martedì 9 settembre 2014

La sfida delle Smart cities

Il Messaggero, sezione Macro pag. 19,
9 settembre 2014

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

Le città occupano il 2% della superficie terrestre; ospitano il 50% della popolazione mondiale e vi consumiamo il 75% dell'energia, emettendo l'80% della quantità complessiva di anidride carbonica. Per utilizzare le parole di David Harvey, docente di antropologia e geografia della City University di New York: «La città è il mondo che l'uomo ha creato. La domanda sul tipo di città che vogliamo non può allora essere separata da altre domande sul tipo di persone che vogliamo essere, sui legami sociali che cerchiamo di stabilire, sui rapporti con l'ambiente naturale che coltiviamo, lo stile di vita che desideriamo e i valori estetici che perseguiamo. La libertà di costruire e ricostruire le nostre città e noi stessi, a mio avviso è uno dei più preziosi diritti umani».

Se l'urbanizzazione è stata la chiave di un modello economico, oggi la questione ambientale, quella demografica e la persistente crisi spingono al cambiamento, che comincia dalle nostre abitazioni, divoratrici del 50% fabbisogno energetico europeo. «La città è prima di tutto il luogo dell'interazione sociale. Le città diventate troppo grandi, o troppo inefficienti, non riescono ad assolvere il principale compito. Sono diventate altro: concentrazioni economiche, spazi di massimo inquinamentoLe deformazioni dell'ultimo secolo e la crescita di periferie, prima industriali e oggi solo periferie, hanno bisogno di essere neutralizzate. Occorre un nuovo sviluppo economico per rilanciare i programmi urbani e il recupero di aree funzionalmente inadeguate delle città, perché nel tempo hanno perso le loro funzioni», spiega Roberto Pagani, professore del Politecnico di Torino.

La sfida è nella concretizzazione del concetto polisemico di smart city: una città intelligente, capace di cavalcare la rivoluzione digitale, e dunque l'innovazione,  per migliorare la qualità della vita e dare un nuovo impulso all'economia. Scendendo sul campo, all'Università Roma Tre troviamo un esempio tangibile di ciò che dovrebbe essere. Un gruppo di cinquanta docenti, ricercatori e studenti si è imposto con il progetto RhOME for denCity nella massima competizione mondiale tra università, Solar decathlon 2014, per progetti edilizi innovativi. Una soluzione abitativa, ecosostenibile e a basso costo, per la riqualificazione di un quartiere periferico. «Abbiamo puntato su alloggi energeticamente autosufficienti, in grado di dialogare con l'utente, che è nella condizione di sfruttare al meglio tutta la tecnologia implementata; dall'apertura della casa al consumo energetico. Ora, però, non dovremmo accontentarci di questo successo, bensì tradurlo in realtà: dal prototipo al prodotto con la convergenza tra il mondo della ricerca, istituzioni e imprese», racconta Chiara Tonelli architetto e docente di Tecnologia dell'architettura.

Dal 22 al 24 ottobre a Bologna si terrà la fiera internazionale Smart City Exhibition: l'occasione per valutare lo stato dell'arte. La partita si gioca in Europa, dalla quale provengono la pressoché totalità dei fondi, 2014-2020, da investire sull'innovazione. L'obiettivo è di rendere le città luoghi che, attraverso il partenariato pubblico-privato, alimentino un tessuto imprenditoriale dal basso. «Le start-up rappresentano laboratori creativi fondamentali. In molte città matura la consapevolezza di quanto creino un ambiente favorevole allo sviluppo. Ma abbiamo la necessità di una dinamica duplice: movimento top-down, bottom-up. Siamo sempre deboli nel coordinamento centrale e sinergia; ognuno percorre una strada diversa. Dal basso si percepisce un movimento virtuoso, che andrebbe assecondato», afferma Carlo Mochi Sismondi presidente di Forum PA.

La digitalizzazione della macchina amministrativa pubblica è un altro fattore dirimente, quanto il contrasto all'analfabetismo digitale che favorisce ulteriori iniquità. La città fisica e quella virtuale dovrebbero incontrarsi per un sostanziale miglioramento dei servizi. «Registriamo picchi di eccellenza - prosegue Sismondi -, ma le competenze degli italiani in materia sono un problema grosso, e non di rapida soluzione. Al più basso tasso di apprendimento scolastico delle nuove tecnologie si associa quello sul scarso grado di digitalizzazione piccole e medie imprese».

Su scala europea sono molte le sperimentazioni in atto. Per esempio sul fronte della mobilità e dei trasporti pubblici sta decollando City Mobil 2, che vede coinvolta Oristano e poi Milano per l'Expo 2015. Un veicolo elettrico senza conduttore: un progetto pilota che a medio termine potrebbe diventare uno strumento utile per le nostre aree urbane, dove la macchina non venga più considerata un bene ma un servizio.

Mantenendo lo sguardo sul Vecchio Continente, in Danimarca, approdiamo sull'Isola di Bornholm. Duemila famiglie sperimentano con EcoGrid un sistema in cui la rete elettrica è abbinata a una serie controlli (tariffe, consumo, temperatura) via Internet e si realizza l'integrazione con le fonti rinnovabili, l'eolico in questo caso. Nel giro di due anni la sperimentazione sarà allargata ad altre parti del paese scandinavo, e nel 2020 si prevede che metà dell'elettricità nazionale verrà fornita dall'eolico.

A fronte delle limitate risorse pubbliche, diverrà sempre più determinante il ruolo delle imprese: destinate a scommettere o meno sul cambiamento. In Olanda, Kuiper Compagnons, con cent'anni di attività alle spalle, l'ha fatto. In un decennio ha concepito a Heerhugowaard la città del sole (la più estesa area residenziale con zero emissioni di CO2), e ora su quel modello agisce in tutto il mondo edificando smart cities. «A Shenzhen per esempio abbiamo riprodotto lo stesso modello olandese, favorendo al massimo il trasporto pubblico - spiega Wouter Vos -. Vogliamo stimolare un senso di appartenenza  al luogo tra tutti gli abitanti. Le città devono accogliere l'eterogeneità, e la tecnologia è la via per renderle competitive e accessibili».


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