giovedì 10 novembre 2016

«It's love Mr. Stoner. You are in love»: il romanzo perfetto di John Williams

Il Messaggero, sezione Macro, pag. 1-25
10 novembre 2016

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro

Nel 1958 Marie Rodell, che faceva l'agente letteraria da almeno dieci anni, ed era ben inserita in molti ambienti letterari ed editoriali esclusivi newyorchesi, chiese a John Williams se avesse qualcos'altro, oltre al manoscritto The Naked World, che poi sarebbe stato pubblicato col titolo Butcher's Crossing. Lui rispose, fornendo alcuni elementi fondamentali di Stoner: «Il prossimo romanzo sarà un professore di college. Visto da fuori, è un fallimento sotto tutti gli aspetti: non è un insegnante popolare; è uno dei membri meno insigni del dipartimento; la sua vita personale è un disastro; la sua morte di cancro, alla fine di una carriera mediocre, è insignificante. È un romanzo su un uomo che non trova alcun senso nel mondo né in se stesso, ma che trova un senso e una sorta di vittoria nell'onesta e caparbia dedizione alla sua professione».

Williams, professore di letteratura all'università di Denver, nutriva la convinzione di avere tra le mani un lavoro magnifico, la cosa più difficile che avesse mai fatto: «(...) Certo, non mi illudo che diventi un bestseller o qualcosa di simile. L'unica cosa di cui sono certo è che si tratta di un bel romanzo; col tempo potrebbe essere persino considerato un romanzo molto bello». Nel 1965  Viking Press pubblicò Stoner. All'epoca, nel cuore dei sommovimenti del Sessantotto, il romanzo vendette circa duemila copie, fu esaurito nel giro di un anno e non venne ristampato, andando fuori catalogo. A oltre cinquant'anni dalla pubblicazione, amato soprattutto dai lettori europei, occupa ormai il luogo dei classici.

La vita ordinaria, la passività di un figlio di contadini del Midwest, William Stoner, vissuto tra il 1891 e il 1956, in disparte dagli eventi della Grande Storia, che si iscrive all'università del Missouri, dove lascia gli studi di agraria per la letteratura fino a diventarne insegnante, non ha mai conquistato del tutto i lettori statunitensi. Nel 2006 il libro torna in circolazione con New York Review Books Classics. La svolta editoriale giunge l'anno successivo, quando la scrittrice francese Anna Gavalda acquista una copia in inglese e convince Le Dilettante, il suo editore, a comprare i diritti francesi. Lo traduce e nel 2011 Oltralpe diviene un bestseller. Poi il contagio stoneriano tocca l'Italia, duecentomila le copie vendute, con Fazi editore, che oggi lo riporta in libreria accompagnato dalla biografia, firmata da Charles J. Shields, L'uomo che scrisse il romanzo perfetto (Fazi, 323 pagine, 18.50 euro) e da La saggezza di Stoner (Fazi, 16 euro, 132 pagine), raccolta di riflessioni critiche sul testo curata da Barbara Carnevali.

Stoner, un eroe per il suo creatore, è stato felice nella misura e nello spazio della sua vocazione che lo appassionava, a dispetto di un'esistenza triste e miserabile: «It's love Mr. Stoner. […] You are in love», per usare le parole di Sloane. La vocazione interiore e l'innamoramento per la letteratura, il suo primo oggetto di amore e libertà, che gli fece comprendere il professore Archer Sloane durante il corso introduttivo di letteratura inglese, sono l'architrave dell'esistenza di Stoner. La sfida del giovane Williams, nato in Texas nel 1922, era dire ciò che aveva in mente, resistendo al desiderio di fare colpo sul lettore. Considerava l'insegnamento universitario dirimente per la costruzione dell'identità di un uomo di lettere. Già nel 1936, da studente dell'high-school – narra Shields – scrivere era una sua ferma volontà. Il biografo riannoda con cura tutti i punti di raccordo tra Williams, fumatore accanito dalla complessa vita sentimentale, e il suo Stoner, iniziando dall'asprezza della vita rurale durante l'infanzia, i silenzi familiari e poi la Grande Depressione. Il legame con la terra non verrà mai disconosciuto.

Perché i lettori del Duemila amano Stoner? Da che cosa dipende la riscoperta avvenuta nell'ultimo decennio e che cosa dice della condizione della nostra vita culturale? Lui incarna un'indecifrabile saggezza che non è solo fatalismo davanti alle avversità della vita. «Il fascino di Stoner fa certamente leva sulla centralità che accorda all'esperienza ordinaria, e alle sue due forme tipicamente moderne, l'amore e il lavoro. È come se Stoner rappresentasse il compimento della vocazione democratica del romanzo moderno, che parla della vita ordinaria degli uomini ordinari, riuscendo a renderla interessante malgrado e proprio in ragione della sua mediocrità», osserva Carnevali.

WestEnd
, la rivista che anima l'eredità della Scuola di Francoforte, ha dedicato a Stoner un dossier, tradotto per l'occasione. Per Alex Honneth, direttore dell'Istituto di Ricerche Sociali di Francoforte, «la vita di William Stoner sarebbe sprofondata per sempre nell'oblio se John Williams, con il romanzo omonimo, non le avesse eretto un monumento davvero grandioso», e sembra riunirsi con la volontà di Williams di scongiurare la propria morte nell'anonimato. Sono tante le prospettive interpretative dell'opera e le tracce lasciate dallo scrittore americano e dal suo Stoner: il senso per la filologia, intesa come una vera pratica etica, il ruolo dell'università, l'insegnamento pionieristico della scrittura creativa e il rapporto col libro.

La felicità di Stoner sta nella ricerca di un sapere, che resiste al mondo, e nella conoscenza dei limiti del proprio sapere. Frieder Vogelmann propone un saggio suggestivo, un ponte che collega Stoner a tratti fondamentali del Socrate platonico, a cominciare proprio dalla consapevolezza della limitatezza del proprio sapere, che è accettazione della finitezza esistenziale. Vogelmann evoca almeno tre scene socratiche nel romanzo, dall'impegno nella battaglia contro i sofisti, gli impostori della conoscenza che millantano un sapere, al superamento della paura della morte.

Nessun commento: