lunedì 20 gennaio 2014

Dario Fo racconta Franca Rame

Il Messaggero, sezione Tutta Agenda Roma pag. 34,
20 gennaio 2014

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

ROMA – Manca una manciata di minuti alle sedici, quando Dario Fo irrompe e si prende il palcoscenico del teatro Villa Torlonia. Il tempo di verificare l’acustica, l’effetto delle luci e di un avviso: «Perdonate la fretta, ma devo tornare al Sistina per le prove dello spettacolo di domani (oggi per chi legge, ndr). Voglio essere preparatissimo». E poi annuncia: «Reciterò anche per la prima volta un testo inedito, scritto vent’anni fa insieme a Franca». Con l’arrivo del Premio Nobel, la giornata di studi “Roma ricorda Franca Rame” cambia di passo e anticipa l’atteso spettacolo “In fuga dal Senato”, in scena stasera al Sistina.

La platea e la galleria del Torlonia sono piene. Il maestro non ha intenzione di aprire la valigia dei ricordi in solitudine: stimola la partecipazione; regalando prima un meraviglioso duetto con Giovanna Marini. Improvvisano e rievocano canti popolari dei pastori sardi, che portarono in teatro. «Avevano delle tonalità strepitose - dice -. Presero coscienza della loro lotta mediante i canti di riscatto e ribellione. Ricordo sempre quel che mi disse un pastore: ”Stasera ho scoperto che non sono solo un contadino, ma un intellettuale”».

Fo definisce tragica la breve, dal 2006 al 2008, e intensa esperienza della compagna Franca in Senato: «Un luogo sacro che non risponde all’interesse dei cittadini, bensì a quello delle oligarchie. La crisi strutturale è un’invenzione geniale e una scusa per non progettare più, mentre la gente annega senza far rumore». Sul palco del Sistina l’accompagneranno Maria Chiara Di Marco, Roberta De Stefano ed Eleonora Barbacini, seguendo le chiavi di lettura proposte dall’omonimo libro postumo In fuga dal Senato.

A chi gli domanda una parola che sintetizzi l’arte dell’attrice Rame, risponde: «Mi ha insegnato l’economia del recitare. Non strafare, a meno che non si intenda dichiaratamente essere grotteschi. Occorre sentire, come lei, il tempo, l’andamento, l’emozione e il sentimento che produci. Ascoltare e sincronizzare il tuo respiro con quello del pubblico. Non annoiare. E soprattutto quando ti accorgi che ti asseconda, non approfittare della sua commozione». E aggiunge: «L’improvvisazione è una scienza. Per improvvisare con significanza e potenza bisogna conoscere la realtà e la storia, per poi reinventarla».

Indignazione è la parola che ricorre spesso nel dialogo. Fo si rivolge ai giovani in sala, ed evoca la sofferenza per l’ingiustizia che condivise con Franca. «L’indignazione è vuota senza la conoscenza. Sfuggite alla disinformazione propria della nostra società. Oggi, come allora, lei si indignerebbe per l’assenza di stile e dignità. La corsa costante all’accumulazione del denaro senza pensare agli altri. E sarebbe spaventata dall’assenza di una reazione alta della popolazione».

Prima che cali il sipario, a Flavia Barca, assessore capitolino alla cultura, suggerisce: «Non è soltanto una questione di soldi: ma di impegno, fatica e spazi da concedere a chi merita. Alla mia età continuo a essere positivo: serve la tigna senza pensare agli applausi. E devo ammettere che noi avevamo un pubblico che era la fine del mondo».


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