lunedì 15 giugno 2009

Kobe Bryant trascina i Lakers che tornano sul trono Nba

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di Gabriele Santoro


ROMA (15 giugno) – Dopo un digiuno lungo sette stagioni i Los Angeles Lakers tornano sul trono della Nba. E’ una notte da record per i gialloviola: coach Phil Jackson entra definitivamente nell’Olimpo del basket conquistando il decimo anello della sua straordinaria carriera (battuto anche il record detenuto da Red Auerbach allenatore dell’epoca d’oro dei Celtics), Kobe Bryant sfata la maledizione che lo vedeva a zero titoli dopo la separazione da Shaquille O’Neal e i Lakers festeggiano il 15 della loro storia. Mentre Kobe veniva lanciato in aria dai suoi compagni facendo con la mano il segno 4, come i titoli vinti in carriera, Phil Jackson ha commentato sorridente e sornione come d’abitudine: «Stanotte fumerò un sigaro in onore di Red».

Gli Orlando Magic, dopo aver sprecato troppe occasioni nelle partite precedenti, non danno mai la sensazione di crederci e cedono, 99-86, davanti alla voglia matta di trionfare dei losangelini, che chiudono così la serie finale con un perentorio 4-1. Kobe Bryant, 30 punti (10/23 al tiro) con 6 assist e cinque rimbalzi, si gode anche il titolo di miglior giocatore delle finali 2009, dopo aver digerito l’assegnazione dell’mvp stagionale a Lebron James. Tempo di rivincite quindi per il “black mamba”, che ha trovato in Pau Gasol l’alter ego del centro dominante, l’O’Neal dei primi anni 2000, in grado di riformare l’asse vincente per riportare il titolo nella città californiana. Decisivo anche l’apporto della sorpresa stagionale, Trevor Ariza, e del vecchietto terribile Derek Fisher mattatore di gara 4 con le due triple che hanno ipotecato questa serie. Una squadra che ha ancora dei margini di miglioramento, a partire dallo sgrezzamento tecnico e tattico del centro Bynum, mentre dovrà pescare sul mercato delle alternative più credibili in regia.

Orlando esce sconfitta, ma non ridimensionata, e con molti rimpianti. La squadra di Van Gundy come Penelope ha disfatto la propria tela più volte, regalando due tempi supplementari nelle partite chiave della serie, gara2 a Los Angeles e gara4 in casa. La forza fisica di Dwight Howard e la leadership di Hedo Turkoglu, probabile uomo mercato a cui Orlando dovrà rimpolpare l’ingaggio per tenerlo, non sono bastati davanti alla maggiore esperienza dei gialloviola, ma sono un ottimo punto da dove ripartire. Nel confronto ha pesato molto anche il differente pedigree tra i due allenatori, con Van Gundy all’esordio assoluto in una finale play-off.

La partita. L’intensità difensiva del primo quarto non è da gara decisiva, si segna molto e le due squadre vanno a braccetto, con Orlando brava a rispondere al primo tentativo di allungo di Los Angeles, 19-10 al 6’. Il primo periodo si chiude sul 28-26 Lakers. Nel secondo quarto una palla recuperata da Bryant e la tripla successiva di uno splendido Trevor Ariza spezzano l’inerzia dell’incontro. In tre minuti la squadra di Phil Jackson piazza un break decisivo di 12-0, con 8 punti di Ariza, mentre Orlando si smarrisce con 4 perse consecutive. Si va al riposo lungo sul +10 gialloviola, 56-46. Al rientro in campo Courtney Lee e Alston accennano una minima reazione che riporta Orlando in linea di galleggiamento, 58-53. Ma i Lakers non hanno nessuna intenzione di farsi rovinare la festa. Due triple consecutive di Lamar Odom rimettono la sfida sui binari giusti e con un letale 13-2 annusa già l’aria da trionfo. Un Pau Gasol tutto sostanza, bravo a vincere il duello sotto canestro con Superman Howard, segna i due punti del massimo vantaggio interno: 73-57 al 33’. Nell’ultimo periodo non c’è storia con i Lakers che amministrano bene il vantaggio, mai sceso sotto la doppia cifra, fino al 99-86 della sirena finale.

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