Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 31,
13 aprile 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
IL DOCUMENTARIO
ROMA Negli ultimi vent’anni la caccia e la cattura dei latitanti storici ai vertici di Cosa nostra, camorra e ’ndrangheta hanno costituito lo snodo centrale della strategia repressiva del fenomeno mafioso. Nell’immaginario collettivo sono rimasti impressi i fotogrammi degli arresti, degli arrivi in questura a sirene spiegate con le poche parole sussurrate dai boss che riconoscono la vittoria dello Stato. Insieme a quel mistero che avvolge i covi militarizzati custodi della latitanza.
Le telecamere di History Channel, guidate dalla voce narrante dello scrittore britannico John Dickie, hanno intrapreso un viaggio esclusivo in questi luoghi surreali, concepiti come trame di labirinti tra sistemi di videosorveglianza, pareti scorrevoli e tunnel per la fuga collegati alla rete fognaria. Un documentario di novanta minuti, ideato da Simona Ercolani e nato da una coproduzione internazionale, che unisce materiale d’archivio inedito e riprese live registrate durante operazioni di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza tra Casal di Principe e la Calabria (Gioia Tauro, Platì, Polsi e Rosarno). Si passa dalle perquisizioni nella villa di un malavitoso alla scoperta di un bunker ”freddo”, utilizzato in un periodo della fuga da Michele Zagaria primula rossa dei Casalesi, in un’abitazione apparentemente normale a Casapesenna. Mafia bunker andrà in onda sul canale tematico (407 di Sky) il 16 aprile alle 21 e in replica dalla mezzanotte su Skytg 24 Rassegne (505).
Vedremo dall’interno le roccaforti, situate inevitabilmente nelle zone d’influenza del boss, che ritraggono il simulacro di un potere privo di luce e un ponte di comando protetto irrinunciabile per il controllo di traffici miliardari. La ricostruzione narrativa si affida anche alle parole di alcuni dei principali protagonisti della lotta ai clan.
LO STORICO
«I latitanti rappresentano una particolarità delle mafie nostrane - spiega Renato Cortese, attualmente dirigente della squadra mobile della questura di Roma e autore di arresti fondamentali come quello di Provenzano e Giovanni Strangio - e questo lavoro riconosce l’abnegazione di uomini e donne dello Stato, che dal 1992 ha dispiegato uno sforzo investigativo notevole per stanarli. In precedenza i processi si svolgevano con le gabbie vuote. Nel 1996 quando catturammo Brusca eravamo soli: in questura ci aspettavano solo i colleghi. All’arresto di Bernardo Provenzano, invece, ad attenderci c’erano centinaia di persone. Successo dopo successo si è potuto conquistare un senso di fiducia verso le istituzioni. Solo una migliore qualità complessiva dello Stato, credibile e coerente, può sottrarre il consenso di cui si nutrono i latitanti».
Dickie, autore di bestseller sull’argomento, posa uno sguardo straniero su una storia italiana con il rigore metodologico dello storico, allontanando gli stereotipi che banalizzano questa realtà. «In tutti gli uffici e i commissariati in cui sono entrato ho visto un’icona di Falcone con Borsellino. La memoria è viva e si sono compiuti molti passi in avanti, anche se non siamo vicini alla sconfitta della mafia. Questi nascondigli sono così strani e stimolano la curiosità di conoscere quale potere si celi dietro. Ci raccontano dell’oppressione esercitata nei territori e l’assurdità di una vita destinata alla prigionia».
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