Il Messaggero, sezione Macro pag. 17,
11 novembre 2013
di Gabriele Santoro
di Gabriele Santoro
LA STORIA
A Louisville l’aspettavano. L’aspettava il tredicenne nero
Emmett Till, massacrato di botte a causa di uno sguardo proibito rivolto a una
donna bianca. Lo invocava la moltitudine delle anime umiliate dallo schiavismo
e dalla segregazione razziale. In fondo alla notte, Cassius Clay Senior,
davanti all’ennesimo bicchiere di rabbia svuotato, sapeva che dal proprio seme
sarebbe nato il riscatto. Un giovane pugile nero. Un prodigio di velocità
capace di riscrivere i princìpi della boxe, stravolgere le ipocrisie mediatiche
e scuotere la società americana.
Alban Lefranc, in un corpo a corpo letterario, immagina “Il ring invisibile” (questo il titolo del libro, 66thand2nd, 153 pagine, 15 euro) del tre volte campione del mondo dei pesi massimi e icona dello sport moderno. Una biografia visionaria della vita futura del giovane Cassius Clay, che ne tratteggia lo spirito indomabile e la costruzione della presa di coscienza, tanto fisica quanto linguistica. Lo scrittore francese raffigura con intensità la genesi di un'energia travolgente.
Illumina la scoperta del corpo e della parola. Quella
tagliente e vincente, sussurrata con l’aria calda del soffio nell’orecchio
dell’avversario; o urlata prima del match. “You like it bitch”: un linguaggio
sessuale esplicito, per l’uomo che prima di Sonji evitò la distrazione del
vellutato corpo di donna. La sua parola s’impadroniva dello strumento di
diffusione. L’adolescente Emmett li aveva affrontati a viso aperto quei
ragazzotti, eredi dell’aristocrazia terriera sudista, ma non conosceva la
giusta distanza: lo spazio vitale da proteggere. Clay gliel’ha promesso: «Darò
la mia faccia, ma non permetterò a nessuno di avvicinarsi». La medaglia d’oro
olimpica a Roma ’60, l’obiettore di coscienza, la bandiera dei diritti civili danzava.
Una manciata di minuti di appoggi leggeri, avanti e indietro, a destra e a
sinistra. Lui esponendo il mento, senza mai distogliere lo sguardo da loro, che
colpivano il vuoto del corpo in movimento.
LE OLIMPIADI
Roma ha rappresentato l’apprendistato alla gloria. Il
diciottenne incontra il lusso inutile di Manhattan, che lo annoia. Non sarebbe
stato uno dei tanti, perché possedeva il sogno, la visione e il desiderio che
contraddistinguono i campioni. La meravigliosa, e priva di violenza cieca, interpretazione
della nobile arte non era sufficiente. La boxe sfila su un piano parallelo.
«Una sera, dopo tre giorni di maturazione e silenzio, Cassius va a prendere suo
padre seduto davanti alla tv e lo porta nel suo bar preferito a quattro isolati
da lì, paga un giro per tutti, «quello che volete», provoca suo padre su Emmett
Till («che se l’è cercata»), provoca un altro gruppo su Malcolm X («un vero
profeta»), un altro ancora sul reverendo King («venduto ai bianchi»), un terzo
su J.F.K. («bianco cicalante in fregola»), un quarto su Sonny Liston («grosso
orso lento»). Il bar si riempie subito, le parole schizzano per ogni dove,
Cassius beve a piccoli sorsi la sua limonata.
LA CONVERSIONE
Seguirà la predicazione di Malcom X; si convertirà all’Islam
fino a diventare ministro di culto. Dopo aver steso Foreman davanti ai
microfoni consegnò l’impresa ad Allah: «Questa sera sul ring non so se
l’abbiate visto; ma ciò che avete visto era soprannaturale. George non era mai
stato battuto. Deve essere stato Allah». Coincide il ring invisibile con
quello visibile; la realtà entra nelle corde e i pugni assumono un valore
inestimabile. Muhammad Ali, esiste e resiste oltre al talento pugilistico. La
sua gestualità è diventata patrimonio dell’umanità, perfino nelle mani tremolanti.
Nella narrazione del mito, Lefranc intuisce ed evita la confusione che
disperderebbe il senso di un’esistenza preziosa. Accantona l’effimero, che
distrae la folla. Il protagonista sfuma nel pieno della carriera, per
ritrovarsi denudato dal Parkinson. E, chiudendo gli occhi, sembra rivolgerci
una delle sue frasi indelebili: «Io so dove sto andando, e conosco la verità. E
non devo essere chi volete che io sia. Sono libero di essere ciò che voglio».
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