di Gabriele Santoro
ROMA – Nel 1984 Marine Le Pen doveva ancora raggiungere la
maggiore età, quando il Front National trascinato dal padre Jean-Marie con
l’11% dei consensi otteneva il primo exploit alle elezioni europee. Oggi i
sondaggi accreditano il FN come potenziale primo partito francese in vista
delle vicine consultazioni per il parlamento di Strasburgo. La leader, dopo una
rapida scalata interna, ha rilanciato il movimento d’estrema destra, puntando
forte anche sul web.
Durante la traversata nel deserto del partito, tra il 2007 e
il 2010, ha varato una svolta 2.0 con un attivismo propagandistico multimediale.
«Hanno sfruttato intensamente e con profitto i social network per ricreare un’immagine
politica: un’identità gentile come vetrina della radicalità mai abbandonata delle
proposte - spiega Francesco Marchianò, autore con Nicola Genga per la Società
Italiana di Scienza Politica della ricerca Le
Pen: un Front National 2.0? -. Si tratta di un’operazione di cosmesi utile
alla necessità di rilancio, che però ha poco di social: non c’è interazione con
la base. Il partito è fortemente gerarchizzato con poco dibattito interno:
Facebook, Twitter e Youtube vengono utilizzati in funzione del rafforzamento
della leadership. Il sito non ha mai avuto un forum, e non si registrano interventi
sui social network».
Il Front National ha realizzato prima di tutti i competitor nazionali un sito
internet, per sopperire alla minore visibilità mediatica prodotta dalla
stabilità bipolare del sistema politico d’Oltralpe. Come ben documenta la
pubblicazione, The new face of digitalpopulism, del principale think-thank britannico Demos lo spazio pubblico
virtuale è uno strumento formidabile di divulgazione, reclutamento e
internazionalizzazione dei movimenti europei di matrice populista. Si
riconoscono nella contrapposizione manicheista élite-popolo; nel rifiuto del
multiculturalismo e il “mostro” burocratico di Bruxelles rappresenta il nemico
che unisce. Questi movimenti, che ragionano soprattutto in ottica locale, sono sempre stati frammentati e hanno considerato con diffidenza ipotesi di alleanze sovranazionali.
«Il web 2.0 garantisce una cassa di risonanza perfetta, la
flessibilità delle organizzazioni e contribuisce alla costruzione di identità -
dice Manuela Caiani, ricercatrice presso l’Institute for Advanced Studies di
Vienna e co-autrice di Web nero (il
Mulino, 2013) -. Si ridefinisce il messaggio politico, che restituisce una
risposta anti-establishment semplificata a problemi complessi, cavalcando il
disagio sociale. La presenza dell’estrema destra sulla Rete è in crescita: in
nome della sovranità nazionale avversano la globalizzazione e l’integrazione
europea. I fattori che propiziano la diffusione sono molteplici: dal tipo di
legislazioni del web al clima culturale locale».
Lo scorso Natale, durante il congresso federale della Lega
Nord, si è consolidato il progetto di un’alleanza (l’ultima rilevazione di Vote
Watch Europe gli assegna 38 seggi; ne servono 25 con eletti sette paesi diversi
per costituire un gruppo all’europarlamento) euroscettica: dal Front al Pvv di
Geert Wilders che vuole l’Olanda fuori dall’Ue e vola nei sondaggi. Cravatta
verde per l’occasione, accolto da un tifo da stadio, ha acceso l’entusiasmo leghista:
«Buongiorno Padania! Stiamo combattendo la stessa battaglia per l’indipendenza
da Bruxelles. L’Euro ha fallito: non controlliamo più i nostri soldi, i confini
e la politica sull’immigrazione è coordinata da un’ hippie svedese (la
commissaria Cecilia Malmstrom) che non ha votato nessuno. A maggio diremo
basta: non siamo estremisti e xenofobi; lottiamo per l’identità». Il referendum
svizzero per porre delle quote d’ingresso agli immigrati è stato unanimemente
celebrato sul web come «una vittoria del popolo contro la tecnostruttura Ue e un
avvertimento alle nostre vecchie democrazie sclerotizzate».
Lo studio The populist
radical right party in the Europeanparliament del ricercatore
Marley Morris mostra con evidenza come la loro attività durante la legislatura
si limiti all’ostruzionismo e all’invettiva. Spopola, rimbalzando tra i vari
social, l’intervento spot del britannico Nigel Farage, leader dell’Ukip, in
un’apparizione nel consesso di Strasburgo, rivolto al premier greco Samaras: «Complimenti
per aver svenduto la sovranità della Grecia! Le Europee saranno una battaglia
delle democrazie nazionali contro la burocrazia dei tecnocrati!» «L’incidenza ovviamente dipenderà dai numeri elettorali
reali - conclude Caiani -. Un successo relativo offrirebbe spazio mediatico, ma
non sposterebbe la policy europea. Inciderebbe invece maggiormente sugli
equilibri nazionali».
Nessun commento:
Posta un commento