mercoledì 12 dicembre 2018

Il Premio Goncourt, Nicolas Mathieu e la Francia della deindustrializzazione

Il Messaggero, sezione Cultura, pag. 25

di Gabriele Santoro


di Gabriele Santoro

La Francia operaia vissuta dai padri non esiste più. I ragazzi raccontati da Nicolas Mathieu, classe 1978, appena insignito del Premio Goncourt, non hanno più una storia sulla quale costruirsi e ballano con la furia degli adolescenti sulle macerie della deindustrializzazione, che ha stravolto vite e paesaggi.

Leur enfants après eux (Actes Sud, 432 pagine, 21 euro) aggancia la storia con la lettera maiuscola, gli eventi di un cambiamento economico epocale, a un altro periodo, appositamente scelto, di svolta cruciale e di mutazione per l’esistenza individuale, qual è l’adolescenza, in cui però vengono a mancare le certezze della generazione precedente.

È un libro con un’anima politica, che in qualche modo restituisce la crisi d’identità di un paese stanco e in subbuglio, come raccontano le cronache delle rivolte in Francia delle ultime settimane.

Mathieu ha conquistato il Goncourt con il secondo romanzo, in cui la narrazione si apre nell’estate del 1992 in un ambiente ben conosciuto dall’autore, nato a Épinal, capoluogo del dipartimento Vosgi nell’est della Francia.

L’intreccio narrativo si sviluppa sulla figura del quattordicenne Anthony. Nel luglio del 1992 tenta di rompere la noia della vallata, in cui gli altoforni dell’acciaieria non bruciano più. Innamorandosi di una ragazza di un’altra classe sociale, esplora il fossato che lo separa da lei, s’interroga sulle ragioni e sul proprio posto nel mondo. Seguiamo Anthony per quattro estati fino al compimento dei vent’anni. Lui è la chiave per entrare nella realtà che a Mathieu interessa descrivere.

All’alba degli anni Novanta, i ragazzi iniziano a scoprirsi adulti in un mondo che ormai percepiscono del tutto estraneo. Sentono che il mondo della fabbrica non gli appartiene più, ma il nuovo che scorgono, la realtà atomizzata della globalizzazione, è un mare periglioso.

«È un mondo vissuto cent’anni, quello dell’industria siderurgica e dell’uomo di ferro che con sacrifici altissimi ha fatto vivere le famiglie. È un panorama in dissoluzione e gli adolescenti non sanno come rapportarsi a quell’eredità col nuovo che avanza. Non è la fine del mondo, ma di un mondo. Credo che la crisi dei subprime del 2008 sia stata l’ultimo giorno della classe operaia», ha detto Mathieu.

Parigi è lontana, nei personaggi stimola sentimenti ambivalenti di attrazione e repulsione. Il romanzo è un omaggio alla Francia periferica dell’est, che sembra aver perso tutto, avvertendo un senso di declassamento e abbandono. Non si tratta però di narrare la storia di una generazione perduta, ma di contestualizzare l’ingresso nell’età adulta dentro a processi storici e di trasformazione della società.

I bambini giocano con la Storia o cercano piuttosto di sopravviverle con l’immaginazione. La violenza propria di un terremoto economico e sociale non riesce tuttavia a uccidere la dimensione del sogno, l’unico argine alla sconfitta. Tutto è narrato dal punto di vista dei giovani ed è un coro di voci non intrise di sentimentalismo e ideologia. I giovani non sono prigionieri della consapevolezza della realtà e ciò assicura la potenza del testo, che contiene ampi tratti autobiografici di Mathieu, figlio di una famiglia operaia.

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