mercoledì 18 maggio 2011

Finali di conference Nba

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di Gabriele Santoro


ROMA – Il mondo Nba, che tiene il fiato sospeso per il probabile stop del prossimo campionato per la serrata dei giocatori contrari alla proposta di rinnovo del contratto collettivo, è a una svolta generazionale epocale.

Per la prima volta nell’ultimo decennio a contendersi il titolo non ci sono le icone Kobe Bryant, Shaquille O’Neal, Tim Duncan o Paul Pierce. I quarti e le semifinali play-off della Lega statunitense hanno aperto una finestra sul futuro con le eliminazioni eccellenti dei Los Angeles Lakers, dei Boston Celtics e dei San Antonio Spurs e l’affermazione di altri protagonisti. Derrick Rose, nominato miglior giocatore dell’anno, e Kevin Durant entrambi classe ’88 sono i nomi nuovi che hanno trascinato rispettivamente i Chicago Bulls e gli Oklahoma Thunder alle finali di Conference. LeBron James (25 punti, 9 rimbalzi e 5 assist di media nei play-off ), dopo essersi “scusato” per le modalità dell’addio rumoroso a Cleveland, invece rincorre con Miami la consacrazione definitiva.

Allo United Center di Chicago è tempo di sognare come nell’era di Michael Jordan. La finale a Est mancava dal 1998 e i Bulls hanno rotto subito il ghiaccio travolgendo, 103-82, in gara uno i Miami Heat del tris d’assi Wade-James-Bosh. Una serie che si preannuncia comunque lunga; sarà la sfida tra il sistema di squadra dei Bulls e il talento individuale degli Heat. La migliore difesa dell’Nba, costruita dal coach esordiente Tom Thibodeau, ha bloccato il gioco in campo aperto dei Big Three (appena 33 punti complessivi per James e Wade) che quando si distendono in transizione è pressoché impossibile fermarli.

L’attacco a centrocampo invece è il tallone d’Achille degli Heat. Rose (28 punti, 6 assist) è il solito leader, ma la differenza la fanno i rimbalzi di Noah (9 punti, 14 rimbalzi di cui 8 offensivi). L’ala Luol Deng (21 punti, 4/6 da3, 7 rimbalzi in 44’ d’impiego) è l’altra certezza di Thibodeau. Miami, che in semifinale ha liquidato con un netto 4-1 i Celtics, si gioca la grande possibilità di conquistare il titolo al primo anno di un progetto stellare.

A Ovest la finale è un inedito assoluto con la sfida tra Dallas, che ha demolito con un secco 4-0 i Lakers, e la matricola Oklahoma. In gara 7 di semifinale la franchigia degli All Star Kevin Durant (39 punti, 9 rimbalzi) e Russell Westbrook (14 punti, 10 rimbalzi, 14 assist) ha spento il sogno della sorpresa Memphis. Dallas ha guadagnato il primo punto della serie affondando, 121-112, con uno strepitoso Nowitzki (48 punti, 24/24 ai liberi) i Thunder tenuti a galla da Durant (40 punti, 10/18 dal campo). Il successo dirompente (122-86 in gara 4, 20 triple segnate su 32 tentativi) con il quale i Mavs hanno chiuso la dinastia Jackson a Los Angeles ha infiammato l’entusiasmo di una piazza che rincorre da lungo tempo l’anello Nba. Coach Carlisle ha a disposizione una quintetto da corsa con la regia illuminata di Kidd, l’atletismo di Shawn Marion e il fenomeno tedesco Dirk Nowitzki (26.5 punti e 8 rimbalzi di media nella post-season). La panchina è altrettanto competitiva con un Terry (13/19 da3 nella serie con i Lakers) in stato di grazia, la precisione del tiratore serbo Stojakovic e l’energia di Barea.

Flop Lakers e Celtics:
«Ma restiamo uniti». Queste sono le parole d’ordine in casa delle due splendide protagoniste della scorsa finale che si ritrovano già in vacanza. Boston ha deciso di ripartire dalla guida tecnica di Doc Rivers. Il principale artefice dell’ultimo anello Celtics ha rinnovato il contratto per i prossimi cinque anni e riproverà a vincerlo con il trio di veterani Allen-Pierce-Garnett, prima di un fisiologico ricambio che manterrà come uomo franchigia Rajon Rondo. «Abbiamo buttato via un anno, ma se mi chiedete: “Credi che potrete tornare a vincere con questo gruppo?” La mia risposta è sì». Kobe Bryant ha placato così l’aria di smobilitazione intorno ai Lakers dai quali comunque si congederà Phil Jackson. Il sessantacinquenne tecnico più vincente (11 anelli tra Bulls e Lakers) della storia Nba a meno di ripensamenti futuri non siederà su nessun’altra panchina.

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