venerdì 10 luglio 2015

«Palermo come Roma». Berlinguer, La Torre e il Compromesso storico


di Gabriele Santoro

In numerosi scritti e interviste, alcune delle quali selezionate da Franco nell'appendice del libro, La Torre offre la personale e composita valutazione della Democrazia cristiana. Nell'ambito del Seminario sulla Dc, tenutosi dal 7 all'11 maggio 1973, produsse uno sguardo d'insieme paradigmatico sui caratteri e sulle contraddizioni del partito che nel dopoguerra prese le redini del Paese. Ventidue pagine dattiloscritte che anticiparono di qualche mese le conseguenze politiche italiane del golpe cileno, che decretò la fine del governo di Unidad Popular del presidente Salvador Allende, e i tre articoli di Enrico Berlinguer pubblicati su Rinascita fra il 28 settembre e il 12 ottobre 1973. L'analisi di La Torre precorreva la dinamica del Compromesso storico, che in Sicilia si attuò prima che a Roma.

Già nel 1972 l'insediamento in segreteria regionale di Achille Occhetto inaugurò una nuova fase, che possiamo recuperare nei ragionamenti di La Torre. Nell'articolo Le sinistre di fronte alla crisi del Sud (Rinascita, 29 settembre 1972) diagnosticò il malessere, cavalcato dalla destra missina (alle Regionali del 13 giugno 1971 schizzò dal 6.55% al 16.33%; la Dc scese dal 40% al 33%), del sistema prosperato sulla discriminazione anticomunista e sulla dissennata spesa pubblica, la crisi dell'edilizia che aveva finanziato il blocco sociale e politico democristiano. Individuò nei piani regionali di sviluppo il terreno di aggregazione di un vasto schieramento di forze sociali disponibili a uno sbocco democratico dell'impasse italiana.

Evocativa una fotografia del 1974, che ritrae Berlinguer a fianco di La Torre, il quale sembra sussurrargli qualcosa. La scattarono durante la Conferenza economica per lo sviluppo della Sicilia, in previsione del “Progetto Sicilia”, che divenne la base programmatica a sostegno della politica delle larghe intese. Il preludio a maggioranze di governo che comprendessero il Pci. Nel dicembre 1974 durante i lavori di preparazione del XIV Congresso del Pci, La Torre nel dibattito sulla relazione di Berlinguer:

«(...) In questa situazione anche di fronte al traguardo delle elezioni regionali è necessario che il partito faccia uno sforzo per corrispondere sempre più concretamente al suo ruolo di portavoce degli interessi generali del paese. È anche così che daremo un contributo decisivo anche alla formazione di nuovi schieramenti di maggioranza all'interno della Dc che, battendo posizioni integraliste e antioperaie, permettano l'ulteriore sviluppo del processo unitario e quell'incontro fra le grandi componenti delle masse popolari italiane che abbiamo definito Compromesso storico».

Il Pci voleva distinguersi di fronte a vasti strati delle popolazioni meridionali come forza responsabile, come partito di governo. Il Pci spinse per l'unità delle forze autonomiste, che aveva l'obiettivo di superare il difficile momento a livello nazionale (nel '75 il Pil segnò - 2.1% e l'inflazione volò all'11%) e nella vita della Regione, mediante l'interlocuzione con la Dc. Una strategia che pagò con l'inversione di tendenza del 1975 e il balzo in avanti elettorale del 1976. In Sicilia l'attenzione democristiana per la proposta comunista si materializzò nel 1974 con la segreteria di Rosario Nicoletti, leader di una minoranza che guardava a sinistra, oltre il Psi. Due accordi legislativi segnarono l'avvicinamento: il «Piano regionale di interventi per il periodo 1975-1980» e il «Programma di fine legislatura», approvato il 20 novembre del 1975.

Piersanti Mattarella, che nel 1971 aveva assunto la carica di assessore al bilancio, ricoperta poi per sette anni, era elemento proattivo nell'intento di affermare una nuova linea politica meridionalistica, che non poteva prescindere da una Democrazia cristiana diversa. Tre le priorità: smantellare il metodo dell'intervento speciale; attuare il decentramento delle funzioni regionali agli enti locali; salvare il partito dal degrado (congressi illegali, tesseramento falso, atti di sopruso continui) documentato dal Libro bianco del 17 novembre 1970, firmato tra gli altri da Reina, Nicoletti e inviato a Roma. «Rivolta contro Gioia nella Dc, si chiede alla Direzione di sciogliere gli organi locali», titolò L'Ora. Sulla questione comunista seguì in modo organico l'orma del proprio maestro, Aldo Moro, accogliendo la richiesta di ascolto delle istanze del Pci e si accostò alle posizioni di Nicoletti. La Torre ne La questione comunista e la Sicilia (L'Ora, 20 settembre 1974) sottolineò la preparazione, l'intelligenza e le aperture di Mattarella, nonché gli ostacoli:

«(...) Per uscire dalla crisi data la sua estrema gravità e profondità si impone una energica azione di risanamento e di vita nazionale. Tutti ormai riconoscono (ecco un punto acquisito nel dibattito) che a tale azione di risanamento e rinnovamento debbono contribuire tutte le forze che si riconoscono nel patto costituzionale. L'onorevole Mattarella per esempio è d'accordo fino a questo punto. Il dissenso nasce quando si tratta di precisare cosa si intende per contribuire e sui modi di contribuire. Ma noi non intendiamo affatto appiattire la dialettica facendo sparire i confini tra maggioranza e opposizione. Proponiamo di dare vita a una nuova più ampia e rappresentativa maggioranza a cui certamente si contrapporrebbe un altro schieramento di opposizione, di destra».

A Palermo nel 1970 era cambiato qualcosa anche nella Chiesa con l'ascesa di Salvatore Pappalardo, nominato cardinale nel marzo del 1973, inequivocabile nella condanna senza appello della mafia e delle sue propaggini. Nella relazione del maggio '73 sopracitata, La Dc e il Mezzogiorno, La Torre fece notare la contraddizione primigenia di un partito che, pur richiamandosi all'ispirazione popolare contadina sturziana, difese il clientelismo e il trasformismo del blocco agrario. Anch'essa, come gli articoli di Berlinguer, va collocata nella gravità del contesto internazionale, delle ingerenze convergenti dei due blocchi, e nel quadro dell'eversione stragista interna. A distanza di pochi giorni, il 17 maggio 1973, si consumò la strage alla Questura di Milano. E già nel 1971 l'omicidio del magistrato Pietro Scaglione fu sintomo del disequilibrio del sistema e della stagione di delitti eccellenti a venire.

Nelle parole di La Torre intorno alla riforma agraria si concretizzò il ricatto da destra. Analizzò i flussi elettorali democristiani, che nel Mezzogiorno si rigonfiavano quando l'occhio strizzava a destra, verso gli interessi dei ceti possidenti. Nella sua lettura restò poco del programma avanzato di riforme con cui la Dc si era presentata all'Assemblea Costituente. La direzione degasperiana si limitò a farsi garante della restaurazione capitalistica sotto l'ombrello statunitense e degli interessi della borghesia. Un passaggio che coincide nell'argomentazione berlingueriana dell'autunno '73:

«(...) Sappiamo bene che la politica di rottura dell'unità delle forze popolari e antifasciste perseguita dai gruppi conservatori e reazionari interni e internazionali e dalla Democrazia cristiana – una politica che il paese ha pagato duramente – ha interrotto il processo di rinnovamento avviato dalla Resistenza. Essa non è però riuscita a chiuderlo. Un esteso e robusto tessuto unitario ha resistito nel paese e nelle coscienze a tutti i tentativi di lacerazione; e questo tessuto, negli ultimi anni, ha ripreso a svilupparsi, sul piano sociale e su quello politico, in forme nuove, certo, ma che hanno per protagoniste le stesse forze storiche che si erano unite nella Resistenza. Il compito nostro essenziale – ed è un compito che può essere assolto – è dunque quello di estendere il tessuto unitario, di raccogliere attorno a un programma di lotta per il risanamento e rinnovamento democratico dell'intera società e dello Stato la grande maggioranza del popolo, e di far corrispondere a questo programma e a questa maggioranza uno schieramento di forze politiche capace di realizzarlo. Solo questa linea e nessun'altra può isolare e sconfiggere i gruppi conservatori e reazionari, può dare alla democrazia solidità e forza invincibile».

Al tramonto dell'era De Gasperi il clientelismo degli apparati pubblici, foraggiato dalla politica dell'intervento straordinario per fronteggiare l'arretratezza meridionale, soppiantò l'influenza dei vecchi notabili. La Torre riepilogò i numeri spaventosi della colossale e improduttiva spesa pubblica, dissipata dagli strumenti (dalla Cassa del Mezzogiorno in giù) atti a determinare la progressiva compenetrazione della Dc con l'apparato dello Stato. Alla Dc lanciò una sfida costruttiva per uscire dalla crisi, identificando nella matrice popolare democristiana l'opportunità di un dialogo senza cedimenti su un terreno costituzionale e antifascista. Alla Dc, che pretendeva ancora di essere l'unica architrave della democrazia italiana, chiesero di rimediare alla negazione di quel processo di rinnovamento, che si sarebbe realizzato mediante l'incontro con le masse guidate dai comunisti e dai socialisti.

L'obiettivo era duplice: continuare a lavorare per mutare il rapporto di forza elettorale e al contempo condurre una battaglia politica per far prevalere certe posizioni dentro alla Dc. L'orizzonte di un La Torre guardingo non era un accordo di vertice, ma mettere insieme le basi popolari dei due partiti. Come gli riuscì poi a Comiso, un'alleanza trasversale avversa l'installazione dei 112 missili Cruise.

«(...) Dobbiamo operare perché all'interno della Dc si determinino schieramenti che tendano a isolare i gruppi collegati alle posizioni più retrive, per suscitare in quel partito una tensione antifascista. Noi diciamo che occorre determinare ed accelerare l'incontro, nel senso di partecipazione della componente comunista alla gestione del potere regionale nel Mezzogiorno, come esigenza vitale per la democrazia. Farsi carico della crisi e degli sbocchi a tutte le questioni aperte. Dichiariamo di volerlo fare con gli altri, con tutte le forze democratiche e antifasciste e perciò ricerchiamo l'intesa con la Dc. Per uscire dalla crisi crediamo che ci voglia la partecipazione delle forze democratiche della Dc. Occorre avere il convincimento che per portare avanti il processo di sviluppo della democrazia nel nostro Paese, per realizzare le trasformazioni sociali, per andare avanti sulla via italiana al socialismo, dobbiamo avere una grande componente cattolica e questa componente cattolica si traduce in forze decisive della Dc come partito politico», da La Dc e il Mezzogiorno.

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