venerdì 7 dicembre 2012

I cinquant'anni della Fondazione Luigi Einaudi tra memoria e innovazione

Il Messaggero, sezione Cultura & Spettacoli pag. 29,
7 dicembre 2012

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

CONVEGNO
La Fondazione Luigi Einaudi ha celebrato il cinquantenario della propria attività con il convegno internazionale Valorizzare la memoria, produrre innovazione. Una due giorni di dibattiti per riflettere sul ruolo e le prospettive delle fondazioni culturali in Italia e in Europa nel confronto con le esperienze di enti inglesi, svizzeri e tedeschi.

Per fronteggiare il problema principale della scarsità di finanziamenti pubblici, puntualmente tagliati per ragioni di bilancio, e il limitato coinvolgimento di risorse private nella produzione di offerta culturale la strada indicata è di una riorganizzazione del settore. «Dobbiamo adeguarci alla situazione di crisi - spiega Mario Lupo, presidente della fondazione -. Occorre fare rete, migliorando l’efficienza organizzativa e operativa delle fondazioni». Allo Stato invece arriva la richiesta di una visione d’insieme e d’interventi legislativi, a partire dalla revisione del regime fiscale e dalla tipologia dei contratti di lavoro per i dipendenti, che liberino nuove energie.

«È necessaria una riforma organica - sottolinea Rossana Rummo, direttrice generale del Mibac per le biblioteche e gli istituti culturali - che garantisca una maggiore selettività e razionalizzazione nell’assegnazione dei sostegni economici». In un periodo in cui l’ascensore sociale si è bloccato, la Fondazione Einaudi riporta al centro l’importanza delle borse di studio, erogate anche da queste strutture, come strumento di eguaglianza e garanzia di diritto all’istruzione. Molte testimonianze di ex eccellenti borsisti Einaudi, dal presidente della Rai Anna Maria Tarantola all’economista Fiorella Kostoris, hanno ricordato l’importanza della mobilità.

«Grazie al vostro finanziamento - ha ricordato Kostoris - riuscii a studiare per due anni al Mit di Boston con mio marito (Tommaso Padoa Schioppa, ndr), dove imparai più che in tutti gli altri anni di studi alla Bocconi».

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