di Gabriele Santoro
ROMA (28 giugno) – Adieu vecchio Le Monde: è arrivata la svolta storica spesso rinviata, malinconicamente attesa e molto temuta. Il quotidiano di riferimento francese, in edicola dal dicembre 1944 sotto la spinta ideale di Charles De Gaulle e forgiato dal primo direttore, il cattolico severo Hubert Beuve Mery, ammaina la bandiera dell’autosufficienza economica ed editoriale dei propri giornalisti cedendo all’allettante e necessaria offerta di ricapitalizzazione del trio Bergé-Niel-Pigasse. «Nel momento in cui sarebbe facile farsi cadere nella nostalgia per un’epoca d’oro - recita il comunicato della società dei redattori - il gruppo Le Monde e i suoi dipendenti sono pronti a nuova era nella quale i principi di rigore e indipendenza che incarniamo da sempre non saranno traditi».
Il via libera decisivo è arrivato dal consiglio di sorveglianza che ha ratificato (su 20 voti 11 a favore e 9 astenuti) il voto plebiscitario (circa il 90% di media di adesioni delle varie anime del giornale, dalla società dei redattori a quella del personale amministrativo che detengono il 49.10% delle azioni, e degli altri rami del gruppo editoriale) in favore dell’offerta munifica dei tre finanzieri: un investimento complessivo da 110 milioni di euro, un’altra decina di milioni destinata alla formazione di una quota di minoranza dei dipendenti, infine la garanzia di un comitato etico (Pole d’independance, ndr) per «scoraggiare le pressioni interne ed esterne sui contenuti editoriali» del nuovo assetto dell’azionariato. Il direttore dovrà essere nominato con l’accordo di almeno il 60% dei membri della società dei redattori. Il lavoro della redazione web sarà integrato e coordinato con quello delle altre redazioni. Si punta sull’arricchimento dell’offerta editoriale nel weekend.
Il presidente Nicolas Sarkozy, spesso nel mirino della critica di Le Monde, non ha gradito questa scelta per l’orientamento politico socialista della cordata. L’inquilino dell’Eliseo avrebbe preferito l’altra offerta in campo con la cordata franco-spagnola del gruppo SFA, editore del settimanale Nouvel Observateur, in partnership con la spagnola Prisa (già editrice de El Pais) e l’operatore telefonico nazionale France Telecom. Questa seconda offerta ammontava a 100 milioni di euro (45 SFA-PAR, 35 Prisa, 20 France Telecom). Tra le priorità indicate da Claude Perdriel del Nouvel Observateur rientravano la modernizzazione della tipografia, un piano di tagli del personale con prepensionamenti. La società dei redattori avrebbe potuto esercitare il diritto di veto sulla nomina del direttore. Uscita da gentiluomo per Perdriel che ha rispettato la volontà dei protagonisti del quotidiano, ritirando la propria offerta prima del consiglio di sorveglianza.
I nuovi proprietari. Pierre Bergé è un industriale di lungo corso, classe 1930, compagno storico di Yves Saint-Laurent e cofondatore dell’omonima casa di moda, vecchio e convinto sostenitore del presidente socialista François Mitterand con numerosi interessi nel campo culturale e dei diritti umani. Matthieu Pigasse, classe 1968, è un banchiere di Lazard, molto vicino a politici socialisti di spicco come Laurent Fabius e Dominique Strauss Kahn (presidente del Fondo Monetario Internazionale e in predicato di tornare sulla scena politica francese, ndr), nonché proprietario del magazine Les Inrockuptibles. Xavier Niel, classe 1967, patron dell’internet provider Free, dodicesimo uomo più ricco di Francia nel 2009 con un patrimonio intorno ai 2.68 miliardi di euro.
«Nessuna offerta è quella che si poteva sognare». Questo è lo stato d’animo che domina la pancia di Le Monde e il travaglio personale del direttore Eric Fottorino, già in precedenza penna di punta del quotidiano, che ha ceduto le chiavi e al contempo salvato un’istituzione unica del giornalismo mondiale. «Dal mio ingresso in Rue des Italiens venticinque anni fa non avrei mai pensato di avere la responsabilità di consegnare tutti noi a un’azionista di maggioranza. È il momento della scelta, a chi diamo le chiavi di Le Monde senza vendere la nostra indipendenza editoriale? Non voglio influenzare il voto. Ricordo che l’indipendenza è uno stato d’animo ed è soprattutto nelle nostre menti».
Le Monde è un bene comune. La vecchia guardia del quotidiano costituita dai precedenti presidenti della società dei redattori lancia un messaggio chiaro ai propri futuri editori. «L’avvenire di Le Monde non può prestarsi a speculazioni in funzione di interessi politici o economici estranei alla libertà della stampa. Le Monde deve restare il luogo dell’esercizio delle libertà di pensare, di indagare e di scrivere. Le Monde è un bene comune, che deve essere tutelato».
Come è finita l’eccezione del “giornale dei giornalisti”? Le Monde è sommerso da una montagna di debiti, circa 100 milioni di euro, con una rata da dieci da saldare già a luglio, c’è una formula editoriale da rilanciare a fronte di una progressiva erosione del pubblico dei lettori (320mila copie la tiratura) e soprattutto un gruppo da ristrutturare. Nella sua lunga, appassionante e complicata storia il foglio parigino ha conosciuto balzi in avanti strepitosi e altrettanti crolli pericolosi che ne hanno messo spesso in gioco l’esistenza. Come dimenticare la “giornata delle porte aperte” del 1995 in cui furono le sottoscrizioni dei lettori a salvarlo dal crack finanziario. Un giornale che ha perso la capacità di fidelizzare il lettore con battaglie ideali forti: il furore giornalistico coinvolgente del Maggio francese, la critica feroce all’esercito nazionale nella guerra d’Algeria, l’ostilità alla deriva del mitterandismo e le splendide corrispondenze da tutto il mondo.
La vittoria alle elezioni presidenziali di Nicolas Sarkozy ha coinciso con la fine dell’era di Jean-Marie Colombani, il giornalista del “Siamo tutti americani” all’indomani dell’11 settembre. Una direzione ultradecennale, che se in un primo momento aveva rilanciato le ambizioni del quotidiano con lo sbarco sul web, con numerose acquisizioni e innovazioni dell’edizione cartacea poi non ha mai risolto i nodi strutturali del malfunzionamento della scommessa editoriale più bella del dopo secondo guerra mondiale. Si è costruito un colosso dai piedi di argilla.
Lentezza nei meccanismi decisionali, un management non all’altezza e un prodotto con pochi slanci della “Grandeur” pioneristica del primo Le Monde. Paradigmatica è stata l’idea di Colombani di dividere i destini del Le Monde cartaceo e da quello sul web con la creazione della società indipendente Le Monde Interactif. Una scelta dettata dalla volontà di non appesantire conti già in rosso, ma che si è rivelata un boomerang visto il successo del giornale on-line. Una delle prime mosse del nuovo corso sarà quello di riaccordare le due entità.
Nel cambiamento irrinunciabile non si modifica tuttavia la sfida originale di Le Monde, che dovrà essere raccolta dal nuovo management, sintetizzata nell’editoriale celebrativo del numero mille a firma del direttore Beuve Mery. «Le Monde raggiunge il millesimo numero. Breve tappa nella vita di un grande giornale. Nei nostri primi tre anni abbiamo vissuto agiatamente nella più perfetta indipendenza. Le Monde si sforzerà di assicurare ai propri lettori, senza il pregiudizio sulle opinioni politiche che animano le discussioni, l’informazione più completa, più seria e più vera possibile».
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