di Gabriele Santoro
ROMA – Per
Fadila, che a scuola non è mai stata, le lettere che compongono il proprio nome
rappresentano un universo inesplorato. L’identità non si materializza nei
grafemi. Anche le indicazioni elementari della metropolitana costituiscono solo
un insieme di segni irriconoscibili. In assenza di un principio organizzativo
dell’astrazione, il foglio è uno spazio bianco in cui si smarrisce. Édith,
parigina colta e benestante, invece è una traduttrice che vive di parole
scritte. Quando scopre che la domestica firma gli assegni con la X e non può
distinguere la corrispondenza, si propone di insegnarle a leggere e scrivere.
Fadila, sessantenne marocchina emigrata a Parigi, percepisce la vergogna di
sentirsi esclusa a causa della mancata scolarizzazione e manifesta una gioia
profonda nell’affrontare una sfida ardua che ha il sapore dell'indipendenza.
Nel romanzo
breve Mandorle amare (Edizioni e/o, pp 167, euro 17, tradotto da Alberto Bracci
Testasecca) Laurence Cossé emoziona con la storia vera di un incontro potente,
faticoso, sorprendente e doloroso. La lettura richiede la stessa pazienza di un
apprendimento lento e complesso, soprattutto in età così avanzata, durante il
quale si alternano momenti di entusiasmo e sconforto.
Le ore di
lezione sono un’occasione di conoscenza preziosa e scambio tra due esistenze
tanto distanti dal finire per attrarsi. Fadila consente a Édith di compiere un
viaggio straordinario nelle contraddizioni insanabili della propria vita senza
amore nei quartieri della banlieue e di mettersi in discussione. Si sfoga per
la stanza angusta in subaffitto, insopportabile da abitare specialmente nelle
notti insonni. llumina l’incomunicabilità culturale e affettiva che la divide
dai figli e non perdona Zora, che permette al marito di picchiarla: «Non siamo
in Marocco, deve ribellarsi». Durante i Mondiali di calcio tifa per Les Bleus.
Alle elezioni presidenziali del 2008 tra Sarkozy e Royal sceglie il primo,
perché «al governo è sempre meglio un uomo che una donna. E serve mettere
ordine». Nelle sgrammaticature di una lingua incerta si esprime un mondo
lontano che invoca accoglienza e riscatto. La costruzione di un’amicizia copre
le distanze sociali e Cossé riesce a restituire tutto il calore di due mani
tenute insieme dal desiderio di scrivere.
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