di Gabriele Santoro
MILANO (20 marzo) - Come le vedove di Srebrenica e le madri di Plaza de Mayo. I familiari di oltre cinquecento vittime innocenti di mafia, riuniti dal prezioso lavoro di Libera, aprono in un silenzio emozionante il corteo con i volti dei propri cari caduti per aver compiuto fino in fondo il proprio dovere o per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dietro di loro da Porta Venezia a Piazza Duomo si snoda un corteo con oltre centomila presenze, consapevole e pieno di giovani delle scuole e dell'associazionismo (Acli, Legambiente, Avviso pubblico, Cgil, Agesci) che ruota intorno a Libera. Non ci sono bandiere di partito da sventolare, slogan da urlare e consenso da riscuotere. Una piazza per sentirsi meno soli di fronte allo smarrimento dell'illegalità e della corruzione dilagante e per dare forza al lavoro di memoria e impegno, guidato dall'instancabile Don Luigi Ciotti. Dalle terre di Don Peppe Diana a Castel Volturno e Aversa hanno viaggiato molti giovani l'intera notte e sono già pronti a ripartire felici, ma preoccupati per la mondezza che infesta la propria città. Dalla Calabria sono arrivati i ragazzi di "Adesso Ammazzateci tutti", ma anche dal Piemonte e dall'Emilia Romagna terra di conquista dei Casalesi. Sotto il cielo plumbeo e la pioggia fina di Milano campeggiano manifesti con le immagini di Peppino Impastato, Giovanni Spampinato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Questione di date? Dopo aver letto in una Piazza Duomo attenta e silenziosa tutti i nomi dei caduti della guerra mafiosa Don Ciotti prende la parola. "Innanzitutto voglio salutare tutti i giovani arrivati da tutta Italia, grazie al lavoro nelle scuole di molti presidi e insegnanti coraggiosi. La giornata della memoria e dell'impegno è una tappa del cammino sociale, culturale verso la legalità che dura 365 giorni all'anno. Dobbiamo impegnarci per una cultura della vita e della corresponsabilità. Guardate in faccia queste famiglie spezzate, ci affidano le speranze interrotte di legalità e democrazia per cui si sono sacrificati i loro parenti. La loro vita deve camminare sulle nostre gambe". Don Ciotti lancia un affondo sull'impasse politica su cui si è arenata l'istituzionalizzazione del 21 marzo in memoria delle vittime delle mafie. All'interno del Pdl si vuole trovare una data alternativa. "Nessuno ci potrà togliere il 21 marzo, primo giorno di una primavera democratica. Questa giornata è nata da voi familiari, non è la giornata di Libera e non serve trovare date alternative. Invito la politica a venire una volta a confrontarsi, ad ascoltare le persone senza decidere a tavolino. Meno parole e più fatti. Bisogna porre attenzione non solo alla fedina penale, ma anche ai comportamenti e alle frequentazioni dei politici. Nessuno deve essere al di sopra della legge". Per le strade del centro milanese sfilano persone ancora in attesa di giustizia e verità. Nel 70% dei casi dopo decenni ancora non si è arrivati ad assicurare assassini e mandanti alla galera.
Dall'Argentina arriva il giovane Granata. "Sono figlio di desaparecidos. Prima mio padre, poi mia madre sono stati assassinati dalla dittatura militare argentina. E' stata cambiata la mia identità. Solo a diciannove anni, grazie al lavoro delle madri di Plaza de Mayo ho recuperato la mia vera identità e la mia famiglia biologica. Mi sento molto vicino a questa piazza, perché il silenzio è il migliore alleato dell'impunità. Dopo tre decadi di lotta nel mio paese, solo ora stiamo raccogliendo i frutti di un lavoro difficile di memoria, giustizia e verità". Sul palco sale anche il combattivo Ilya Politvoskaja, figlio della giornalista russa uccisa per i reportages sulla guerra cecena e ancora molto lontano dall'ottenere giustizia. "L'anno scorso ero a Napoli. Quest'anno sono venuto a Milano. Mi emoziona questa piazza e la rete internazionale che stiamo costruendo è molto importante. Purtroppo in Russia una manifestazione del genere è impensabile. Speriamo un giorno di riuscirci".
La mafia al nord. La scelta di Milano come sede della manifestazione non è stata casuale. Se al sud la mafia uccide, inquina e controlla il territorio, al nord investe, costruisce e ripulisce gli immensi proventi dei traffici illeciti. L'indifferenza che ha accompagnato il radicarsi su territori prima immuni della criminalità organizzata è l'elemento che desta maggiore preoccupazione. A Lodi, e non a Locri, un autore teatrale come Giulio Cavalli è finito sotto scorta per i suoi spettacoli sull'ndrangheta. Nella sola Lombardia sono venticinque gli omicidi riconducibili alla criminalità organizzata. Al 31 dicembre 2009 la Lombardia è la quinta regione italiana per numero di beni confiscati, soprattutto nella provincia di Milano: quattrocentoventi beni che riflettono la pervasività delle ndrine calabresi nell'hinterland milanese. Per quanto riguarda le aziende la regione sale al terzo posto della graduatoria nazionale, con 165 (116 nella provincia di Milano) aziende confiscate. A Corsico, Garbagnate, Galbiate i luoghi dell'illegalità si stanno trasformando grazie alla legge 109/96 e al lavoro delle associazioni in beni a disposizione della società.
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