Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 23,
18 aprile 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
SAGGI
Lo storico Aldo Schiavone muove dall’esito delle recenti elezioni italiane per analizzare gli affanni del sistema politico e il collasso di un modello democratico distante dall’esigenza di partecipazione dei cittadini. Non ti delego (Rizzoli, 120 pagine, 15 euro) fotografa la rottura del compromesso che fonda le democrazie occidentali: la cessione di sovranità del popolo ai rappresentanti eletti.
UN RITO
Il voto si è trasformato in un rito stanco, a cui si aderisce più per costume che per convinzione. L’ossimoro della democrazia rappresentativa deflagra nella crisi dei grandi partiti di massa, ormai scollati nella propria autoreferenzialità dalle basi sociali di riferimento. Durante la Seconda Repubblica lo spazio della delega è stato declinato, in modo plebisicitario, da Silvio Berlusconi in un rapporto fiduciario e carismatico tra leader
ed elettori, esaurito nella verifica periodica del consenso sulla sua persona. Mentre la sinistra, «affetta da realismo incupito», perdeva la propria anima; la vocazione all’utopia. «Il dispositivo politico più produttivo e potente messo in campo nella storia umana» vacilla con la crescente pervasività di centri di comando tecno finanziari globali fuori controllo, che rincorrono solo il profitto e condizionano il destino dei popoli, e la delegittimazione dei politici, incapaci di interpretare la volontà collettiva.
APATIA
Dall’apatia dell’idea democratica, portatrice di valori universali positivi, affiora la necessità di una modernizzazione che guidi i cambiamenti travolgenti della nostra società. «Come non pensare che un mutamento così profondo della socialità produttiva non si rifletta sulle forme di una democrazia che abbiamo costruito proprio come sociale, e legata al lavoro industriale?». La sfasatura tra le istanze della cittadinanza e i tempi delle risposte della politica appare sempre più macroscopica.
È ineludibile la creazione di un ibrido, che accolga l’urgenza di una cittadinanza informata e matura di contare e di essere ascoltata. Una democrazia che mettendosi in discussione costruisca un rinnovato equilibrio fra tecnica e vita, fra lavoro e socialità. «L’essenza della democrazia non è la conservazione. Ma di arricchirsi in un continuo divenire istituzionale; in una trasformazione permanente delle proprie regole».
Lo storico Aldo Schiavone muove dall’esito delle recenti elezioni italiane per analizzare gli affanni del sistema politico e il collasso di un modello democratico distante dall’esigenza di partecipazione dei cittadini. Non ti delego (Rizzoli, 120 pagine, 15 euro) fotografa la rottura del compromesso che fonda le democrazie occidentali: la cessione di sovranità del popolo ai rappresentanti eletti.
UN RITO
Il voto si è trasformato in un rito stanco, a cui si aderisce più per costume che per convinzione. L’ossimoro della democrazia rappresentativa deflagra nella crisi dei grandi partiti di massa, ormai scollati nella propria autoreferenzialità dalle basi sociali di riferimento. Durante la Seconda Repubblica lo spazio della delega è stato declinato, in modo plebisicitario, da Silvio Berlusconi in un rapporto fiduciario e carismatico tra leader
ed elettori, esaurito nella verifica periodica del consenso sulla sua persona. Mentre la sinistra, «affetta da realismo incupito», perdeva la propria anima; la vocazione all’utopia. «Il dispositivo politico più produttivo e potente messo in campo nella storia umana» vacilla con la crescente pervasività di centri di comando tecno finanziari globali fuori controllo, che rincorrono solo il profitto e condizionano il destino dei popoli, e la delegittimazione dei politici, incapaci di interpretare la volontà collettiva.
APATIA
Dall’apatia dell’idea democratica, portatrice di valori universali positivi, affiora la necessità di una modernizzazione che guidi i cambiamenti travolgenti della nostra società. «Come non pensare che un mutamento così profondo della socialità produttiva non si rifletta sulle forme di una democrazia che abbiamo costruito proprio come sociale, e legata al lavoro industriale?». La sfasatura tra le istanze della cittadinanza e i tempi delle risposte della politica appare sempre più macroscopica.
È ineludibile la creazione di un ibrido, che accolga l’urgenza di una cittadinanza informata e matura di contare e di essere ascoltata. Una democrazia che mettendosi in discussione costruisca un rinnovato equilibrio fra tecnica e vita, fra lavoro e socialità. «L’essenza della democrazia non è la conservazione. Ma di arricchirsi in un continuo divenire istituzionale; in una trasformazione permanente delle proprie regole».