venerdì 30 ottobre 2009

Furia divina, l'Islam tra dialogo e radicalismo

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=78774&sez=HOME_SPETTACOLO

di Gabriele Santoro


ROMA (30 Ottobre) – José Rodrigues Dos Santos, anchorman di punta della tv pubblica portoghese Rtp e scrittore di successo, in Furia divina (Cavallo di ferro, pag. 507, euro 19.50) rappresenta in maniera inedita, documentata e accattivante il radicalismo islamico e la derivante minaccia terroristica.

Nella fiction letteraria l’incubo della bomba nucleare s’intreccia con l’interpretazione letterale dei versetti coranici insegnata nelle madrase (scuola in lingua araba) del mondo musulmano. Dos Santos nel suo romanzo thriller, che riporta fedelmente citazioni religiose dal Corano e dati reali sul traffico dell’uranio, richiama l’Occidente distratto e “buonista” a una diversa presa di coscienza del fenomeno. Torna sulla scena il professore e criptologo Tomas Noronha, presente già nel romanzo dell’autore «Einstein e la formula di Dio», chiamato a sventare un attentato nucleare, che vede come protagonista il giovane islamico Ahmed, in uno scenario globale che affonda le radici nelle paure e nelle contraddizioni del nostro tempo.

In Furia Divina rievoca scenari da scontro di civiltà tra radicalismo islamico e Occidente. Nel suo romanzo il Corano è un libro di “guerra”?
«L’Islam è una religione complessa. Disegnata spesso agli occhi degli occidentali come pacifica, tollerante e questo è in parte vero. Molti versetti coranici parlano di amore e tolleranza. Ma c’è un’altra faccia dell’Islam, quella della guerra, rintracciabile nel Corano e di cui nessuno parla. Spesso derubrichiamo gesti come l’ultimo attentato alla caserma di Milano come semplice opera di squilibrati. In realtà i radicali islamici sono persone assolutamente normali. Allora perché lo fanno? La risposta si trova nel Corano. Il 60% dei versetti richiamano alla guerra con l’impartizione di ordini precisi e la loro interpretazione letterale è un pericolo per tutti. In questo romanzo voglio mostrare questa parte occulta dell’Islam».

L’intreccio narrativo è incalzante. Una fiction che vuole riprodurre, con continui riferimenti ai versetti coranici, il cortocircuito culturale che anima il terrorismo di matrice religiosa. Quale lavoro linguistico c’è stato dietro e su quali fonti si è basato?
«Intanto la lettura e l’analisi del Corano nella traduzione in portoghese e delle cronache della vita del profeta Maometto in inglese, poiché non conosco l’arabo. In un secondo momento ho studiato i testi dei radicali islamici, per comprenderne l’ideologia. In tutti i miei romanzi la fiction, come una storia d’amore o di spionaggio, è lo strumento per raccontare un tema reale. Dopo averlo scritto lo sottopongo alla verifica di esperti dell’argomento per averne un riscontro di attendibilità. In questo caso mi sono affidato a un religioso musulmano moderato e alla testimonianza di un ex membro di Al-Qaeda (arrestato nel 1991 a Roma, dopo aver attentato alla vita dell’ex Re afgano Zahir Shah, ndr), che ha confermato l’aderenza alla realtà della mia descrizione degli estremisti».

La minaccia nucleare di Al-Qaeda è così incombente come la descrive nel romanzo?
«Certo non si tratta di una minaccia esclusiva. Come spiego in Furia divina fabbricare una bomba nucleare è facile, si può farla anche nel garage di casa. La cosa difficile è fornirsi sul mercato di circa cinquanta kg di uranio arricchito al 90%. Sappiamo che Al-Qaeda è in possesso di una quantità non precisamente quantificabile di uranio arricchito. Sappiamo che Al-Qaeda ha consultato degli scienziati del progetto nucleare pachistano. Osama Bin Laden definisce come “un dovere religioso l’acquisizione di armi per impedire agli infedeli di infliggere incredibili sofferenze”. Servizi di intelligence occidentali sostengono che adesso non è più questione del se avverrà un attentato nucleare, ma solo del quando».

La Cia e gli altri servizi di intelligence occidentali, che nel suo thriller assumono il ruolo di garanti della nostra sicurezza, non hanno precise responsabilità nella proliferazione e nella forza bellica del radicalismo islamico?
«Nella contrapposizione tra blocchi durante la guerra fredda, l’America ha certamente armato i nemici di oggi. E’ una verità storica che nel mondo arabo per fermare il diffondersi del nazionalismo socialista, si è sostenuto formazioni militari di matrice religiosa. Ma il fondamentalismo non è un’invenzione statunitense. Non è la Cia ad aver scritto il Corano».

La figura del giovane Ahmed rappresenta il travaglio interiore di un ragazzo fatalmente attratto dalla predicazione nelle madrase. L’importanza dell’educazione è al centro della sua opera?
«La questione delle madrase è lo snodo cruciale. Il problema è che con i soldi dell’Arabia Saudita si stanno costruendo e diffondendo in tutto il mondo islamico le madrase e nel curriculum pedagogico di queste scuole c’è l’interpretazione letterale del Corano. Sono una fabbrica di estremisti . Ma per l’Occidente si pone la stessa necessità di vigilanza sulla predicazione nelle nostre scuole islamiche. Non si tratta di proibire l’insegnamento del testo religioso, ma occorre stroncare ogni tipo d’incitamento alla violenza che si fondi sull’analisi letterale del Corano. Bisogna rispettare tutti i credenti che amano e non odiano, in questo l’educazione gioca un ruolo fondamentale».

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