venerdì 15 gennaio 2010

I beni delle mafie diventano "cosa nostra"

Cosa prevede la legge, tappe fondamentali. La legge n.575 del 31 maggio 1965 è stata la prima a prevedere misure di prevenzione attivabili verso soggetti “indiziati di appartenere ad associazioni mafiose” e a introdurre la confisca dei beni nella disponibilità diretta o indiretta dell’affiliato.
All’indomani dell’omicidio eccellente del generale Carlo Alberto dalla Chiesa il parlamento approvò la legge n. 646/82, conosciuta come Rognoni-La Torre, che ha svolto un ruolo decisivo nel contrasto alla criminalità organizzata con l’introduzione nel Codice penale dell’articolo 416 bis e la fattispecie del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Altro elemento fondamentale della legge è il sequestro e la confisca da parte del Tribunale e la devoluzione allo Stato dei beni illecitamente ottenuti dei quali non fosse stata dimostrata la legittima provenienza.
Nel 1996 sulla spinta dell’imponente raccolta di un milione di firme dell’associazione Libera, il parlamento approvò all’unanimità la legge 109/96 che può essere considerata come un completamento della Rognoni-La Torre, in quanto prevede il riutilizzo a fini sociali o istituzionali degli immobili o delle aziende sottratte alle mafie. Si passa così da un’azione prettamente repressiva, come il sequestro e la confisca, a un’evoluzione culturale, sociale ed economica del contrasto alle mafie.

L’Agenzia del Demanio è responsabile della gestione dei beni confiscati dal momento della confisca definitiva del bene fino alla sua destinazione. La decisione sulla destinazione finale del bene è disposta dal Prefetto, su proposta non vincolante del Dirigente regionale dell'Agenzia del Demanio, sulla base della stima del valore risultante dagli atti giudiziari e sulla consultazione delle Amministrazioni interessate all'utilizzo del bene. Una volta adottato il provvedimento, il bene immobile viene consegnato all’utilizzatore. Dal 2005 è stato creato un unico database nazionale con le informazioni sui beni. Dal 2007 è stato approntato un nuovo modello di gestione e destinazione dei beni confiscati detto Progetti Territoriali, che prevede la consegna di Pacchetti omogenei di beni agli Enti locali e il loro riutilizzo sociale attraverso la firma di Protocolli d’intesa con le molteplici realtà della società civile.
Dal 1999 è stato istituito l’Ufficio del commissario straordinario del governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati. Soppresso dal 1 gennaio 2004 è stato riattivato nel 2007. Svolge un compito di sintesi e coordinamento fondamentale tra le amministrazioni pubbliche e il tessuto associativo interessato all’assegnazione dei beni. Importante anche la sua opera di monitoraggio. Un altro strumento è il Fondo unico giustizia: istituito con la legge n.133 dell’agosto 2008 prevede che le somme di denaro sequestrate e i proventi dei beni confiscati affluiscano al Fondo unico giustizia. Il fondo è gestito dalla società creata ad hoc Equitalia Giustizia spa, in cassa sono presenti 700 milioni di euro e lo scopo è di “riassegnare quote del Fondo ai ministeri dell'interno, della giustizia e all'entrata del bilancio dello Stato per le successive destinazioni”.

Con la legge 194/2009 sono state introdotte delle novità importanti per la velocizzazione delle procedure di assegnazione dei beni, ma c’è anche stata l’approvazione di un emendamento alla legge Finanziaria che “prevede la vendita degli immobili cui il Prefetto non è riuscito a destinare entro i 90 (0 180 nei casi più complessi) giorni previsti”. Un provvedimento fortemente criticato soprattutto dalle associazioni antimafie e che come sottolinea Don Luigi Ciotti “tradisce lo spirito della legge 109/96, la riutilizzazione sociale del bene, e rischia di far tornare nelle mani delle mafie tramite prestanome i beni faticosamente sottratti”.

Le cifre. Dal 1996 al 30 giugno 2009 i beni immobili (ville, alberghi, capannoni, etc) confiscati alla criminalità sono stati 8.933 (5407 quelli destinati, 4738 consegnati, per un valore di 725 milioni euro, l’86% è stato affidato a Enti locali per finalità sociali, il 14% allo Stato per finalità istituzionali). L’83% dei beni confiscati è situato nelle quattro regioni meridionali: Sicilia 46% (4.075), Campania 15% (1323), Calabria 14% (1300), Puglia 8% (722). Il rapporto tra bene confiscato e bene destinato è sempre stato in saldo negativo. Negli ultimi diciotto mesi c’è stata un’inversione di tendenza: ne sono stati destinati 1438 (valore patrimoniale di 230 milioni di euro), nei precedenti dodici anni 3969 per un valore di 500 milioni.
Le aziende (soprattutto nei settori delle costruzioni, ristorazione, immobiliare, turistico) confiscate sono 1.185, di cui solo 388 destinate (uno sconfortante 38%, 11% poste in vendita o in affitto, 89% in liquidazione, 1 azienda su 3 è tecnicamente fallita prima della consegna all’Agenzia del Demanio) e 581 sono uscite dalla gestione per fallimento, cessione o revoca della confisca. Il 38% delle imprese confiscate si trova in Sicilia (452), il 19% in Campania (227), il 14% in Lombardia(164), nel Lazio l’8% (101). Dai dati dell’Agenzia del Demanio al 31/12/2008 risultano destinatari dei beni confiscati 480 Comuni (oltre il 90% collocato al Sud) per una quantità complessiva di 3796 beni immobili.

Trecentosessantadue Comuni per 3141 beni hanno risposto al monitoraggio dell’Ufficio del commissario governativo sull’utilizzo dei beni confiscati: il 47.41% è effettivamente riutilizzato, il restante 52% no. Queste le motivazioni del mancato utilizzo: 6% immobili inagibili, 18.40% carenza di risorse finanziarie, 2.78% immobili in quota indivisa, 6% immobili occupati, 29.24% procedure per l’utilizzo avviate, 14% in attesa di finanziamenti, 25% varie. Nei primi nove mesi del 2009 sono stati liberati 160 immobili occupati abusivamente, spesso dagli stessi mafiosi. La carenza di risorse da destinare alla ristrutturazione e alla riconversione dei beni (spesso vandalizzati prima del rilascio o nell’attesa dell’assegnazione) è una delle ragioni principali del mancato utilizzo.

In Lombardia c’è un protocollo d’intesa che stanzia 4 milioni di euro per il biennio 2009/2010, nel Lazio sono stati stanziati 6.9 milioni di euro per il triennio 2009/2011 per finanziare progetti di ristrutturazione e conversione. Per le regioni dell’Obiettivo convergenza (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia) le risorse fanno riferimento al Programma operativo nazionale sicurezza, di cui è responsabile il commissario governativo, per un ammontare di 91.546.293 euro. Così suddivisi: in Sicilia 29 milioni di euro, in Puglia 22 milioni (più il bando “Libera il bene” Por 2007/2013 20 mln), in Campania (25 mln), in Calabria 13 (più il Por 2007/2013 per 20 mln).

Il ruolo delle associazioni. Le associazioni del terzo settore svolgono un ruolo fondamentale nella concreta attuazione della legge 109/1996. Grazie alla progettualità e all’impegno volontaristico i luoghi dell’illecito si trasformano in centri di socializzazione, di educazione alla legalità e di economia alternativa.
"Tra i beni confiscati particolare importanza rivestono i terreni agricoli: il loro elevato numero denota quanto l’investimento in agricoltura rappresenti una forma di riciclaggio di denaro sporco. Al 30/06/2008 i terreni agricoli risultavano essere il 21% del totale. La coltivazione delle terre assegnate alle cooperative ha rappresentato, oltre a un’occasione di lavoro per i giovani che vivono in zone ad alto tasso di disoccupazione, anche un duro colpo all’immagine d’incontrastato dominio delle mafie”. In Sicilia troviamo le cooperative più avviate come la Placido Rizzotto in provincia di Palermo o la Pio La Torre di Corleone: i prodotti dalla pasta al vino sono acquistabili a Roma, Napoli, Palermo etc nelle botteghe della legalità di Libera Terra.

Il 19 marzo 2009 l’associazione Libera e migliaia di manifestanti provenienti da tutta Italia hanno riempito le strade di Casal di Principe nella giornata di ricordo di Don Peppe Diana. Contestualmente alla manifestazione è stato sottoscritto il protocollo d’intesa “Le terre di don Peppe Diana” tra il Commissario straordinario, la Regione Campania, la Provincia di Caserta, i comuni di Cancello/Arnone e Castel Volturno, la Asl e le Associazioni del terzo settore per la costituzione di una cooperativa che nell’opera dei volontari di Libera Caserta già vive. La cooperativa, chiamata appunto “Le terre di don Peppe Diana”, gestirà complessivamente 88 ettari di terreno agricolo tra i comuni nel quadrilatero Casal di Principe - Cancello Arnone - Pignataro - Castel Volturno. In questo primo anno di lavoro nei sette ettari del podere di via Pagliuca a Castel Volturno, appartenuto al contrabbandiere Michele Zaza, la costituenda cooperativa ha svolto una funzione sociale di incredibile rilevanza.

La scorsa estate oltre cinquecento giovani provenienti da tutta Italia hanno passato almeno una settimana a testa nel bene confiscato, contribuendo alla ristrutturazione degli enormi spazi prima abbandonati e prendendo coscienza di una realtà difficile ma ricca di potenzialità. Nel mese di dicembre nelle stalle dove il boss teneva i propri cavalli purosangue è stata inaugurata la prima biblioteca pubblica di Castel Volturno, difficile crederlo, ma in un comune con oltre 23mila abitanti non ne esisteva una, grazie anche alla donazione di 5000 volumi da parte della Provincia di Pisa. Dalla prossima primavera poi partirà l’attività a pieno regime del caseificio, perno centrale del progetto in questo terreno, che punta a produrre quotidianamente 500 kg di pregiata mozzarella di bufala e a coinvolgere gli imprenditori locali anti-racket.

Gennaro Diana, l’anziano ma sempre combattivo e solare papà di Don Peppe, fa spesso visita ai giovani della cooperativa. Su campi come questo ha trascorso una vita di duro lavoro e oggi si commuove a guardare quei terreni restituiti alla collettività. “Mio figlio oggi sarebbe contento. E anch’io morirò contento se queste zone verranno ricordate come “le terre di don Peppe Diana”, arate dai trattori della legalità”.

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