mercoledì 9 marzo 2011

Costa d'Avorio, brucia la terra del cacao

di Gabriele Santoro

In Costa d'Avorio 450mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per le violenze tra le opposte fazioni che sostengono rispettivamente il presidente uscente Laurent Gbagbo e il primo ministro Alassane Outtara risultato vincitore nelle ultime elezioni del novembre scorso. Gli ivoriani già rifugiati nella confinante Liberia sono 75mila, 200mila persone risultano sfollate ad Abidjan, 70mila nell'ovest del Paese dove gli scontri sembrano essere più violenti. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha richiamato il personale e interrotto il flusso degli aiuti umanitari per le condizioni di insicurezza dell'area.

L'Onu e l'Unione Africana assistono inermi all'escalation di violenza che potrebbe far sprofondare il Paese nella guerra civile come nel 2002. Laurent Gbagbo ha deciso di disertare la mediazione organizzata dall'UA per domani ad Addis Abeba, mentre Outtara sostenuto dall'Europa e dagli Usa è arroccato in un hotel di Abidjan circondato dalle milizie del rivale. Sul territorio sono dispiegati oltre ottomila caschi blu delle Nazioni Unite. Il paese è paralizzato e la quotazione del cacao, di cui la Costa d'Avorio è il primo produttore mondiale (1,3 milioni di tonnellate raccolte all'anno e costituisce il 20% del Pil ivoriano), è alle stelle con le esportazioni bloccate da gennaio. Una guerra giocata proprio sulla primaria fonte di reddito ivoriana. Gbagbo ha annunciato la nazionalizzazione dell'industria del cacao, che nel breve periodo potrebbe portare dei vantaggi agli agricoltori che venderebbero il prodotto allo Stato. Outtara, che ha ottenuto il sostegno delle multinazionali e dei trader del settore, ha già promesso ritorsioni contro i produttori che coopereranno con Gbagbo.

Sullo sfondo dello scontro emerge il ruolo geopolitico e l'influenza della Cina molto più cauta nello schierarsi a favore di una delle due fazioni. L'approccio pragmatico e alla pari di Pechino ha ormai conquistato le diplomazie e i governi africani. Gli Stati Uniti, come evidenziato dalle corrispondenze diplomatiche informali rivelate da WikiLeaks, sono sempre più preoccupati dall'egemonia cinese nel continente africano. Il rapporto annuale China-Africa Trade and Economic Relationship del think-tank "Chinese Academy of International Trade and Economic Cooperation" certifica il sorpasso nel volume degli scambi commerciali: nel 2009 la Cina è diventata il primo partner dell'Africa riaccendendo i riflettori su un continente "dimenticato".

Ieri per le strade di Abidjan in occasione dell'8 marzo hanno manifestato moltissime donne, protagoniste vere del cambiamento africano, con i loro vestiti colorati e fiori in mano per chiedere la cessazione della violenza. Come la scorsa settimana, in cui ne sono state uccise sette dagli spari della polizia, sono state prese di mira mentre sfilavano con lo striscione "Non sparateci, diamo la vita".

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