domenica 30 maggio 2010

Nba, Lakers continua il dominio della Western conference

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di Gabriele Santoro


ROMA (30 maggio) – Infinito Kobe Bryant. Trentasette punti, tre dita verso il cielo a indicare la terza finale Nba consecutiva dei suoi Los Angeles Lakers e il riconoscimento del coach dei Suns Gentry: «Abbiamo fatto un’ottima difesa su Bryant. Ha segnato canestri ogni volta più difficili. Ho sempre pensato che fosse il numero uno». La franchigia californiana conquista il trentunesimo titolo della Western conference con una gara 6 in controllo, 111-103 e raggiunge in finale gli acerrimi rivali dei Boston Celtics. Dal 3 giugno Bryant e compagni, campioni in carica, apriranno la caccia a una fantastica doppietta e al sedicesimo anello Nba. Sugli spalti della TD Garden di Boston già durante la serie contro gli Orlando Magic campeggiavano i cartelli “Beat L.A.” (sconfiggi i Lakers), antipasto del dodicesimo scontro diretto tra i due team più titolati della Lega statunitense.

Phil Jackson con l’ineffabile sorriso sornione si gode gli strepitosi play-off di Ron Artest: la scommessa e l’incognita del mercato estivo Lakers si sta rivelando un innesto fondamentale. «Il Signore era con lui stasera. Gli dei del basket erano dalla sua parte». Il coach più vincente della storia Nba commenta così i venticinque punti (10/16 da2, 4/7 da3) di Artest, nuovamente decisivo dopo il canestro che sulla sirena finale ha consegnato gara 5 alla propria squadra. Arrivato a Los Angeles per aumentare l’intensità difensiva, Artest è diventato anche un fattore offensivo.

Dalle macerie lasciate dalla fine dell’epoca D’Antoni sulla panchina dei Suns sta nascendo un nuovo palazzo con fondamenta simili e solide. La franchigia dell’Arizona, una volta messe alle spalle errori di mercato e la parentesi negativa Terry Porter, ha disputato una buona stagione regolare ed eccellenti play-off con il picco massimo del 4-0 rifilato ai San Antonio Spurs di Duncan e Ginobili. La guida dell’uomo simbolo Nash, l’atletismo di Stoudemire e l’esplosione dei giovani Channing Frye e Goran Dragic, rookie classe ’86 che ha viaggiato a 7.3 punti di media nei play-off, assicurano competitività nell’immediato futuro.

La partita. All’Us Airway Center di Phoenix il primo periodo scorre sui binari dell’equilibrio, 37-34 al 12’. Da una parte c’è la coppia Suns Nash-Richardson a macinare punti (16 sui 34 complessivi), dall’altra a dettare legge c’è il nuovo asse Lakers Bryant-Artest (22 sui 37). Nella seconda frazione Phil Jackson dà spazio alla panchina, che risponde presente con Vujacic e Farmar. Ron Artest è letteralmente scatenato e con 5 punti consecutivi (17 in 16’ di partita) fattura il primo vantaggio in doppia cifra Lakers, 58-47. I padroni di casa provano a restare incollati alla partita con le triple di Frye e Richardson. Al rientro dall’intervallo lungo scatta l’ora di Kobe Bryant. Segna tredici dei suoi 37 punti finali con tre canestri in fotocopia ad altissimo coefficiente di difficoltà che sembrano mandare in archivio partita e serie, 91-74 alla fine del terzo quarto. Quando tutto sembra chiuso a risollevare i Suns ci pensa Dragic, la vera sorpresa di questa post-season. Il cambio di Steve Nash sfrutta l’ingenuità di Vujacic, fallo antisportivo, e infila 8 punti in tre possessi offensivi. Stoudemire lo imita e i Suns sono di nuovo sotto con un break di 16-4, 95-90. Jackson si affida al veterano Fisher, che fa respirare i Lakers e tiene a distanza la rimonta. Il lay-up di Nash firma il -3, 99-96, a 2’ dalla sirena. Bryant rompe gli indugi: altri due canestri pazzeschi, 6/6 dalla lunetta e per i Lakers è il momento della prima festa stagionale, 111-103.

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