giovedì 13 novembre 2014

Greenrail, la ferrovia ecologica del futuro è una start up siciliana

Il Messaggero, sezione Macro pag. 29,
13 novembre 2014

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

Il palermitano Giovanni Maria De Lisi ha quasi trent'anni. Formatosi nell'azienda di famiglia, è il socio fondatore di Greenrail. Una start-up sorta nel 2012 che attira molto interesse, e intende irrompere a breve nel mercato delle ferrovie grazie alla progettazione di una traversa ferroviaria, ottenuta da pneumatici e plastica riciclati. È composta da un guscio esterno, costituito dalla miscela dei due materiali, mentre la struttura interna è in calcestruzzo armato.

Un chilometro di linea prevede il riutilizzo di circa cento tonnellate di pneumatici e plastica. L’integrazione del sistema piezoelettrico Built-In nella traversa genera energia per effetto del naturale schiacciamento che subisce la sovrastruttura al passaggio dei convogli. Il brevetto Greenrail è stato già depositato e mira a divenire lo standard mondiale del settore.

In un quadro regionale di depressione economica, voi sembrate andare contro corrente. Indicate un'opzione alternativa all'industrializzazione anni Cinquanta-Sessanta delle cattedrali nel deserto al Sud?
«La desertificazione industriale in Italia dipende essenzialmente dal fatto che si è puntato pochissimo sull'innovazione. L'industria rimane molto legata alla tradizione, mentre andrebbero reinventate le aziende per immettere prodotti sempre più innovativi e adeguati ai tempi. Fino a quando gli industriali non cominceranno a capire che bisogna investire in ricerca, continueremo a essere scavalcati dalla concorrenza. Sì, la nostra iniziativa imprenditoriale rappresenta una rottura dinamica».

Incontrate difficoltà nell'accesso al credito? Avvertite la cappa delle mafie ben delineata dal governatore Visco? Fanno fuggire gli investitori internazionali: tra il 2006 e il 2012 l'Italia ha perso almeno 16 miliardi.
«Va molto di moda parlare di start-up, ma poi in concreto gli strumenti che agevolano l'intrapresa sono insufficienti. Abbiamo partecipato e vinto sette, otto, concorsi che mettevano in palio premi in denaro. Ma tutto si ferma all'aspetto mediatico. Avere fondi per start-up appare ancora molto difficile. Altro che Fondo di garanzia o banche che ti finanziano. Se non metti qualche garanzia a tua firma come socio non avviene niente. Senza contratti commerciali firmati che assicurano un rientro, non si attivano linee di credito. L'investimento spesso dipende dalla disponibilità del risparmio familiare. O se  sei in grado di convincere una persona illuminata. Rincorriamo la Silicon Valley, dimenticandoci la nostra potenziale eccellenza industriale».

Quanto incidono le prospettive di internazionalizzazione dell'attività?
«Oggi siamo nella fase prototipazione. La cosa bella è l'ampio riconoscimento della valenza internazionale del progetto. Esistono già contratti preliminari e sono in corso trattative con paesi esteri: dalla Gran Bretagna al Giappone. La produzione si realizzerà in ogni mercato dove noi penetriamo: in due anni dovremmo essere operativi. Avremo un'industria in ciascun paese, perché la logistica per questi prodotti sarebbe altamente dispendiosa».

È distante il sogno della prima linea ferroviaria eco-sostenibile in Italia?
«Non dipende da noi, e non saprei dare un parametro. Sicuramente la prima linea Greenrail verrà posata all'estero, perché altrove abbiamo già trovato interlocutori fattivi».

L'emergenza inquinamento invoca sempre più il modello di economia circolare del riuso e riciclo.
«Oggi i prodotti devono rispondere a criteri di sostenibilità ambientale. La nostra scommessa consiste nell'averne ideato uno che è anche economicamente competitivo. Da materie riciclate creiamo una traversa ferroviaria, che ha delle caratteristiche tecniche superiori all'attuale competitor che le fabbrica in calcestruzzo. Dopo cinquant'anni d'utilizzo è a sua volta riciclabile. Abbattiamo fino al 50% i costi di manutenzione della linea lungo la durata in opera».


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