di Gabriele Santoro
ROMA – La storia della tredicenne Beatrice Ion racconta di una Roma capace di accogliere, integrare e arricchirsi dell’energia vitale di una generazione di futuri italiani. “Bea” è una ragazza speciale: la poliomelite che la costringe a muoversi con una carrozzina non ha spento i suoi sogni. Il 3 aprile ha vinto con la propria squadra, il Santa Lucia minibasket, lo scudetto nazionale e lei, romena di nascita, ha festeggiato cantando insieme a tutti i compagni “Fratelli d’Italia”.La baby campionessa ti incalza con un sorriso e ti spiega la propria straripante voglia di vivere in un italiano piacevole per varietà e ricchezza lessicale. «In realtà è difficile esternare le sensazioni di una vittoria così unica - sottolinea Beatrice - dopo diversi giorni ancora non ho realizzato l’impresa, però occupa un posto preciso quello dell’anima. La notte della finale non ho dormito e ho pianto per la gioia. Il giorno seguente sono andata a scuola con la medaglia e l’ho mostrata a tutti!» “Bea”, come qualsiasi vero atleta, vuole alzare sempre l’asticella delle sfide, «perché vincere o perdere da più gusto con avversari competitivi». Gli allenatori, Djodji Ntendarere e Carlo Di Giusto, scommettono quotidianamente nello sviluppo del suo talento e della consapevolezza del corpo.
La vita italiana di Beatrice è iniziata nel febbraio del 2004 con un viaggio della speranza dalla cittadina danubiana Orşova destinazione Roma. All’età di tre mesi una reazione al vaccino anti-polio ha scatenato la malattia diagnosticata solo sei anni più tardi all’arrivo in Italia. «La ragione principale che ci ha spinto a lasciare casa - spiega Giorgia, la mamma trentaduenne - è stata curare nostra figlia. In Romania non avevamo neanche la sedia a rotelle e la portavo in giro con il passeggino. La prima tappa romana è stata il Pronto Soccorso del “Bambin Gesù”. Lì abbiamo avuto la diagnosi e ottenuto grazie all’interesse di un dottore la carrozzina tramite la Caritas».
Dopo un periodo di andate e ritorni dalla Romania per la scadenza trimestrale dei permessi di soggiorno, decaduti in seguito all’ingresso del Paese nell’Ue, è cominciato il percorso di integrazione della famiglia. Oggi i coniugi Ion hanno un regolare contratto di lavoro, rispettivamente come operaio edile e come colf, e cercano di far quadrare i conti tra affitto, bollette e assicurazione della macchina godendosi la nuova esistenza di Beatrice. «Stiamo costruendo il nostro futuro qui - prosegue Giorgia - a Roma abbiamo incontrato tanta gente disposta ad aiutarci come la signora Liliana con la quale siamo riusciti a entrare in contatto con il Santa Lucia, dove dal luglio 2007 “Bea” ha iniziato a fare fisioterapia e piscina. Barbara, la fisioterapista, testando la sua grande forza fisica e mobilità le ha proposto di provare con la squadra di minibasket in carrozzina interna all’ospedale ed è scoccata subito la scintilla: non salta mai un allenamento e vuole arrivare sempre in anticipo. In due anni ha fatto moltissimi miglioramenti scoprendo una vera passione».
Lo sport ha aumentato l’autonomia di Beatrice a cui non manca certo lo spirito d’iniziativa. Quando i genitori sono fuori per lavoro si cucina da sola, accudisce un simpatico esemplare di “beagle”, ascolta tantissima musica ed è pazza per la popstar dei teenager Justin Bieber ed esce con gli amici. Ha imparato l’italiano nei primi anni romani attraverso la televisione e a scuola se la cava bene. Ma il suo sogno è a canestro. «La prima volta in palestra è stata quasi per caso - conclude l’aspirante cestista - ma mi ha conquistato subito. Il basket mi ha reso felice, indipendente girando l’Italia per le trasferte e riempito di amici. Vorrei diventare una giocatrice professionista. Roma? Ormai è casa mia. Amo le sue gelaterie, le sue pizzerie e l’arte che si ammira ovunque. Non mi piacciono i marciapiedi e i mezzi di trasporto, autobus e metro, spesso inaccessibili per le persone in carrozzina». Forse un giorno, una volta ottenuta la cittadinanza, ci sarà una maglia azzurra anche per “Bea”.