Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 25,
18 marzo 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
LA DENUNCIA
«Lo so che per la vostra mentalità sto sbagliando, ma voglio avere la
possibilità di fare una vita diversa». La giovane Denise racchiude nello spazio
di un sms rivolto ai parenti il senso di una ribellione culturale, che nasce
dall’anima di una donna coraggiosa quale era sua madre. Lea Garofalo, rompendo
con i codici arcaici e maschilisti del potere ‘ndranghetista, ha disegnato un
futuro di libertà per la propria figlia e per tutti i figli della Calabria,
oppressa dal sistema dei clan alimentato da molteplici connivenze. Una terra
aspra e bellissima che nel colpevole disinteresse generale rischia di abdicare
a un oblio violento.
L’Italia quaggiù, raccontata dal giornalista Goffredo Buccini in un viaggio ricco di incontri, però cerca di muoversi verso un cambiamento faticoso, doloroso e potenzialmente rivoluzionario. Una strada intrapresa da
un gruppo di lucide visionarie che, unendo vissuti e condizioni sociali distanti, non si arrende all’ineluttabilità di un destino d’infelicità. «Sì, io ci spero che la rivolta delle donne possa distruggere i clan. In Calabria è fortissimo il ruolo della donna e, nei valori che trasmettono ai figli, tutto passa attraverso le mamme», confida Maria Carmela Lanzetta.
L’Italia quaggiù, raccontata dal giornalista Goffredo Buccini in un viaggio ricco di incontri, però cerca di muoversi verso un cambiamento faticoso, doloroso e potenzialmente rivoluzionario. Una strada intrapresa da
un gruppo di lucide visionarie che, unendo vissuti e condizioni sociali distanti, non si arrende all’ineluttabilità di un destino d’infelicità. «Sì, io ci spero che la rivolta delle donne possa distruggere i clan. In Calabria è fortissimo il ruolo della donna e, nei valori che trasmettono ai figli, tutto passa attraverso le mamme», confida Maria Carmela Lanzetta.
IMPEGNO POLITICO
La narrazione della sindaca di Monasterace, vittima più volte di atti
intimidatori a causa del proprio impegno politico, s’intreccia con altre
esperienze (dal lavoro della collega rosarnese Elisabetta Tripodi alla vicenda
triste della testimone di giustizia Maria Concetta Cacciola, per arrivare al
magistrato di Locri Katy Capitò) e offre le chiavi di lettura del riscatto
sognato. Il rispetto delle regole, a partire dalla riscossione delle tasse per
i servizi. Un’amministrazione della cosa pubblica efficiente e trasparente. Una
scuola che funzioni, perché l’istruzione rappresenta lo strumento fondamentale
per aprire le menti e i cuori.
La costruzione di un tessuto economico alternativo a quello criminale. Uno Stato che tuteli chi si emancipa attraverso la denuncia lacerante dei delitti di padri, fratelli o mariti, destrutturando famiglie malavitose. Una lotta che non ammette deroghe e affonda le radici nell’esempio di uomini come Peppe Valarioti. «Mi vedono come un simbolo, ma la nostra gente non campa di simboli, qua ci servono strade, scuole, ospedali (…). Vede, se perdiamo a Monasterace, perdiamo tutti assieme. Perdete anche voi, l’Italia è una sola».
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