mercoledì 7 settembre 2016

Lotta di classe, diario di un anno da insegnante in prova

Il Messaggero, sezione Cultura, pag. 16
5 settembre 2016

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro

Mario Fillioley non è il professor Robert Zupan, ma Lotta di classe (minimum fax, 165 pagine, 15 euro), il suo diario di un anno da insegnante in prova, mira all'intensità del miglior film degli ultimi anni sulla scuola. Il libro, come Class enemy del regista Rok Biček, centra la questione fondamentale che scavalcherà sempre qualsiasi riforma del sistema scolastico: come uscire dalla finzione pedagogica, non smarrendo il crinale della giusta distanza, per accettare di misurarsi con l'inconoscibilità del cuore dei giovani.

In piena notte arriva la mail dal Ministero. Il 15 settembre alle nove di mattina il siracusano, classe 1973, Fillioley deve presentarsi a Terni. Il tempo di avvisare la compagna e preparare la valigia. Nella provincia scelgono San Gemini, una scuola media che non ha nulla da spartire con l'ente di formazione professionale, creato dalla Regione siciliana per contrastare la dispersione scolastica, dove lui sopravviveva. Professo', ma tu rimani tutto l'anno?, dice Fausto. Fino a giugno sicuro, poi ci pensa il sistema. Ma siamo certi dei suoi criteri di valutazione?

Lotta di classe ci ricorda che ogni ragazzo è diverso da un altro e che consegnare una sapienza cifrata senza accendere passioni non serve a nessuno. Ad Agata e Donato Fillioley suggerisce le parole del nonno per una scuola che assomigli al costruire qualcosa insieme: «Non si gioca a fotticompagno, capito? Il gioco deve essere leale, se invece uno gioca da solo la partita finisce a schifìo».

Fillioley non si sottrae alle domande chiave, tra le quali: a che cosa serve la lettura? Uno studente di terza gli chiede in che modo gli abbia cambiato la vita leggere Discorso sul metodo e Vita di Monsieur Descartes. Poi è suonata la campanella e nella risposta personale, tornando a casa, lui esprime il senso della lettura.

Sono particolarmente interessanti le pagine in cui l'autore dibatte sulla funzionalità del tema classico, l'elaborazione e la pertinenza delle tracce. Per dirla con le parole di Affinati, un tempo il tema era la punta di diamante dei licei. La prova d'orgoglio degli introversi. Il riscatto delle generazioni perdute. Quel che riporta Fillioley conferma quanto il vecchio tema sia tuttora importante per entrare nel mondo frastagliato dell'adolescenza. Consigliamo i passaggi, anche esilaranti, sul ricevimento genitori perché lì si disputa l'altra partita decisiva.

Questo diario, che ha il registro della commedia migliore, quando essa riesce cioè a interpretare anche la malinconia, si distingue dai libri di genere. Interroga senza reticenze il valore delle competenze e quello dell'esserci.

Nella pellicola di Biček, il supplente Zupan, accusato di apparente insensibilità, deve affrontare una classe in rivolta, in fondo contro il mondo. Nella sua reazione composta ritroviamo gli appunti di Fillioley: «Non voglio essere uno che rimprovera la classe perché qualcuno ha lanciato una carta verso il cestino. Voglio essere uno che la stoppa col tacco, se la fa rimbalzare in mano. Però, ancora più di questo, voglio che durante la lezione a nessuno venga in mente di lanciare una carta verso il cestino».

Nessun commento: