giovedì 4 aprile 2013

Quegli automi che hanno un'anima in mostra a Roma

Il Messaggero, sezione Tutta Roma pag. 46,
3 aprile 2013

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

L’IDEA
«Un automa nasce dall’urgenza interiore di comunicare qualcosa. È una forma di espressione artistica in cui la meccanica interagisce con la poesia. Il movimento ciclico dell’ingranaggio in realtà racconta una storia». Guido Accascina, imprenditore nel settore dei giocattoli, da 12 anni a Montopoli di Sabina, a due passi dall’Abbazia di Farfa, è l’anima e il curatore di un’area museale, unica nel genere in Italia, dedicata agli automi. Una collezione, ricca di prodotti dei migliori artisti sulla scena internazionale, che dal cuore della Sabina si muove con installazioni sempre originali e sta per arrivare a Roma.

L’ALLESTIMENTO

Da sabato al 27 aprile la Sala Santa Rita (adiacente a Piazza Campitelli, ingresso libero), con la promozione dell’Assessorato comunale alla Cultura, ospiterà creazioni inedite. A catturare l’attenzione ci sarà un circo in miniatura di quattro metri, che si accenderà con i numeri di tigri acrobate, gatti giocolieri, clown e acrobati sospesi sull’uniciclo. L’esposizione romana accoglierà complessivamente 57 sculture meccaniche realizzate con vari materiali: carta, legno e metallo. Un’arte povera che reinventa anche gli scarti. Ma che in prospettiva non rifiuta il contatto con le nuove tecnologie; come la robotica ludica ed educativa. Sviluppa la manualità, il pensiero e la creatività. La fantasia si esprime nella razionalità di marchingegni da inventare e comporre. Coinvolge indifferentemente bambini, adolescenti e adulti magari all’inizio scettici.

«Questo progetto vede la luce dopo tre anni di lavoro - spiega Accascina -, durante i quali siamo riusciti ad attrarre talenti di primo piano come Peter Markey, Keith Newstead e Paul Spooner». La passione del costruttore di aquiloni è sbocciata negli Anni 80, da un viaggio a Londra che gli riservò la scoperta del Cabaret Mechanical Theatre presso il Covent Garden. «Con Spooner e molti altri abbiamo costruito nel tempo una rete feconda di contaminazioni, scambi e ispirazioni reciproche».

LA FANTASIA

L’idea e il soggetto non si piegano a un naturalismo statico e spesso sono frutto dell’istinto. «L’automa può essere paragonato a un Aikù giapponese - prosegue -, che racchiude in tre brevi versi una visione del mondo; mentre l’automa lo fa in un giro di manovella. Per esempio quando i missili intelligenti della Nato colpirono in Serbia una corriera e uccisero civili innocenti, ne elaborai istintivamente una in scala riproducendo i movimenti interni delle persone ed estendendo gli ultimi istanti di vita».

Marina Gigli, tra i fondatori del museo di Montopoli, esporrà una propria creatura: un leone alle prese con il domatore in un gioco di ruoli sorprendente. «Ho voluto rappresentare una metafora del rapporto uomo-animale - dice -. La produzione non è standardizzata, può richiedere come in questo caso tempi lunghi. Non esiste un canone. L’arte consiste nel conciliare fantasia e razionalità». La didattica degli automi ha attirato anche l’interesse dell’Unione Europea, che finanzia laboratori in molte scuole del continente come veicolo di integrazione culturale e di apprendimento di competenze letterarie, artistiche e ingegneristiche.

                                           Anche Tornatore è ricorso a Newstead
Tra i 18 espositori della mostra capitolina “Il segreto del movimento” (dal maestro veterano Peter Markey alla pianista romana esordiente Alessandra Celletti) spicca il britannico Keith Newstead, che nella culla contemporanea degli automi del Cabaret Mechanical Theatre ha coltivato e lanciato una produzione oggi protagonista sul mercato mondiale (oltre 2 milioni di pezzi venduti solo nel Regno Unito). Newstead ha attratto anche il cinema, in particolare il regista Giuseppe Tornatore, per il quale ha concepito l’automa del film La migliore offerta. «Ho scoperto questa arte attraverso un programma in tv - racconta Newstead - e ho trovato stimolante l’unione tra artigianalità, movimento e grafica. Da venti anni vivo questa fascinazione. Si sperimentano sempre nuovi stili; si ricercano materiali e modalità inedite per la creazione del movimento».

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