Il Messaggero, sezione Macro pag. 29,
13 novembre 2014
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
«Questa è la terra di Peppino Impastato», dice Francesco
Costantino. Siamo a Marina di Cinisi, a trecento metri dal mare. Qui la deturpazione del
cemento mafioso prova ad assomigliare a un ricordo lontano. Dove il costruttore
Vincenzo Piazza riciclava mediante l'edilizia il denaro sporco dei fratelli
Graviano, sta nascendo un villaggio turistico a impatto ambientale zero,
destinato a fornire un servizio di qualità alle fasce di popolazione più
disagiate. Un luogo prezioso in cui da tre anni ogni estate si rifà l'Italia
unita. Da giugno a settembre, grazie al progetto E-state liberi, arrivano da
tutte le latitudini giovani volontari dalla faccia pulita per rammendare un
bene diventato comune.
Su una parete della villa, confiscata nel 1993, Elena ha
inciso il profilo di Peppino con in mano il microfono della coraggiosa
emittente Radio Aut, da dove, prima di essere ammazzato, per dirla con le
parole di Paolo Borsellino faceva risuonare la bellezza del fresco profumo di
libertà. «Io vedo Peppino in ognuno di voi», risponde il fratello Giovanni
Impastato. Il riutilizzo con finalità sociali delle proprietà o aziende
sottratte alla criminalità organizzata restituisce la misura della credibilità
dello Stato. Come ripete Raffaele Cantone, lo Stato si gioca la faccia in
questa partita. Le statistiche non sono confortevoli: troppi ostacoli, a
cominciare dalle ipoteche bancarie, si frappongono alla riconversione e alla
rinascita di quei beni.
La storia del villaggio Fiori di campo, titolo di una poesia
struggente dedicata a Peppino, offre l'istantanea di questi ritardi. Per quasi
vent'anni è rimasto abbandonato in un regime di semi illegalità. Malgrado fosse
sotto sequestro veniva affittato da ignoti per il periodo estivo.
Paradossalmente la presenza abitativa illegale ha consentito di non trovare il
bene vandalizzato, come invece spesso avviene. Nel 2012 arriva la svolta,
quando la cooperativa Libera-Mente, di cui Costantino è socio fondatore, ha
vinto il primo bando d'assegnazione indetto dal Comune di Cinisi. Da allora tra
investimenti dei cinque soci e l'impegno volontaristico la struttura è stata
parzialmente rinnovata e ammodernata. «Ho calcolato, già per il primo anno, un
impatto della manodopera volontaria del valore di 70mila euro - sottolinea
Francesco -. Le migliaia di giovani sono ripartiti da qui con il cuore pieno
dell'energia propria del riscatto. Non ci hanno dimenticato».
La strada da percorrere è ancora lunga e difficoltosa. Una
delle sfide da vincere è quella di non far percepire queste esperienze come un
corpo estraneo al tessuto socioeconomico locale. Sovente si crea un clima di
ostilità attorno a pratiche che rappresentano una rottura dirompente per il
sistema malavitoso. Il cancello di Fiori di campo è aperto a tutti. Si cercano
costantemente di coinvolgere le realtà sane del territorio. Tra le
collaborazioni fondamentali spicca quella con la Casa della memoria Felicia e
Peppino Impastato. Il villaggio appartiene a chiunque voglia scrivere una
storia nuova per la Sicilia e l'Italia intera.
La cooperativa, referente locale di Libera, alla logica del
profitto a qualsiasi costo, del business senza scrupoli, contrappone i principi
di un’economia sociale che tutela l’ambiente. «Questo è il valore aggiunto dei
nostri servizi e prodotti come il limoncello di Partinico - conclude Costantino
-. Vogliamo alimentare un'economia pulita che non paga il pizzo, che
restituisce dignità al lavoro. Al territorio stiamo dicendo che si può fare
diversamente, senza assuefarsi al giogo dell'illegalità. Non ci sentiamo
piccoli, in quanto siamo parte integrante di una rete. Il rischio e la paura si
avvertono, però sappiamo di non essere soli».
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