sabato 2 marzo 2013

Mammarella, l'Italia e la crisi politica della Seconda Repubblica

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 29,
2 marzo 2013

di Gabriele Santoro

di Gabriele Santoro

SAGGI

Il compendio L’Italia di oggi (Il Mulino, 200 pagine, 13 euro) firmato dallo storico Giuseppe Mammarella, docente emerito della Stanford University, racchiude tutte le ragioni della crisi della Seconda Repubblica ed è uno strumento utile a comprendere l’evoluzione attuale dello scenario politico, terremotato dall’eccezionale affermazione elettorale del Movimento 5 Stelle. L’analisi muove i passi dal 1992 per ricostruire un ventennio di occasioni mancate e riforme non realizzate, che avrebbero permesso al Paese di modernizzare l’architettura istituzionale.

Mammarella riannoda le scelte e i fatti che hanno caratterizzato il sostanziale fallimento dei due progetti politici nati sulle macerie della partitocrazia della Prima Repubblica. Da una parte l’eterogeneo centrosinistra, che vanta il merito dell’ingresso nell’Euro, arenatosi in un’opposizione puramente nominalistica a Berlusconi e incapace spesso di proporre un'alternativa convincente, ascoltando le istanze più profonde della società. Dall’altra il centrodestra, trascinato ed egemonizzato della leadership di Silvio Berlusconi, ha tradito le promesse di una rivoluzione liberale ispirata al modello reaganiano dello Stato minimo. Il professore approfondisce anche i motivi e le modalità della discesa in campo del Cavaliere, soffermandosi su un nodo ancora cruciale: lo scontro con la magistratura permanente e condizionante per l’azione governativa.

RECESSIONE
Una doppia eredità negativa che rende fragile il sistema e appesantisce gli esiti di una recessione epocale. Emergono varie analogie con il 1992: a partire dall’incapacità di autoregolamentazione dei partiti e dal dilagare della corruzione. Oggi come allora l’Italia non sembra disporre di ricette per scalfire il debito pubblico, rimasto in vent’anni sempre oltre il livello di guardia e aggravato dalla crescita zero conseguente al progressivo processo di deindustrializzazione. In un clima di reciproca delegittimazione, tratto distintivo di un bipolarismo che non ha assicurato una reale governabilità, e in assenza di dialogo tra gli schieramenti appare ancora quanto mai difficile immaginare la definizione di un quadro di regole condivise. «Le riforme sono il passaggio obbligato al nuovo modello di sviluppo, ma condizioni fondamentali restano il cambiamento della classe politica e la semplificazione dei processi decisionali».

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