lunedì 16 giugno 2014

Eraldo Affinati, lo scrivere a scuola

Il Messaggero, sezione Cronache pag. 1-12,
16 giugno 2014

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro

ROMA – Gli studenti dello scrittore Eraldo Affinati hanno l'opportunità straordinaria di un accesso diretto alla letteratura; di comprenderne l'importanza da un testimone eccellente. L'oggetto libro è al centro del suo modo d'insegnare. Porta fuori dalle aule gli adolescenti, spesso provenienti dalle periferie del mondo, orientandoli nello spazio di una libreria o biblioteca.

Qual è oggi il valore della prova tema?
«Un tempo il tema era la punta di diamante dei licei. La prova d'orgoglio degli introversi. Il riscatto delle generazioni perdute. Adesso invece è costretto a navigare nelle acque basse che i sapientoni gli hanno riservato: quelle della Tipologia D. Si preferiscono spesso il saggio, l'articolo e l'analisi del testo anche perché queste forme hanno materiali già pronti da assemblare. Ma io credo che il tema resti la chiave per scoprire il cuore dei giovani. Però bisognerebbe uscire dalla finzione pedagogica».

Ha notato un aumento della difficoltà degli alunni nel rapportarsi con la scrittura?
«I nativi digitali hanno una testa molto diversa rispetto a quella dei loro coetanei di dieci anni fa. Scrivono in modo frammentario con associazioni e passaggi a volte imprevedibili. Non è vero che non leggano, ma lo fanno in modo rapsodico. Magari, cliccando su Apple Store, si sono scaricati gratis la 'Divina Commedia' sull'iPhone e ogni tanto scorrono anche qualche canto, mischiandolo ai versi di musica rap, alle massime di Gandhi, al Game Center e alla foto degli schemi sulle guerre greco-persiane. Restare concentrati sulla pagina per più di dieci minuti è una conquista».

L'anno scorso la scelta da parte del Ministero di Magris per la traccia di letteratura spiazzò gli studenti, impreparati sull'autore. I programmi ministeriali consentono d'insegnare la letteratura del Novecento fino alla contemporaneità?
«Le tracce sono spunti da cui partire. I programmi andrebbero, non alleggeriti, ma ricalibrati rispetto al nuovo mondo che stiamo vivendo».

La narrativa contemporanea è in grado di rivolgersi ai giovani?
«Certo che lo è. Ma quali sono i libri da far leggere ai giovani? Ogni ragazzo è diverso da un altro. L'insegnante dovrebbe accendere il fuoco della passione. Può farlo soltanto se anche lui si entusiasma. Altrimenti rischia di consegnare una sapienza cifrata che non serve a nessuno».

Nel toto tema i maturandi sembrerebbero prediligere il decennale di Facebook. Però molti vorrebbero scrivere di Nelson Mandela, non pare una sorpresa.
«Penso che il contenuto tematico sia tutto sommato abbastanza ininfluente. Conta la chiave di accesso a questo o a quello. Ognuno può scrivere ciò che gli sta più a cuore. Senza andare fuori tema. Se ci riesce è pronto per accedere all'università».

Come vivono gli studenti di origine straniera la scoperta della scrittura in italiano?
«Per loro scrivere il tema significa diventare veramente italiani, più di quanto possano esserlo acquisendo la cittadinanza, perché la lingua non è solo un mezzo di comunicazione, ma la casa del pensiero».


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