venerdì 20 giugno 2014

Missione Futura, Samantha Cristoforetti: «Io nel laboratorio della vita»

Il Messaggero, sezione Cultura pag. 1-25,
20 giugno 2014

di Gabriele Santoro



di Gabriele Santoro

L’INTERVISTA
L'errore preliminare da non commettere con Samantha Cristoforetti è ricordarle che il 24 novembre sarà la prima donna italiana ad andare nello spazio. «I discorsi sul genere non mi appassionano - dice -. Sono una professionista, eguale ai miei colleghi, che sta raggiungendo un traguardo importante dopo un percorso impegnativo e avvincente». Verrà lanciata in orbita dal mitico Cosmodromo kazako di Baikonur, e a bordo della navetta russa Soyuz aggancerà la Stazione Spaziale Internazionale per la missione Futura, nata da un accordo bilaterale Nasa-Asi.

In Trentino, da ragazza classe 1977, sognava già le stelle. S'immergeva in letture di fantascienza. Poi, per dare forma alle idee, ha costruito un'ottima formazione (due lauree) e si è specializzata su scala internazionale. L'Accademia dell'Aeronautica di Pozzuoli; e oggi ha i gradi di capitano dell'Aeronautica militare. Nel 2009 compie il grande salto, selezionata insieme a Luca Parmitano dall'Agenzia Spaziale Europea. Nel 2012 arriva il passo decisivo con l'assegnazione della Futura. Quando non è in addestramento negli Stati Uniti, in Russia, in Canada o in Giappone, Cristoforetti è di base al Centro Astronautico Europeo di Colonia. Tra qualche mese sarà possibile seguirla dal diario di bordo e strumento di divulgazione web Avamposto42.

Una missione di sei mesi. Che cosa dobbiamo attenderci dai protocolli che l'impegneranno: nuovi scenari per la ricerca?
«La stazione spaziale internazionale è un grande laboratorio che offre alla comunità scientifica l'opportunità eccezionale di lavorare in una condizione di microgravità per un periodo prolungato. Così si possono osservare e studiare, per esempio nelle scienze fisiche, una serie di fenomeni che a terra restano mascherati. In campi come la meccanica dei fluidi, la combustione, le scienze dei materiali si ottengono risultati molto concreti. L'obiettivo è di acquisire una migliore comprensione, che si traduce in applicazioni tecnologiche innovative a terra».

Dallo studio della circolazione venosa cerebrale per ottenere nuovi mezzi diagnostici alle stampanti 3D, per giungere al caffè, si muoverà su molteplici fronti?

«Le sperimentazioni dell'Agenzia spaziale italiana, di concerto con il mondo della ricerca universitaria ed enti privati, puntano forte sulla fisiologia umana. Esporre il corpo umano allo stress dell’astronauta, ma anche semplicemente mettere in coltura delle cellule in quell’ambiente, evidenzia fenomeni che sulla terra non abbiamo mai riscontrato. Capiamo meglio lo sviluppo di alcune patologie e le contromisure possibili, e in generale come funzionano i vari sistemi del nostro corpo. Le stampanti 3D rivoluzioneranno non solo la vita nelle astronavi. Il caffè? Non un fatto di costume, bensì saremo dotati di un gioiello ingegneristico in grado di erogare l'espresso a regola d'arte in assenza di peso».

Qual è la sfida culturale, che state interpretando, per l'essere umano?

«Credo che l'esplorazione spaziale rappresenti veramente un'avanguardia tanto per i fattori scientifici, tecnologici, quanto per la riflessione filosofica sul percorso dell’umanità. Nello spazio allarghiamo i limiti. Per tutta la storia dell’umanità abbiamo vissuto su questa superficie terrestre, non ci siamo mai mossi. Ora, un passo alla volta, entriamo in nuovi luoghi dove sappiamo muoverci, vivere, lavorare e potenzialmente in futuro sfruttarne le risorse. Considero ormai conquistata la distanza di quattrocento chilometri, dove ogni novanta minuti compie una rotazione del globo la stazione orbitante. Ciò ha una profonda valenza filosofica».

Immagina di avvertire un po’ di solitudine lassù?
«Purtroppo noi astronauti siamo tutti tecnici, piloti. Ci manca lo sguardo del poeta, dello scrittore o dell’artista. Mi auguro che in un futuro non lontano anche le persone con un'attitudine artistica riescano a raggiungerci, per narrare e raffigurare quella dimensione».

Il volo è la massima espressione della libertà?
«L'aspetto emotivo conta molto. Ritrovarsi in frazioni di tempo staccati dalla gravità terrestre è sconvolgente. Il viaggio sarà molto stancante. Già nel volo con gli aeroplani scoprii una dimensione in cui ti puoi muovere ad alta velocità: grandi accelerazioni nelle tre dimensioni; come se il tuo corpo si espandesse. Nello spazio addirittura galleggi: più libertà e leggerezza di così penso siano introvabili».

L'Europa investe un terzo delle risorse degli Stati Uniti per la Nasa. Nonostante ciò per astronauti e tecnologia siamo attori protagonisti della partita globale.

«In questo ambito la sinergia paga più della competizione. È facile sentirsi europei nei lunghi periodi di addestramento: facciamo squadra. Siamo eccellenza in tutti i settori dell’aerospaziale».


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