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di Gabriele Santoro
ROMA (1 febbraio) – La vita di Carmela Rosalia Iuculano è un intreccio incessante di dolore e sopraffazione, ma anche di smisurato coraggio e di un amore per la libertà che scuote le coscienze. La storia di una giovane donna siciliana del nostro tempo, che dopo aver intriso la propria esistenza dell’opprimente quotidianità di un matrimonio con il boss Rizzo che aiuta la latitanza di Provenzano, si ribella per assicurare un futuro diverso dei propri figli.
Davanti ai valenti e coraggiosi magistrati Lia Sava, Michele Prestipino e Sergio Lari, Carmela Rosalia restituisce con queste semplici parole lo squarcio di luce che ha illuminato la tortuosa strada verso la legalità e la giustizia. «Lo faccio per amore dei miei figli, finora sono stata una mamma incosciente, ma adesso voglio assicurargli un futuro migliore, voglio toglierli da quella cultura fatta di silenzio, egoismo e odio. Voglio strapparli a quella famiglia mafiosa in cui per destino o per disgrazia sono nati».
La fotografa e pluripremiata scrittrice bergamasca Carla Cerati nel libro Storia vera di Carmela Iuculano (Gli specchi di Marsilio, pag. 157, euro 15) tratteggia con precisione e fedeltà l’attuale condizione di sottomissione femminile in un’Italia dimenticata, abbandonata nei riti di una violenza arcaica. Una vicenda che parla all’Italia pronta a indignarsi per i Burqa degli altri, ma incapace di guardare alle proprie malcelate prigioni culturali e sociali. Nel meridione d’Italia quante altre Carmela Iuculano annegano nell’oblio mafioso?
Un matrimonio mafioso. Lo stupore per l’arrivo della prima mestruazione e «la terribile frase “ora sei signorina” con cui la madre accolse la notizia determinò la fine di ogni libertà». Nel 1987 la quattordicenne Carmela inizia a vivere sotto la tutela maschile del fratello, guardiano di quella preziosa verginità. La scoperta dell’adulterio paterno sconvolge il delicato equilibrio affettivo e le apre un mondo omertoso, dove la madre subisce in silenzio il tradimento perché «non ho mai lavorato in vita mia. Se lo lasciassi chi ci darebbe da mangiare? E non avrei certo il coraggio di dire a mio padre che lascio mio marito, non capirebbe». Il sangue della ribelle Carmela ribolle e l’incoscienza la spinge nelle braccia di Pino Rizzo, rampollo di un’importante famiglia “d’onore”. «Pino le giurò che mai si sarebbe comportato così con lei, e che, se fosse diventata sua moglie, l’avrebbe sempre rispettata e protetta». La prima, poi la seconda fuitina. Il “fidanzamento in casa”, un impegno da concretizzare nel matrimonio al raggiungimento della maggiore età. A diciassette anni si ritrova incinta di «un fannullone, in grado solo di dare ordini»,
che la tradisce a ripetizione, che la riempie di botte «perché deve imparare a comportarsi secondo le regole: una moglie non deve mai contraddire il marito ed essere rispettosa e ubbidiente». I panni sporchi si lavano in casa, perché se no «è vergogna». Carmela vive la propria sessualità come «una vergine oltraggiata», si autoaccusa di non riuscire a soddisfare le voglie indicibili del marito. Nel settembre del ’91 arriva il matrimonio con la benedizione ecclesiale e di boss del rango di Nino Giuffré e Salvatore Rinella.
Donna di Cosa Nostra. Carmela Iuculano tenta il suicidio, si rasa a zero i capelli, dimagrisce a vista d’occhio, odia quel marito scelto solo per sfuggire alle dinamiche di casa. Il marito l’addita come pazza. La svolta arriva con il salto di qualità della carriera criminale e con l’affiliazione a Cosa Nostra di Pino Rizzo. «Rosalia cominciò a guardarlo in modo diverso. Evidentemente, come accade a certi poveri cani maltrattati, bastava poco per comprare il suo affetto». Nel 2002 Si trasferiscono in una grande casa, vengono guardati con ossequioso rispetto dalla gente e inizia un periodo di intensa vita sociale «a Contrada Canna c’era un viavai di uomini di mafia». A ventinove anni Carmela inizia a viversi come donna rispettata, ha barattato un rapporto alla pari con una criminosa complicità. «Comincia a godere di un certo rispetto da parte del clan. Tutti trovavano sua moglie bellissima, intelligente e con i modi giusti per il ruolo».
Il riscatto. Carmela è incinta del terzogenito Andrea, quando Pino viene arrestato. Come tutte le donne di mafia diventa lo snodo fondamentale di tutte le comunicazioni del marito, che decide e comanda anche da dietro le sbarre. Carmela raccoglie i pizzini da consegnare al capo dei capi Bernardo Provenzano. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal marito si concede un pellegrinaggio religioso e «davanti a tante persone che si guadagnano il pane onestamente si sente indegna: per la prima volta vede se stessa e coloro che vivono la mafia come delle sanguisughe. Rosalia è in preda a uno stato di esaltazione, piange ininterrottamente e invoca il pentimento del marito, di fronte ai compaesani esterrefatti». Nel 2004 affronta l’umiliazione dell’arresto davanti ai propri figli e vive la trafila carceraria sommersa dall’imbarazzo. Al rientro a casa dopo la concessione dei domiciliari gli occhi e le parole di Daniela e Serena, «mamma mi vergogno», l’innocenza dell’infante Andrea, annichiliscono ogni ultima resistenza ai presunti doveri coniugali.
Oggi Carmela Rosalia Iuculano, con il fondamentale sostegno dell’avvocatessa Monica Genovese e degli uomini del Nucleo operativo di protezione, è una donna libera. Ha sostenuto centinaia di interrogatori e deposizioni come collaboratrice di giustizia. Ha contribuito a far condannare decine di mafiosi, tra cui Pino Rizzo e altri familiari. Ora Carmela sta costruendo con fatica per lei e i suoi figli un altrove fuori dalla trappola buia in cui ha vissuto.
1 commento:
Bellissimo, vero, doloroso, intenso
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