Il Messaggero, Ernani L'evento pag. 63,
24 novembre 2013
24 novembre 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
IL MASNADIERO
Il tenore genovese Francesco Meli interpreta l’intensità dei
sentimenti e il tormento del ribelle Ernani, in realtà il nobilissimo Don
Giovanni d’Aragona che si cela sotto l’identità di un masnadiero. Meli, diretto da Riccardo Muti, ha cantato molte opere del
grande repertorio verdiano. Inaugura la stagione del Teatro dell’Opera di Roma
per la seconda stagione consecutiva, avendo già conquistato il pubblico con I
due Foscari e Nabucco.
Ernani, titolo rappresentato per la prima volta al Teatro La Fenice nel marzo del 1844 e considerato eversivo per l’epoca, riscosse subito un grande successo. Che nel tempo non ha perso. Perché?
«Ernani mantiene sempre il proprio appeal. Esalta tutte le caratteristiche dell’opera romantica sia musicalmente sia con la drammaturgia. È il primo Verdi: baldanzoso e di grande impeto. Non si rintracciano somiglianze con la nostra realtà attuale, somiglianze presenti invece in molte altre opere verdiane. Lo definirei un misto tra ciò che già è e ciò che sarà il compositore delle Roncole di Busseto, ancora legato al repertorio belcantistico di Donizetti e Bellini. Conquista il fascino retrò del quale sono ricche le scene segnate dall’incisività, dalla forza e direi persino dall’aggressività che a tratti contraddistingue questo Verdi».
Ernani, nel contrasto tra amore e onore, trasmette una
fierezza quasi ossessiva.
«Rappresenta l’eroe romantico che combatte contro i potenti, e non tradisce la propria coerenza fino al suicidio. È l’altra faccia della medaglia di Don Carlo: una specie di Robin Hood che rinuncia ai propri privilegi per qualcosa di più importante, contendendo anche la donna al futuro sovrano».
«Rappresenta l’eroe romantico che combatte contro i potenti, e non tradisce la propria coerenza fino al suicidio. È l’altra faccia della medaglia di Don Carlo: una specie di Robin Hood che rinuncia ai propri privilegi per qualcosa di più importante, contendendo anche la donna al futuro sovrano».
L’ONORE
Qual è il significato del suicidio?
«Nell’Ernani c’è molto di Romeo e Giulietta o del Werther di Goethe. L’idea dell’amore romantico che è irrealizzabile anche nel momento in cui sembra che lo sia. Il motivo del suicidio è certamente l’onore. Ma vuole anche porre termine ai tormenti dell’amore conteso per Elvira. Dall’inizio, lui e lei si dicono: “Il nostro amor solo affanni ci darà”. Il gesto estremo è purificazione. La musica semplice che accompagna la morte di Ernani è sublime: un’ascensione al cielo. Si tratta dell'unico momento dell’opera in cui il nobile-bandito appare felice, cantando con una grande, serena passione».
«Nell’Ernani c’è molto di Romeo e Giulietta o del Werther di Goethe. L’idea dell’amore romantico che è irrealizzabile anche nel momento in cui sembra che lo sia. Il motivo del suicidio è certamente l’onore. Ma vuole anche porre termine ai tormenti dell’amore conteso per Elvira. Dall’inizio, lui e lei si dicono: “Il nostro amor solo affanni ci darà”. Il gesto estremo è purificazione. La musica semplice che accompagna la morte di Ernani è sublime: un’ascensione al cielo. Si tratta dell'unico momento dell’opera in cui il nobile-bandito appare felice, cantando con una grande, serena passione».
IL RIGORE
Muti ha creato attorno a sé una famiglia verdiana vincente,
che accende la passione del pubblico anche all’estero.
«Il Maestro ha riscoperto una consuetudine del passato, quella di lavorare con una compagnia veramente affiatata. A differenza di quanto avviene in altre situazioni, tutti i cantanti arrivano alle prove con una visione comune dello spartito dell’opera e condividono con il maestro, minuto per minuto, il modo di affrontare le rispettive interpretazioni. Muti non tralascia nulla. Con il rigore interpretativo che possiede da sempre, costruisce un valore aggiunto. Ci porta per mano e ci fa gustare il rispetto il ritmo giusto; la bellezza di saper restituire i colori, le sfumature e le indicazioni dinamiche volute da Verdi. Tutto questo non è un limite, un aggravio, una fatica, bensì un regalo che apre ad ogni artista possibilità enormi».
«Il Maestro ha riscoperto una consuetudine del passato, quella di lavorare con una compagnia veramente affiatata. A differenza di quanto avviene in altre situazioni, tutti i cantanti arrivano alle prove con una visione comune dello spartito dell’opera e condividono con il maestro, minuto per minuto, il modo di affrontare le rispettive interpretazioni. Muti non tralascia nulla. Con il rigore interpretativo che possiede da sempre, costruisce un valore aggiunto. Ci porta per mano e ci fa gustare il rispetto il ritmo giusto; la bellezza di saper restituire i colori, le sfumature e le indicazioni dinamiche volute da Verdi. Tutto questo non è un limite, un aggravio, una fatica, bensì un regalo che apre ad ogni artista possibilità enormi».
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