venerdì 27 giugno 2014

Allo studio il terzo manoscritto dell'Infinito ritrovato e sottratto all'asta di vendita

Il Messaggero, sezione Cultura pag. 22,
27 giugno 2014

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

IL RITIRO 
Il presunto terzo manoscritto de “L’Infinito” di Giacomo Leopardi, ritrovato fra le carte di una collezione privata, proveniente dall’archivio disperso dei conti Servanzi Collio di San Severino Marche, era l’oggetto più atteso all’asta tenutasi ieri presso la Minerva Auctions. Fabio Massimo Bertolo, direttore della casa d’asta romana, ha sciolto subito la tensione. Il proprietario, ancora anonimo, ha rinunciato alla vendita per aprire una trattativa privata con la Regione Marche. «Ci siamo resi conto - dice Bertolo - della rilevanza nazionale del bene culturale. Dunque l’intenzione è quella di renderlo patrimonio pubblico. D’altra parte, assicuriamo che non mancano i possibili acquirenti privati».

LE PERIZIE
Nelle scorse settimane, appresa la notizia dell’asta, la Regione Marche di concerto con la sovrintendenza ha mosso i primi passi per non rischiare di perdere la proprietà del possibile prezioso ritrovamento. I dubbi sull’autenticità del testo non sono infatti ancora svaniti, e l’assessore alla cultura Pietro Marcolini è cauto. «Ovviamente abbiamo interesse per qualsiasi opera riconducibile a Leopardi; è un dovere istituzionale ma condizionato - sottolinea -. Siamo ancora impegnati nell’approfondimento della documentazione che ci è stata presentata in modo inappuntabile. Esistono incongruità da contro dedurre. Non sarà un acquisto a occhi chiusi: vogliamo allargare la valutazione accademico scientifica dell’autografo. Il fatto positivo è che non l’abbiano venduto».

I tempi della trattativa appaiono comunque lunghi: «La prelazione statale scatterà solo in presenza effettiva di compratori. E ciò vogliamo saperlo dalla Minerva. Una volta appurata l’autenticità, c’è tutta la partita del valore. Non abbiamo risorse da disperdere. I prezzi annunciati (150mila euro la base d’asta) sono fuori mercato».

Marcello Andria, conservatore delle carte leopardiane alla Biblioteca Nazionale di Napoli, ha compiuto l’indagine grafologica sul reperto vergato su un supporto cartaceo di 277x199 mm. Afferma che al momento siano buone le probabilità che si tratti di una copia originale, presumibilmente databile tra il 1821 e il 1822. Il destinatario del testo sarebbe stato il priore comunale di Santa Vittoria, con allegata una raccomandazione per la carriera militare del nipote Luigi. Sul retro dell’autografo sono stati rinvenuti anche un piccolo quadrato verde sbiadito (bollo prefilatelico di Montefalcone Appennino) e la nota di assunzione al protocollo.

«Ho realizzato un confronto autoptico tra questo documento e il manoscritto napoletano, che è la redazione base dell’Idillio - spiega Andria -. Qui custodiamo gran parte degli autografi leopardiani più importanti. Tra i quali un quinterno che conserva tutte le redazioni autografe degli Idilli del 1819-’21. Il confronto scientifico effettuato con il manoscritto napoletano mi fa affermare che i due possano essere imparentati. C’è compatibilità con le abitudine grafiche leopardiane». Continuano però le verifiche: «Certo proseguiamo nei rilievi. Ognuno s’interessa del proprio ambito: esami inchiostri, bolli postali etc. In questa fase i dati in nostro possesso ci fanno propendere per l’originalità».


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