Il Messaggero, sezione Macro pag. 23,
3 settembre 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
LA RACCOLTA
La campagna olivicola si preannuncia carica, e promette un olio di qualità. La quantità e l’intensità delle piogge, soprattutto in Puglia in cui si concentra oltre il 40% della produzione nostrana, nei due mesi che mancano alla raccolta risulteranno determinanti. «La vendemmia sta già brindando a una buona produzione - afferma Massimo Gargano, presidente dell’Unaprol - Nel nostro settore fare previsioni è un azzardo, però dovrebbe essere un’annata positiva. Permane l’incognita pugliese, perché finora ha piovuto poco. Con la siccità, che dà origine a olii dal sapore legnoso, dovremo rivedere tutte le stime».
L’EXTRAVERGINE
L’olio extravergine resta il nostro fiore all’occhiello, capace di penetrare mercati inediti e conquistare clientele, sedotte a passare dal burro all’olio, distanti dalla cultura alimentare mediterranea. Nel 2012 in Italia sono stati venduti più di 217 milioni di litri di olio per un valore di 850milioni di euro, con l’extravergine che ha fatturato il 72% del totale. I prezzi per i consumatori sono rimasti stabili. L’export ha registrato un +3,5%, mentre nel primo trimestre 2013 è volato con un +11%. Aumenta la domanda di olii biologici, Igp e Dop. Una categoria di nicchia in cui il Lazio primeggia con quattro Dop: Canino, Tuscia, Sabina e Colline Pontine.
Russia (+18% l’anno scorso) e Cina (8.200 tonnellate esportate), oltre al consolidamento (+10% nel 2012) negli Stati Uniti che assorbono il 9% del consumo globale, rappresentano le nuove frontiere. «Questa stagione potrebbe segnare una svolta fondamentale - prosegue Gargano - perché ci siamo dotati di una legge (approvata a dicembre e denominata salva-olio) che consente di tracciare e tutelare il prodotto. Ora attendiamo il definitivo via libera ministeriale al Sistema di qualità nazionale. In un mercato più corretto si riesce a garantire tutti i componenti della filiera. Sarà più semplice far imporre olii di prim’ordine come quelli della Sabina, del Salento, del Cilento, fiorentini, dei colli Martani o del Garda».
LE AGROMAFIE
Le sfide per il settore sono molteplici, a cominciare dal fenomeno delle agromafie che con la contraffazione alimentare ha assunto dimensioni preoccupanti. Un mercato parallelo, per ripulire il denaro, che secondo l’ultimo rapporto Eurispes-Coldiretti sottrae una quota pari a cento milioni di euro. «Le agromafie devono costituire una priorità per le Procure della Repubblica. Deprimono l’economia sostenibile e frenano il nostro sviluppo, immettendo prodotti alterati e di bassa resa». La partita del nostro olio si gioca in Europa, che detiene il 60% della produzione mondiale, e con la concorrenza dei paesi dell'altra sponda del Mediterraneo. Se la Spagna annuncia un anno di estrema carica, la destabilizzazione dell’area magrebina disegna scenari da scrutare con attenzione. «Il Nord-Africa può uscire direttamente dal mercato o deprimerlo - afferma Gargano - Le grandi difficoltà economiche possono spingere a quotazioni troppo basse. La Tunisia rischia di stare fuori. La Spagna ha scelto la strada della mcdonaldizzazione della produzione, mentre il nostro modo di fare non è riproducibile».
Una novità dell’olivicoltura italiana è la presenza di un’imprenditoria al femminile. Un terzo delle imprese è guidato e composto da donne, che ricoprono vari ruoli soprattutto per la gestione economica e agronomica. Danno un'identità al prodotto, e spesso realizzano intorno all’olivo un’azienda multifunzionale, per esempio con l’agriturismo, rafforzando l’intero sistema.
La campagna olivicola si preannuncia carica, e promette un olio di qualità. La quantità e l’intensità delle piogge, soprattutto in Puglia in cui si concentra oltre il 40% della produzione nostrana, nei due mesi che mancano alla raccolta risulteranno determinanti. «La vendemmia sta già brindando a una buona produzione - afferma Massimo Gargano, presidente dell’Unaprol - Nel nostro settore fare previsioni è un azzardo, però dovrebbe essere un’annata positiva. Permane l’incognita pugliese, perché finora ha piovuto poco. Con la siccità, che dà origine a olii dal sapore legnoso, dovremo rivedere tutte le stime».
L’EXTRAVERGINE
L’olio extravergine resta il nostro fiore all’occhiello, capace di penetrare mercati inediti e conquistare clientele, sedotte a passare dal burro all’olio, distanti dalla cultura alimentare mediterranea. Nel 2012 in Italia sono stati venduti più di 217 milioni di litri di olio per un valore di 850milioni di euro, con l’extravergine che ha fatturato il 72% del totale. I prezzi per i consumatori sono rimasti stabili. L’export ha registrato un +3,5%, mentre nel primo trimestre 2013 è volato con un +11%. Aumenta la domanda di olii biologici, Igp e Dop. Una categoria di nicchia in cui il Lazio primeggia con quattro Dop: Canino, Tuscia, Sabina e Colline Pontine.
Russia (+18% l’anno scorso) e Cina (8.200 tonnellate esportate), oltre al consolidamento (+10% nel 2012) negli Stati Uniti che assorbono il 9% del consumo globale, rappresentano le nuove frontiere. «Questa stagione potrebbe segnare una svolta fondamentale - prosegue Gargano - perché ci siamo dotati di una legge (approvata a dicembre e denominata salva-olio) che consente di tracciare e tutelare il prodotto. Ora attendiamo il definitivo via libera ministeriale al Sistema di qualità nazionale. In un mercato più corretto si riesce a garantire tutti i componenti della filiera. Sarà più semplice far imporre olii di prim’ordine come quelli della Sabina, del Salento, del Cilento, fiorentini, dei colli Martani o del Garda».
LE AGROMAFIE
Le sfide per il settore sono molteplici, a cominciare dal fenomeno delle agromafie che con la contraffazione alimentare ha assunto dimensioni preoccupanti. Un mercato parallelo, per ripulire il denaro, che secondo l’ultimo rapporto Eurispes-Coldiretti sottrae una quota pari a cento milioni di euro. «Le agromafie devono costituire una priorità per le Procure della Repubblica. Deprimono l’economia sostenibile e frenano il nostro sviluppo, immettendo prodotti alterati e di bassa resa». La partita del nostro olio si gioca in Europa, che detiene il 60% della produzione mondiale, e con la concorrenza dei paesi dell'altra sponda del Mediterraneo. Se la Spagna annuncia un anno di estrema carica, la destabilizzazione dell’area magrebina disegna scenari da scrutare con attenzione. «Il Nord-Africa può uscire direttamente dal mercato o deprimerlo - afferma Gargano - Le grandi difficoltà economiche possono spingere a quotazioni troppo basse. La Tunisia rischia di stare fuori. La Spagna ha scelto la strada della mcdonaldizzazione della produzione, mentre il nostro modo di fare non è riproducibile».
Una novità dell’olivicoltura italiana è la presenza di un’imprenditoria al femminile. Un terzo delle imprese è guidato e composto da donne, che ricoprono vari ruoli soprattutto per la gestione economica e agronomica. Danno un'identità al prodotto, e spesso realizzano intorno all’olivo un’azienda multifunzionale, per esempio con l’agriturismo, rafforzando l’intero sistema.
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