con l’invio delle email di avvertimento già dal prossimo Ottobre). Infine incaricherà un giudice per l’eventuale sanzione definitiva”. Ma a questo punto occorrerebbe l’aggiornamento del codice penale, creando una nuova incriminazione visto che pare difficile l’equiparazione al tradizionale reato di contraffazione.
“Se il governo vuole mantenersi su una linea repressiva del fenomeno – spiega Gilles Guglielmi docente di diritto pubblico all’università Paris II - non potrà evitare l’emanazione di una legge penale che definisca chiaramente se si tratta di un reato o di una contravvenzione. Il rischio di ritrovarsi di fronte a un giudice o piuttosto alla detenzione, seppur breve, potrebbe influenzare psicologicamente l’internauta evitando di compiere il reato. L’autorità amministrativa Hadopi può segnalare l’infrazione, ma poi dovrà esserci un’indagine della polizia incaricata dal giudice con tutte le garanzie difensive del caso per gli accusati”.
Le critiche della Commissione europea. Già nel novembre 2008 la Commissione europea aveva manifestato le proprie perplessità sul disegno di legge Hadopi, chiedendo delle sostanziali modifiche che lo rendessero aderente alla legislazione comunitaria. Lo scoglio più grande era proprio la negazione dell’accesso a Internet che andava contro la direttiva votata nel 2002 che definisce la Rete come un “servizio universale, il cui accesso spetta a tutti i cittadini europei”. Il taglio della connessione è dunque considerato come una sanzione sproporzionata. Come stabilito poi dalla Corte di Parigi, le autorità di Bruxelles avevano chiesto la possibilità di difendersi dell’internauta di fronte alla prima accusa di pirateria. Mentre il governo francese prevede di affidare il tutto a un’autorità amministrativa, Hadopi, gli eurodeputati ribattono che questo potere può essere assunto solo dalla giustizia penale.
L’Europa richiama dunque al rispetto dei “diritti fondamentali e della libertà delle persone. La protezione dei dati sensibili e l’accesso alle informazioni, soprattutto il diritto a un giudizio davanti a un tribunale indipendente e imparziale”.
Come accade spesso su molti temi l’Europa non si esprime con una politica comune. Lo scorso 20 gennaio il governo italiano, per voce del ministro della cultura, aveva annunciato la firma di un accordo di cooperazione con la Francia sul contrasto alla pirateria e l’adozione di una legislazione simile al modello Hadopi. In Irlanda il principale fornitore dell’accesso, Eircom, ha dato il suo benestare al taglio del servizio alla terza infrazione dello scaricatore.
La Germania, che nel 2006 ha approvato una legge molto severa per reprimere il peer to peer, si è rifiutata di imporre “il blocco dell’accesso a Internet in quanto si tratta di una sanzione inaccettabile, costituzionalmente e politicamente molto difficile da applicare”. La Gran Bretagna ha rinunciato alla mano pesante, come spiega il ministro David Lammy: “Trovare una soluzione legislazione adeguata in questo campo è molto difficile. Non possiamo adottare un sistema che scovi, arresti o tagli Internet nelle stanze di milioni di teenager”. Tra le case discografiche d’Oltre Manica si è aperto un’importante dibattito sulle soluzioni da adottare. La British Phonographic, principale rappresentante dell’industria musicale britannica, si è espressa a favore del modello francese dei tre avvertimenti prima dell’espulsione definitiva dal network.
Mentre il modello di vendita Itunes non decolla, usata solo dal 10% e con introiti pari all’8% degli incassi totali dell’industria inglese, secondo Feargal Sharkey, ex popstar e ora presidente della Uk music, almeno un quinto degli utenti della Rete sarebbero invece disposti a pagare un prezzo congruo per il servizio di file-sharing. Anche la Svezia ha rifiutato il modello Hadopi.
Il Belgio e la Danimarca hanno percorso una strada alternativa, chiedendo ai rispettivi principali fornitori della connessione l’oscuramento dei siti peer to peer, come The Pirate Bay. Le imprese hanno dovuto però constatare l’impossibilità tecnica dell’oscuramento su larga scala e si sono aperti dei contenziosi giudiziari.
La soluzione più alternativa spetta al paradiso fiscale delle Isole Man, 80mila abitanti nel mare irlandese, ha istituito una licenza globale obbligatoria, che permette ai propri residenti di scaricare a piacimento tutta la musica e i film in cambio del pagamento di una tassa. Una decisione che ha scatenato le ire degli isolani, poco avvezzi al pagamento dei tributi. Bard Solhjell, ministro dell’istruzione e della ricerca norvegese, ha ripreso questa idea di una licenza globale come modello economico di retribuzione del diritto d’autore. “Gli artisti devono essere pagati per il loro lavoro. E’ inaccettabile diffondere le loro produzioni senza pagare nulla. Ma dobbiamo anche smetterla di cercare di fermare il futuro”.
Vincent Frèrebeau, direttore della casa discografica francese Tot ou tard (nata da una separazione dal gigante Warner), è apparso scettico sulla creazione di una licenza globale: “Un sistema del genere, che garantisca la giusta remunerazione agli aventi diritto, richiederebbe un calcolo preciso di quanto quell’opera circoli e ciò è possibile solo con un controllo serrato della Rete. Altrimenti bisognerebbe pagare a forfait (più sei conosciuto più ti pago), rompendo quel legame virtuoso tra la fruizione dell’opera e l’autore, a danno soprattutto delle piccole produzioni e degli artisti emergenti”.
Una legge già vecchia? Secondo l’associazione per la lotta alla pirateria audiovisuale Alpa nel 2008 sarebbero stati 450.000 gli scambi illegali quotidiani di film tradotti in lingua francese. In Francia le prime cento e più importanti produzioni cinematografiche nazionali e internazionali costituiscono il 90% dello scaricamento illegale. La domanda supera di gran lunga l’offerta di scambio: i server del peer to peer sono regolarmente saturi e soddisfano solo il 40% delle richieste. Bienvenue chez les Ch’tis (nella traduzione italiana Giù al Nord), commedia autoctona francese che ha riscosso un ottimo successo, è apparso sulla rete appena quattro giorni dopo la sua uscita nelle sale cinematografiche, battendo ogni record con una media di 9.800 scaricamenti al giorno. D’altra parte basta provare a digitare il titolo del film sul principale motore di ricerca, Google, per trovare indicizzati migliaia di indirizzi utili per scaricare gratuitamente il film come Torrent o se si vuole guardarlo al momento ci sono altrettante migliaia di soluzioni in streaming…
I detrattori della Hadopi fanno notare anche il vuoto legislativo più grande che concerne proprio lo streaming, ovvero la diffusione in diretta spesso non autorizzata di film o la riproduzione di interi album musicali. Se i grandi portali come Youtube o Dailymotion cercare di limitare la pubblicazione illegale di video, si moltiplicano i siti in cui è possibile guardare film o ascoltare musica live. Il diritto francese prevede che quando si venisse a conoscenza della riproduzione illegale di un film su un certo sito, se ne può chiedere e ottenere la rimozione immediata o l’oscuramento. Mentre coloro che hanno usufruito del servizio non possono essere puniti, ma può essere solo identificato il loro Ip. Hadopi potrebbe essere applicata quindi solo al peer to peer, quando studi recenti dimostrano come stia segnando il passo rispetto all’avanzare dello streaming: per esempio in Germania dal 14% del 2007 si è già passati al 26% del 2008, mentre il peer to peer è sceso dal 70% al 52%.
Coniugare Internet e il rispetto della produzione artistica. Andando oltre gli interessi delle parti in causa l’imperativo resta da una parte quello di garantire proprio grazie a Internet un’ampia offerta culturale a prezzi equi e dall’altra correggere una cultura della gratuità che affonda maggiormente le etichette indipendenti, mentre le major continuano a macinare soldi puntando sui soliti grandi nomi.
Addossare le responsabilità della crisi del settore, in questo caso quello musicale, solo allo scaricamento illegale di musica è senz’altro miope (vedi tabella in basso). Partendo da un’analisi della ripartizione degli introiti dell’industria discografica si nota come il diritto d’autore e il compenso dell’artista siano sproporzionati rispetto a quello del management. Gli artisti emergenti guadagnano il 10% del prezzo di copertina, mentre i loro colleghi più famosi il 25%. Il 9% del prezzo del cd va per i diritti d’autore, tra il 30 e il 35% alla distribuzione, mentre il 10% nei costi di produzione. Il restante si spartisce nel profitto del produttore, a cui vanno sottratti i costi fissi (il pagamento degli addetti ai lavori, con una spesa complessiva tra i 60 e 100mila euro per la produzione dell’album di un esordiente). Per giungere in pareggio economico occorre raggiungere generalmente tra le 40 e le 50mila copie vendute.
D’altra parte occorre anche riconoscere come siano i calati negli ultimi tempi i prezzi del prodotto musicale, anche grazie alla rete. Sulla piattaforma Itunes è ormai possibile acquistare a 9,99 euro un intero cd, che prima nei negozi si trovava sui canonici 20 euro. Negli stessi store musicali ora il costo dei cd è sceso sui 15-16 euro.Per vincere la battaglia della qualità della produzione culturale e della legalità è quindi necessario un incontro tra le parti, battendo sul campo della tecnologia e non nelle aule di tribunale il fenomeno della pirateria, con una maggiore offerta a prezzi sempre più competitivi.
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