sabato 26 dicembre 2009

L'America dello Nba special Christmas

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=85518&sez=HOME_SPORT

di Gabriele Santoro


ROMA (26 dicembre) - «Avrei trovato bizzarro non lavorare a Natale. E’ speciale giocare, mentre la gente è in casa e si gode le feste sorseggiando l'eggnog (tipica bevanda natalizia statunitense, una sorta di zabaione con latte uova e panna, annegato nel whisky e nel rum, ndr)». Ecco come Derek Fisher, playmaker veterano dei Lakers, descriveva alla vigilia della sfida con i Cavaliers la straordinaria normalità dell’Nba Special Christmas. Un evento unico, orchestrato a dovere dal commissioner Nba David Stern, capace di catturare l’attenzione di milioni di statunitensi, probabilmente anche quella del presidente Barack Obama, partito per le vacanze alle Hawaii rinfrancato dal traguardo ormai vicino della riforma sanitaria, fondamentale per la campagna elettorale di medio termine. Una notte per dimenticare le tribolazioni della Main Street americana, stritolata nella morsa della disoccupazione record e animata dalla rabbia verso i profitti record di Wall Street. Nell’anno della crisi globale i traders delle prime ventitre banche e fondi d’investimento della piazza borsistica Usa si spartiranno una torta di bonus record da centoquaranta miliardi di dollari.

Fuori dallo Staples Center il sole rende ancora più attraente la costa di Los Angeles, dentro all’arena losangelina l’atmosfera è ancora più calda. Scorrendo il parterre dei Lakers sembra di stare più alla prima di un film di Hollywood, che a una partita di pallacanestro. Prima della palla a due degli improbabili cantanti addobbati da Santa Claus eseguono una versione natalizia di The Star-Splanged Banner (la bandiera adorna di stelle, ndr), l’inno Usa. Bambini emozionati si tengono stretti i gadget distribuiti dalle star in canotta, immortalati nei poster che colorano le pareti di casa e animano i sogni.

«E’ una tradizione ed è davvero speciale farne parte». Kobe Bryant sa quanto la partita di Natale può essere lo spartiacque di un’intera stagione. Proprio un anno fa con i suoi Lakers inflisse una pesante lezione ai Boston Celtics, campioni in carica, interrompendo una striscia di diciannove vittorie consecutive e regalando al proprio coach la millesima vittoria in carriera. Una sconfitta che ha messo molta sabbia, complice una sequela infinita di infortunati, negli ingranaggi della squadra di coach Doc Rivers. Certo tra Cleveland e Los Angeles non c’è la stessa rivalità storica che con i Celtics, ma da settimane sulla bocca di tutti i media d’oltre oceano aleggia la sfida Bryant-James. Il campione, che non ne vuole sapere di cedere lo scettro, e l’erede designato, che ha fretta di vincere. Una scena esemplificata negli ultimi 2’ di garbage time: a partita ormai chiusa Kobe (35 punti con 35 tiri) difende come un ossesso su Lebron, lanciando messaggi chiarissimi.

Questa volta Mike Brown, tecnico di Cleveland, disegna la partita perfetta e i suoi dopo una partenza a rilento dominano in casa dei campioni. L’ex Lottomatica Roma, che nostalgia incolmabile, Anthony Parker monta una guardia asfissiante sul 24 gialloviola. Shaquille O’Neal (11 punti, 5 schiacciate), che scortato dalla guardia del corpo pure in panchina viene accolto da fischi e qualche timido applauso, schiaccia tutto quello che gli passa per le mani e in difesa è una muraglia. Malissimo il reparto lunghi dei Lakers: il Gasol (4/11 al tiro) fresco di rinnovo (57 milioni Usd fino al 2014) in post-basso è evanescente e Bynum è la solita testa svagata. King James (26 punti, 9 assist) spegne l’agonismo fine a se stesso del pittoresco Artest con la sua fisicità straripante: attacca il ferro con una prepotenza unica, dalle mani dorate scaglia assist sublimi.

Poi se anche il globetrotter di Cleveland Jamario Moon (13 punti, 7/8 al tiro) non sbaglia nulla, c’è poco da fare per dei Lakers troppo nervosi. Espulso un anonimo Odom (6 punti, -18 di plus/minus). Volano parole grosse tra Fisher e Mo Williams (28 punti). I due leader si portano troppo rispetto per affrontarsi direttamente, ma l’aria è frizzantina. Lo Staples non gradisce lo spettacolo e si scatena in un inedito, per le arene a stelle e strisce, lancio di oggetti in campo. Nell’intervista durante l’ultimo time-out un ecumenico e inimitabile Phil Jackson prima sposta il mirino verso la terna arbitrale, per poi lasciarsi andare a uno dei suoi sorrisi sornioni: «La cosa più importante è fare un augurio di Buon Natale a tutti gli appassionati». Già è meglio pensare alle feste coach Jackson.

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